venerdì 27 luglio 2018

L’EUROPA FA LA SCELTA SBAGLIATA SULLE NUOVE TECNICHE DI MUTAGENESI

di VITTORIA BRAMBILLA 

 

genome editing

Ieri (25 luglio 2018) è stata una giornata nera per gli scienziati, i miglioratori genetici e gli agricoltori Europei. Dopo una lunga attesa e molti pronostici, dopo un ambiguo parere dell’Avvocato Generale del 18 gennaio di quest’anno, la Corte di Giustizia si è finalmente espressa sulle nuove tecniche di mutagenesi (o genome editing) e lo ha fatto nel peggiore dei modi: mettendo al bando le nuove tecnologie facendole rientrare nella stessa normativa 2001/18 relativa agli Organismi Geneticamente Modificati (OGM).
Il parere unanime della comunità scientifica che ha testato queste tecniche su diverse specie vegetali e il suo suggerimento per il Parlamento Europeo (anche espresso in forma di petizioni con centinaia di firme*) era quello di deregolamentare le varietà vegetali ottenute per mutagenesi con le nuove tecniche, essendo del tutto simili a quelle prodotte con le tecniche classiche (anzi in verità più precise e quindi migliori).
Assimilare il genome editing agli OGM non é soltanto uno smacco al parere degli scienziati e alla volontà dei coltivatori che vogliono innovazione ma è anche profondamente  scorretto sul piano intellettuale. Infatti le nuove tecniche sono molto più vicine alle tecniche classiche di mutagenesi (rispetto alle quali sono più sicure e precise) che non agli OGM. Infatti se negli OGM vengono introdotti uno o più geni da altri organismi, per portare un vantaggio alla pianta che li riceve, nella mutagenesi si mutano uno o più geni per ottenere un miglioramento. Le nuove tecniche di mutagenesi, al pari di quelle vecchie, mutano pezzettini di DNA e non inseriscono geni da altri organismi. Perché allora mettere genome eding e OGM nello stesso calderone? Le risposte ancora una volta non sono nella scienza.
La Corte di Giustizia Europea, che originariamente era stata interpellata dagli agricoltori francesi aderenti alla Confédération paysanne perché scontenti del fatto che, grazie alle vecchie tecniche di mutagenesi, si ritrovassero in commercio sementi resistenti agli erbicidi, conferma la deregolamentazione per le sementi dibattute, scagliandosi allo stesso tempo contro le nuove tecnologie.
Le giustificazioni di questa decisione sono alquanto vaghe: si parla di possibili rischi, senza farne menzione e si parla anche di grande efficienza della tecnica che potrebbe portare a ottenere molte varietà migliorate in poco tempo (e qui chi ci capisce è bravo, in quanto non si riesce ad immaginare cosa possa esservi di male in una tecnologia più efficiente e dunque in grado di abbattere i costi).
Al contrario si definisce sicura la mutagenesi classica, sebbene la stessa sia assai più invasiva delle nuove tecnologie, in base al fatto che essa è in uso da molto tempo senza particolari problemi… e qui ci si domanda come mai il “principio dell’uso prolungato” non venga applicato agli stessi OGM, la cui coltivazione resta al bando in Europa nonostante in 30 anni d’impiego non abbiano causato un solo mal di pancia e se ne continui a permetterne l’importazione per scopi di alimentazione zootecnica.
La decisione, oltre a gettare nella frustrazione gli scienziati che per l’ennesima volta si sono visti completamente inascoltati, è foriera di una serie di pesanti ripercussioni negative sulla ricerca e sull’agricoltura europee.
Perderemo anche questo strumento per migliorare le nostre varietà e saremo sempre più dipendenti dalle importazioni. Inoltre regolamentando così pesantemente questa tecnologia la precluderemo ai nostri centri di ricerca pubblici e alle nostre piccole imprese, la precluderemo alle nostre varietà locali per le quali ci sono solo limitati ritorni economici e non sono possibili grandi investimenti.
Con questa scelta la Corte di Giustizia consegna un’altra tecnologia alle grandi multinazionali, le uniche che possono oggi permettersi le ingenti spese legali della registrazione di piante che si troveranno ad essere pesantemente regolamentate.
Ma c’è un altro grave problema che si apre a valle della decisione assunta e cioè quello della tracciabilità. Le varietà prodotte con le nuove tecniche di mutagenesi sono infatti indistinguibili dai mutanti spontanei o dalle varietà prodotte con mutagenesi classica: come si farà dunque a riconoscerle? L’impressione è che smetteremo di produrre semi con il genome editing e cominceremo a importarli a nostra insaputa.






Vittoria Brambilla
E' Ricercatrice presso il Dipartimento di Scienza Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano.






5 commenti:

  1. Tre cose sono da puntualizzare a seguito della sentenza: 1° avendo la CUE motivato le sue scelte invocando il principio di precauzione e la presunta sicurezza data dal tempo trascorso per i derivati della mutazione aleatoria provocata la sentenza è divenuta politica e non più giurisdizionale. Il che lascia molto perplessi, infatti visto che la mutagenesi aleatoria è ancora permessa dalla direttiva (allegato 1B)allora se io la applico oggi significherebbe che si dovrebbe applicare il principio di precauzione in quanto il tempo non ha dimostrato il non pericolo, dunque si dovrebbe considerare OGM anche la mutazione aleatoria provocata da radiazioni e sostanze chimiche?
    2° Diversa sarebbe stato se la CUE avesse solo detto che la direttiva era inadeguata a dirimere la questione in quanto al momento della sua stesura le NTB di editing non si conoscevano e quindi la direttiva deve essere aggiornata. 3° Si verificherà che molte mutazioni provocate dal Crispr non verranno dichiarate tali, ma solo frutto di una mutazione naturale casuale e come tali escluse dall'essere considerate OGM.

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  2. L'effetto sarà quello di potenziare ulteriormente le Multinazionali e i furbi.
    Pazienza!
    Tommaso Maggiore

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  3. Non ci sono parole l'Europa dei burocrati. Medioevo!

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  4. Totò

    Chiamiamoci fortunati perchè non assisteremo alle conseguenze catastrofiche di decisioni imbelli!

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