di LUIGI MARIANI
Mi
trovo spesso a riflettere di bio (…dinamico, …logico) con amici
quali Francesco Marino, Gaetano Forni, Tommaso Maggiore e Antonio
Saltini, con cui è frequente discutere della pletora di concetti
pre-scientifici e ascientifici, spesso a base magica, che emergono
dalla cultura diffusa se solo si toglie quella lievissima patina di
cultura scientifica sedimentatasi a valle delle rivoluzione
galileiana. Si tratta di concetti che a volte emergono in modo
eclatante, come nel caso del metodo stamina e della cura di Bella, ma
che il più delle volte restano lì, ad infiorare le pagine dei media
per poi improntare le “decisioni politiche” su argomenti cruciali
per lo sviluppo del nostro Paese, com’è di recente accaduto per
gli OGM, una tecnologia fantastica proibita per legge.
Motivo
incidentale per tornare sull’argomento “bio” su AgrarianSciences è il fatto che quest'anno, complice Expo 2015, il convegno
internazionale di biodinamica, che lo scorso anno si tenne a Firenze,
avrà luogo a Milano alla Bocconi (il programma è disponibile qui)
ed avrà il significativo titolo
nutrire il
pianeta senza OGM).
Per
ragionare sull’argomento partirò dal lontano 1794, anno in cui
moriva ghigliottinato in Francia Antoine Laurent de Lavoisier, uno
dei più illustri scienziati del XVIII secolo. Lavoisier - lo si
racconta nelle prime lezioni universitarie di chimica generale - fu
il vero fondatore della chimica moderna in quanto nel suo testo del
1789 enunciò la legge di conservazione della massa, in virtù della
quale gli elementi chimici che si introducono in una reazione sono in
quantità gli stessi che si trovano nei prodotti della reazione
stessa. Applicata all'agricoltura, tale legge ci dice ad esempio che
per produrre 6 t per ettaro di granella di grano duro al 13% di
proteine (e cioè al 2% di azoto) occorrono 6*1000*0.02=120 kg di
azoto. Se questi 120 kg non li si dà alle piante, queste produrranno
poco e daranno prodotto di qualità scadente (es: pasta che scuoce).
Grazie
al lavoro di scienziati come Nicolas-Théodore De Saussure, Wöhler,
Liebig, Lawes, Gilbert, Haber e tanti altri (per le cui biografie
rinvio al sito
storia agricoltura), la legge
di Lavoisier è da oltre due secoli alla base dell'agire agronomico
razionale ed ha portato enormi vantaggi in termini di produttività
delle colture, qualità dei prodotti agricoli e sicurezza alimentare.
Tuttavia tale legge è oggi ignorata da due “agricolture
pre-scientifiche” diffusesi negli ultimi decenni e cioè
l'agricoltura biologica e quella biodinamica.
Più
in particolare l'ideologia del biologico si fonda sul preconcetto,
indimostrabile e dunque non scientifico, secondo cui una molecola
d’urea o di ammoniaca prodotta da un essere vivente sarebbe
incommensurabilmente migliore di quella ottenuta per sintesi, il che
ci riporta alle vecchie teorie vitalistiche imperanti fino al XVIII
secolo e sconfitte proprio da Lavoisier e dai grandi chimici
ottocenteschi che ho dianzi citato. Da ciò il fatto che il biologico
impone ai propri adepti di sopperire al fabbisogno di nutrienti delle
piante coltivate rinunciando ai concimi minerali di sintesi e
limitandosi al letame ed ai sovesci. In tal modo si ottiene il bel
risultato di “affamare” le piante, comportandosi nella realtà da
“antibiologici” anziché da “biologici”. Ad esempio nel
succitato caso del frumento, l'apporto di azoto (di cui la pianta
necessita soprattutto nella fase di sviluppo della spiga) è affidato
a letamazioni (che, come sa il contadino, non si possono di regola
fare al frumento stesso ma si devono riservare alla coltura da
rinnovo che lo precede, con il risultato che gran parte dell’azoto
si perde come nitrato prima di giungere al frumento, inquinando le
falde) o a sovesci (che di azoto ne apportano pochino). In tal modo
il frumento, come si è detto, riceverà pochissimo azoto, il che
spiega perché i biologici siano così ansiosamente alla ricerca di
varietà antiche, le quali producendo pochissimo (2-3 t/ha anziché
le 6-10 t/ha delle varietà “allo stato dell’arte”) si
“accontentano” del poco nutrimento che viene loro fornito. E qui
sorge il problema chiave: se da 6-10 t per ettaro si passa a 2-3 si
potrà magari far la fortuna del singolo agricoltore (sempre che
questi riesca a vendere a prezzi da amatore il proprio prodotto,
vantando qualità indimostrabili a cittadini creduloni) ma non si
risolve certo il problema alimentare globale, con buona pace per le
ambizioni di Expo 2015.
