domenica 10 luglio 2022

QUANTO PRODUCONO LE SUPERFICI COLTIVATE CON METODO BIOLOGICO IN ITALIA? E’ UN SEGRETO DI STATO O NON SI DIVULGANO I DATI PER TEMA DI SUSCITARE SCANDALO?

di ALBERTO GUIDORZI





In Italia

Da noi non è dato sapere, si danno le statistiche delle superfici certificate, ma non le produzioni che si ricavano. Le statistiche produttive le hanno citate una sola volta nel 2001 sul 2000 e queste erano tanto misere che subito hanno smesso di associarle alle superfici. Una delle ragioni potrebbe essere che così si renderebbe di pubblico dominio lo scandalo per cui la maggioranza delle superfici certificate come biologiche non producono cibo: o perché non si raccoglie il prodotto, oppure perché non sono letteralmente coltivate. Ben si comprende che lo scandalo sarebbe costituito dal fatto che oltre il 50% delle superfici a cui vengono elargite sovvenzioni pubbliche non apportano nessun beneficio alla collettività. I dati se resi pubblici svelerebbero anche le quantità di derrate biologiche importate da paesi in via di sviluppo che non hanno lo stesso identico protocollo di coltivazione nostro e che potrebbero usare sostanze chimiche proibite in Italia.


In Francia

Anche in Francia sono molto restii a dare le quantità delle produzioni, solo che qui vi sono organismi molto autorevoli come l’Accademia Nazionale dell’Agricoltura che hanno la capacità di bypassare l’omertà e proporre stime molto vicine alla realtà perché hanno accesso ad altre fonti. Tuttavia questo è stato possibile solo per la derrata frumento in quanto è una derrata che viene stoccata da terzi e dove i dati sono accessibili anche da altre fonti che non sia l’omertosa lobby del biologico. Ecco il grafico che l’Accademia dell’Agricoltura di Francia ha elaborato:


Fonte : Accademia agricoltura francese



In Germania

In Germania le cose sono un po’ diverse e i dati sono più reperibili e quindi possono rappresentare degli utili riferimenti. Qui una fonte da cui abbiamo tratto spunto per questo articolo: Qui di seguito ne diamo una sintesi e delle delucidazioni necessarie a capire i diagrammi.
  • CEREALI A PAGLIA


Le rese dei cereali biologici sono la metà (48%) di quelle dei cereali convenzionali. Fonte: AMI, destatis Da sinistra a destra: frumento, segale, farro, avena, orzo, triticale, insieme.



 
Evidentemente com’è nella logica, quando le produzioni di una specie sono fisiologicamente ridotte (minori potenzialità produttive e minor miglioramento genetico) anche il divario in % tra produzioni biologiche e convenzionali si riduce. Ad esempio la produzione media tedesca dei cereali a paglia biologici è stata di 33,6 q/ha, ma il divario con la coltivazione convenzionale è molto maggiore per il frumento che non ad esempio per l’avena che si riduce a solo il 25%. Infatti, stante ciò, si nota che segale ed avena sono cereali sovra rappresentati in biologico, appunto perché il coltivatore biologico tende a limitare il danno, però la scelta non sempre si rivela azzeccata in quanto alla vendita sono derrate che apportano minori ricavi visti prezzi di mercato inferiori. Nello steso tempo il divario si riduce quando, a parità di ambiente (terreno meno fertile, terreno più difficile per ottenere la completa estrinsecazione delle potenzialità della specie o clima poco adatto) si hanno in generale produzioni unitarie minori del normale in convenzionale. 
I maggiori contenuti di Sostanza Organica di un terreno permettono di gestire meglio gli stress, solo che un contenuto di sostanza organica ottimale, parlando di agricoltura professionale, non è prerogativa dei terreni coltivati a biologico, ma lo è anche dei terreni coltivati convenzionalmente. Ovunque si deve fare buona agronomia e sicuramente non è prerogativa del solo coltivare biologico! Purtroppo ciò che dobbiamo constatare è che viviamo in un periodo di crescente separazione tra zootecnia e agricoltura e questo è molto più grave quando il distacco lo si constata anche nel metodo biologico, visto che il protocollo che regge questo tipo di agricoltura non obbliga, come invece dovrebbe essere la norma, ad avere sempre un allevamento zootecnico aziendale.


