tag:blogger.com,1999:blog-1533724815178849113.post3949668429061956964..comments2024-02-24T18:55:44.899+01:00Comments on Agrarian Sciences: Allevamenti intensivi? Fanno bene all'ambiente e alla saluteAgrarian Scienceshttp://www.blogger.com/profile/17457724914297133273noreply@blogger.comBlogger3125tag:blogger.com,1999:blog-1533724815178849113.post-56365326956185419482015-09-18T08:10:40.856+02:002015-09-18T08:10:40.856+02:00Comprendo la sua obiezione. Tuttavia il nostro obi...Comprendo la sua obiezione. Tuttavia il nostro obiettivo, limitato fin che vuole, era quello di evidenziare che la strada per il futuro no può in alcun modo essere quella di ritornare ai sistemi di allevamento tradizionali, cosa che nell'articolo dell'Avvenire veniva proposta come soluzione praticabile. A parziale risposta alla domanda da lei posta posso segnalare che a livello di numero globale di capi negli anni più recenti assistiamo ad un incremento sensibile dei monogastrici (suini, avicoli) e non nei poligastrici. tale tendenza, a deriva a mio avviso dalla ricerca di una maggior efficienza di conversione degli alimenti, ha anche il vantaggio di ridurre gli impatti da lei segnalati. Luigi Marianihttps://www.blogger.com/profile/03449705573860868280noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1533724815178849113.post-23529827878062969362015-09-17T23:36:37.844+02:002015-09-17T23:36:37.844+02:00Possibile che gente che di agricoltura non ne sa u...Possibile che gente che di agricoltura non ne sa un’acca e soprattutto non ne conosce l’evoluzione si permetta di fare una disamina storica che ha come sola base il presente e ne voglia trarre giudizi trançants.<br /><br />Come può una dire che gli animali sono trattati male oggi quando non si è documentata di come erano trattati solo una sessantina di anni fa? Eppure i testimoni che la possono rendere edotta sono ancora viventi.<br /><br />Ma lo sa che la stabulazione fissa nel Nord dell’Italia era la regola? Si praticava per tutto l’anno in pianura e per un semestre in montagna, dove era possibile il pascolo. Ha idea di come fossero costruiti e adattati i ricoveri animali, ha idea di come fossero quelli di montagna solo mezzo secolo fa? Avevano finestre piccolissime, accessi pure angusti e soffitti bassissimi. I dettami di allora erano che qualsiasi spiffero in caso di maltempo o di intemperie facesse perdere il latte alle vacche e quindi via a tappare il tutto e il materiale usato era sterco di vacca. Quando poi la buona stagione arrivava ed il caldo si faceva sentire anche l’aprire porte e finestre era largamente insufficiente per dare un po’ di refrigerio. Sa quale aria respiravano le vacche (ed anche i cristiani nei periodi invernali in cui si viveva più in stalla che in casa)? Era un’atmosfera ricca di ammoniaca, metano eruttato ed esalazioni di escrementi compresa tutta la microfauna e microflora di un ambiente malsano. La stalla era occupata da un numero di animali che il confronto con i lager nazisti sicuramente era perdente. In questo ambiente il 90% delle bovine era tubercolotica e le zoonosi erano all’ordine del giorno.<br />Il cibo, se escludiamo il pascolo, limitatamente praticato nell’arco dell’anno, era fieno in gran parte e spesso ammuffito per i tempi lunghi delle fienagione, e spesso allungato con paglie. Agli animali non in produzione il cibo era dei più scarsi. Le vacche avevano sete? Se la dovevano risparmiare per le uniche due abbeverate, che erano anche le uniche due deambulazioni di massimo 20 metri per volta.<br /><br />Ah il buon latte genuino di una volta si sente dire! Non era altro che un liquido inquinato da mosche annegate e di schizzi di escrementi, con una carica microbica tale che la caseificazione era tra le più difficili. Ma sa questa esimia giornalista che nelle zone di produzione di formaggi a lunga maturazione la percentuale di scarti (fermentazioni anomale e gonfiori vari) era molto elevata, al punto che era eccezionale una stagione con tutte le forme perfette?<br /><br />Ah se le vacche potessero parlare sicuramente direbbe: “ ma cosa dice quella, noi ora siamo a nozze”!!!!<br /><br />Alberto Guidorzi<br /><br /> <br />Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1533724815178849113.post-24351288274957576032015-09-17T18:32:03.898+02:002015-09-17T18:32:03.898+02:00Alessandro Ruggiero
"Un lavoro di Capper del...Alessandro Ruggiero<br /> "Un lavoro di Capper del 2009 (Capper J.L., Cady R.A., Bauman D.E., 2009. The environmental impact of dairy production: 1944 compared with 2007, J Anim Sci. 2009 Jun;87(6):2160-7) ha infatti evidenziato che per ogni litro di latte prodotto negli USA con vacche di razza Frisona che producono 30 litri di latte al giorno (valori analoghi ai nostri) vengono oggi emessi 1,5 kg di anidride carbonica mentre nel 1937, con vacche di razza Jersey allevate al pascolo e con produttività molto più bassa (7 litri di latte al giorno), l’emissione era di 3,7 kg (e possiamo a buona ragione ritenere che riduzioni analoghe si riscontrino oggi per sostanze inquinanti come l’ammoniaca per l’atmosfera e i nitrati per la falda)." Non vedo però riferimento alla biomassa complessiva. Ovvero, le vacche allevate odiernamente hanno un impatto notevolmente inferiore alle razze storiche. Ma, immagino, e l'articolo mi pare non lo specifichi, sono molte di più. Come dire che un'auto euro 4 o ibrida inquina molto meno di una Jeep Willis del '45. Innegabile. Ma il numero di auto circolanti è notevolmente superiore. Questo genera l'inquinamento. E si tratta solo dei volumi di inquinanti riferiti alle emissioni gassose. Perché i nitrati non sono valutati. E i nitrati che non sono volatili sono estremamente più dannosi localmente che l'anidride carbonica.Anonymousnoreply@blogger.com