L’ideologia
che sta alla base dell’agricoltura biodinamica è ancora peggiore
di quella alla base del biologico, in quanto impone ai propri adepti
di sopperire al fabbisogno di nutrienti delle piante coltivate
sfruttando i positivi influssi astrali. E qui non posso che
stigmatizzare il fatto che tale deriva magica, già contestata 2000
anni orsono dal grande agronomo romano Columella nel suo Contra
astrologos, sia oggi senza alcun senso
del ridicolo riproposta in sede di Expo 2015.
Ricordo
a tutti, ed in particolare ai colleghi agronomi, che ogni volta che
si prende in considerazione il biologico
ed il biodinamico senza porsi il problema del mancato soddisfacimento
delle esigenze nutritive delle colture, si ghigliottina Lavoisier una
seconda volta, facendo un falò di oltre due secoli di scoperte
scientifiche che hanno innovato profondamente l'agricoltura,
garantendo sicurezza alimentare a fette sempre più vaste della
popolazione mondiale, come dimostra ad usura il fatto che il 50%
dell’azoto presente oggi nelle proteine umane proviene da concimi
minerali di sintesi, per cui rinunciare a tale forma di nutrimento
per le colture porterebbe in breve ad una catastrofe alimentare di
dimensioni bibliche.
Occorre
peraltro precisare che il cittadino o l'agricoltore che abbracciano
l'ideologia del biologico o del biodinamico lo fanno il più delle
volte in perfetta buona fede: anch’essi infatti condividono con noi
l’obiettivo di produrre cibi più sani e di tutelare l'ambiente dai
"disastri della tecnologia". Da parte mia posso solo
ricordare che sulla questione dei cibi sani, biologico e biodinamico
sono del tutto indifesi dalle tossine prodotte da funghi e batteri,
in quanto rinunciano all’uso di fitofarmaci di sintesi (salvo
alcune “curiose” incoerenze come quella del solfato di rame in
viticoltura, molecola non certo innocua per l’ambiente ed a cui
tuttavia i bio non rinunciano, perché altrimenti perderebbero il
raccolto a causa di una malattia che non perdona, la peronospora). In
ragione di ciò ed in assenza di un sistema stringente di controlli,
gli alimenti provenienti da filiere biologiche o biodinamiche sono a
rischio quanto o forse più di quelli provenienti da filiere
tradizionali, come ci dimostrano i 54 morti ed i 10000 ricoveri in
ospedale registrati nel 2011 in Germania per effetto di germogli di
fieno greco prodotti da un’azienda biologica e inquinati dal ceppo
O104 del batterio Escherichia coli,
produttore di tossine (si veda ad esempio Frank et al., 2011.
Epidemic Profile of Shiga-Toxin–Producing Escherichia coli
O104:H4 Outbreak in Germany, The New England Journal of Medicine,
365, nov. 10, 1771-1780).