  • ORTAGGI


Gli ortaggi si sono suddivisi appositamente i due categorie. Inoltre i dati statistici devono essere valutati con molta più attenzione in quanto vi sono differenze difficilmente non valutabili, come ad esempio il fatto che in convenzionale vi è un conferimento ad un mercato e dunque si scelgono i terreni che più si confanno, mentre in biologico si vende molto in azienda e queste sono presenti in più territori, sia che questo sia vocato sia che lo sia meno.
  • Ortaggi non coltivati in serra

Le rese delle verdure biologiche da campo rappresentano circa il 75% delle rese delle colture orticole convenzionali. Fonte: AMI, Destatis. Da sinistra a destra: cavolo cappuccio, lattuga, zucca, piselli, carota, cipolla, insieme.



In pieno campo il bio raccoglie circa il 75% di ciò che produce il convenzionale. Inoltre vi è una marcata differenza tra le specie vegetali coltivate. Ad esempio se coltivo valeriana o rucola bio perdo solo un 10%, la stessa cosa se coltivo cavolo verza o zucca. Salgo invece al 22% di perdita produttiva nelle carote bio. Ciò dipende da bisogni di concimazione azotata minore o maggiore. Le colture che hanno bisogno di più azoto in bio sono penalizzate. Coltivando cipolle e porri bio si perde circa 1/3 di produzione. Qui incidono le difficoltà dal tener pulito dalle infestanti le coltivazioni (zappa contro diserbo chimico). Anche le insalate sono più penalizzate. Cetrioli, mais dolce e zucchine bio coltivate in peno campo perdono rispettivamente il 47%, il 33% e 26%. Nei fagiolini al limite i dati si invertono, ma vi è una ragione: in bio si raccoglie a mano e tutto il prodotto è asportato, mentre in convenzionale si raccoglie meccanicamente e le perdite di raccolta sono molto maggiori
  • Ortaggi coltivati di preferenza in serra


Le rese delle verdure biologiche coltivate in serra sono la metà di quelle delle verdure convenzionali coltivate in serra. Fonte: AMI, destatis. Da sinistra a destra: valeriana, lattuga, ravanello, peperone, zucchine, pomodoro, intero.



Qui bisogna tuttavia fare delle distinzioni in quanto la coltivazione biologica in serra è permessa, ma solo su substrati naturali (terreno normale), invece la coltivazione in serra convenzionale si serve di substrati inerti e con disponibilità continua di nutrimento contenuto nel liquido circolante. Ciò comporta differenze di produzione non indifferenti: pomodori e cetrioli raggiungono produzioni di 2600 q/ha e gli stessi, sempre sotto serra, ma biologicamente, raggiungono a malapena il 50% di queste produzioni, i peperoni addirittura solo il 30%.

  • PATATE

 

Normalmente le produzioni bio di patate sono del 50% inferiori (2012-2017) Nel 2018 il divario si è ridotto al 30%, ma è stata un’annata eccezionale perché la peronospora non ha infierito e quindi il solo uso del solfato di rame ha svolto il compito.


  • FRUTTA (mele)



Il dato è variabile in quanto nella frutta in generale incide molto la virulenza o meno delle malattie. Annata a forte virulenza si produce il 50% meno, in annate con meno virulenza i divari sono minori (25-40%). La ragione sta nel fatto che in convenzionale si hanno strumenti di lotta più efficaci ed in biologico molto meno.


CONSIDERAZIONI GENERALI: Se facciamo il raffronto tra biologico ed agricolture convenzionali a diversa intensività o addirittura estensive, risulta che spesso il biologico (che comunque è un’agricoltura intensiva) arriva anche a produrre le stesse quantità. È il caso delle agricolture dell’Europa orientale o delle agricolture nord-americane. Ecco qui la conversione al biologico è più attraente. Al fine di dare un senso ai concetti di metodi estensivi o intensivi si riportano gli usi per ettaro medi dei fertilizzanti secondo il database della Banca Mondiale: Belgio e Paesi bassi usano 284 e 258 kg/ha di fertilizzanti la Germania 202 (sono agricolture intensive) mentre Ucraina e Russia ne usano rispettivamente 44 e 17 kg/ha (sono agricolture estensive). Per contro agricolture come quelle del Regno Unito della Francia o della Germania hanno produzioni di frumento che vanno dai 70 agli 80 q/ha, mentre la Russia ne produce 25; Canada e Usa rispettivamente 32 e 31 q/ha. Ecco che in questi raffronti si evidenzia che le produzioni biologiche di frumento della Germania sono paragonabili alle convenzionali del Nord America.