Sottolineo
inoltre che per superare gli inconvenienti introdotti da una
tecnologia che ci consente oggi di nutrire sempre meglio il mondo,
l'unico modo sarebbe quello di puntare in modo ancor più deciso e
coraggioso sull’innovazione tecnologica. In tal senso si pensi ad
esempio al minor impiego di fitofarmaci che si realizzerebbe ove si
potessero utilizzare piante geneticamente modificate (OGM) per
resistere a parassiti e patogeni a ai vantaggi in termini produttivi
legati alla disponibilità di OGM in grado di resistere ad avversità
quali siccità, gelo, salinità eccessiva, ecc. Si pensi inoltre a
tecnologie quali l'agricoltura di precisione, l’agricoltura
conservativa o la difesa integrata orientata verso prodotti chimici
di sintesi a sempre più basso dosaggio e sempre più rapidamente
degradabili. Occorrerebbe insomma mirare ad una nuova alleanza fra
scienza, agricoltura e tecnologia, volta a migliorare la vita di
tutti. Un’alleanza che, proprio perché invisa ai seguaci del
biologico e del biodinamico, non sarà il cavallo di battaglia di
Expo 2015.
Un'ultima
considerazione riguardo a questa iniziativa bocconiana. D'accordo che
l'economia ed il commercio muovono il mondo e che pecunia
non olet; tuttavia debbo confessare che
da milanese sento una
stretta al cuore nel vedere un'università della mia città ospitare
un convegno internazionale di biodinamica ovvero di "magia
applicata all'agricoltura”. Come agronomo e come cittadino italiano
poi non riesco a rassegnarmi al fatto che Expo, con quello che ci è
costata, possa ridursi a cassa di risonanza per simili sciocchezze.
Luigi Mariani
Agronomo libero professionista, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura e vicepresidente della Società Agraria di Lombardia. Presso la Facoltà di Agraria di Milano insegna Storia dell’Agricoltura dopo essere stato docente a contratto di Agrometeorologia e Agronomia generale.
Agronomo libero professionista, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura e vicepresidente della Società Agraria di Lombardia. Presso la Facoltà di Agraria di Milano insegna Storia dell’Agricoltura dopo essere stato docente a contratto di Agrometeorologia e Agronomia generale.
Grazie al Prof. Luigi Mariani che senza tregua combatte questa lotta contro la demagogia e le ideologie che imperversano nel contesto delle colture OGM, così come nelle teorie che vorrebbero combattere i "Cambiamenti Climatici" demonizzando un fattore fondamentale per la vita sul pianeta: la molecola di CO2.
RispondiEliminaMi dispiace dirlo ma se si vogliono combattere le pseudoscienze e convincere le persone sulla bontà della scienza non è sicuramente con interventi come questi che si riesce ad avere dei risultati. Se si è arrivati a questo punto non si può dimenticare che è stato a causa di un uso sconsiderato di concimi e fitofarmaci e che il biologico ne è stata una risposta. La scienza in qualche maniera non ha saputo dare una pronta risposta a questi eccessi e non ha saputo riconoscere i propri sbagli perdendo (purtroppo) credibilità per molti. Mi addolora questa situazione ma penso sia dovuta anche alla presunzione di alcuni scienziati e figure pubbliche e alla mancanza di oculatezza nella divulgazione scientifica. Non credo sia un caso se a farmi cambiare idea sugli OGM non è stato Umberto Veronesi ma Dario Bressanini.
EliminaIn molti hanno pensato di poter combattere il mondo dell'alternativo senza conoscerlo abbastanza da sapere come scardinarne le loro false verità.
Luca Aschieri
Gentile signor Aschieri, penso che la sua diagnosi sia sostanzialmente corretta.
EliminaUnico mio appunto è sul fatto che cita scienza, politica e divulgazione ma trascura il sistema educativo, che a mio avviso ha un penso altrettanto grande.
Mi dice poi che scrivere quel che scrivo è inutile e potrà anche esser vero; tuttavia per combattere le pseudo-scienze non vedo cosa si possa fare se non dire con chiarezza quel che si pensa. Se ha qualcosa di meglio da proporre lo faccia, mi interessa!
Ciao.
Luigi
Che tristezza questo paese.
RispondiEliminahttp://www.ilfoglio.it/articoli/2015/02/21/gli-ogm-no-ma-il-cornoletame-sbarca-pure-in-bocconi-con-monti-presente___1-v-125854-rubriche_c174.htm