ALBERTO GUIDORZI
 
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.

6 commenti:

  1. https://www.nature.com/articles/s41477-020-0680-9?error=cookies_not_supported&code=b0ec9f10-bc7f-4e4d-9545-1f57ae8cf6fd
    La consociazione, la produzione simultanea di più colture sullo stesso campo, offre opportunità per l'intensificazione sostenibile dell'agricoltura che può fornire una resa maggiore per unità di terreno e fertilizzante rispetto alle sole monocolture.

    Questo approccio, comunemente praticato in Cina, ha fornito guadagni di rendimento che erano (in senso assoluto) circa quattro volte più grandi di quelli di un'altra strategia di consociazione a basso input, comunemente praticata al di fuori della Cina. La strategia alternativa di consociazione consisteva nel coltivare miscele di specie di colture di bassa statura, spesso come miscele complete, con lo stesso periodo di crescita e con apporti di nutrienti da bassi a moderati. Entrambe le strategie di consociazione a basso e ad alto rendimento hanno consentito di risparmiare il 16–29% della terra e il 19–36% del fertilizzante rispetto alle monocolture coltivate con la stessa gestione della consociazione


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  2. Se fosse un tema scolastico quello che hai scritto, sai come sarebbe valutato? "Sei andato fuori tema". Ma dove hai visto che io ho parlato di monocoltura, che tra l'altro non ne conosci i vero significato perchè monocoltura significa ripetere per più anni la stessa coltivazione sullo stesso terreno e non come credi tu seminare solo una specie vegetale nel terreno coltivato. Comunque la consociazione, che si praticava anche da noi, è proprio della delle agricolture manuali e non meccanizzate.

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  3. L'articolo di Alberto è come sempre ricco di dati e di passione per il nostro lavoro. Mi permetto di integrarlo con i dati contenuti nell'ultimo Rapporto SINAB che riporta cifre ufficiali sulle produzioni "biologiche" realizzate in Italia, risalente al lontano 2014 (produzion 2013). Per i cereali si hanno questi dati
    -grano duro: superficie tot. (compresa conversione) 73600 ha (-16,1% rispetto a 2012) produzione 212.200 tonn, quindi con rendimento medio 2,88 t per ettaro
    -frumento tenero: sup. tot. 24700 ha (-6,3%) produzione 79.800 tonn, quindi 3,22 t di rendimento unitario
    -mais: sup.tot. 6600 ha (-21%) produzione 40.800 tonn pari a 6,18 t per ettaro
    -riso: sup.tot. 9500 ha (+5,3%) produzione 57.000 tonnellate, con un rendimento per ettaro di 6 tonnellate.
    Quest'ultimo dato suscitò parecchio scalpore, perchè sostanzialmente identico a quello del "convenzionale" dell'epoca, e diede adito a richieste di chiarimento. Ci fu detto che il dato era riferito a "riso lavorato" e non a risone greggio. Con questa spiegazione... la produzione media di riso realizzata nel "bio" nel 2013 sarebbe schizzata a 10 tonnellate per ettaro, ovvero un dato palesemente incredibile ed indicativo di comportamenti illeciti non rilevati dagli "organismi di controllo". Dopo che venne sollevato tale rilievo...SINAB non ha più pubblicato dati sulle produzioni "biologiche", ma solo ed esclusivamente sulle superfici investite.

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  4. Alberto, per errore il grafico col confronto della produzione di ortaggi è stato inserito due volte, una al posto di quello analogo sui cereali

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  5. Grazie, Ho già provveduto a fornire la figura esatta con preghiera di scambiarla.

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  6. Fatto! Grazie.

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