giovedì 30 gennaio 2020

L’EUROPA, UNA PRIMA DELLA CLASSE INGENUA?

di ALBERTO GUIDORZI

 


Nel 2020 l'orologio dell'apocalisse segna 100 secondi alla catastrofe finale, complici armi nucleari e cambiamenti  climatici. L'orologio dell'apocalisse è un orologio metaforico, ideato nel 1947, che misura il pericolo di una ipotetica fine del mondo a cui l'umanità è sottoposta.

Mi riferisco al programma New Deal Green che caratterizza il programma della nuova Commissione Europea rapportato al fallimento della COP25 di Madrid. Al limite l’ingenuità di comportamento è presente anche nei recenti accordi a livello dei 27 paesi UE. Infatti certi paesi membri si dimostrano particolarmente ingenui accettando i tempi di decarbonizzazione accordati alle nazioni carbonifere europee per mettersi alla pari degli altri Una di queste è proprio l’Italia in quanto noi per permettere a Germania, Polonia, Spagna ecc. di smetterla di produrre elettricità con il carbone dovremmo finanziare le incentivazioni e gli indennizzi che gli stanziamenti del New Deal Green stanno prevedendo di dare a questi paesi e che probabilmente andranno a scapito in gran parte della Politica Agricola Comune. 

Dove sta l’ingenuità (eufemismo)? 

A mio avviso sta in questo: comunque la si rivolti, il versante decrescente del discorso ecologista sviluppa una visione di declino della civiltà industriale. I paesi ricchi ormai sono visti come degli inferni ambientali, mentre la povertà sarebbe una garanzia di un ambiente più sano e salutare. Tuttavia molti indicatori inficiano questo modo di vedere che tanto va di moda.
I primi indicatori che vorrei mostrare sono le “virtù” ambientali dei paesi poveri e il numero di morti a causa di catastrofi naturali (fig.1 e fig.2).

Fig. 1 -  Tasso di decessi per 100.000 individui dovuti a catastrofi naturali su scala mondiale.


Fig. 2 -  Numero di decessi dovuti a catastrofi naturali su scala mondiale.

Insomma il numero non è stato mai così basso su scala mondiale dall’inizio del XX secolo. In maniera spettacolare, il numero delle vittime è calato e nel contempo siamo enormemente cresciuti demograficamente. Perché i media e la televisione in particolare non mostrano questi grafici invece di parlare a vanvera di disastri aumentali, attribuendoli, tra l’altro, tutti al riscaldamento climatico? La conferma la troviamo anche nella tabella 1, dove sono presentati (in valori mediani annuali) i decessi, le vittime ed il costo delle catastrofi naturali in funzione dello sviluppo proprio di un gruppo di Stati. Come era facile prevedere i paesi più esposti alle catastrofi naturali sono i paesi meno sviluppati, non solo, ma meno un paese è sviluppato, meno riesce ad assorbire il costo di una catastrofe naturale sia sul piano economico che umano.

Tabella 1 -  Indice di prestazione ambientale (IDH nella tabella).



Anche qui una ulteriore conferma la troviamo se guardiamo l’Indice di prestazione ambientale che le università di Yale e Columbia pubblicano regolarmente. La fig. 3 mostra l’esistenza di una correlazione positiva tra PIB/abitante e la qualità dell’ambiente.

 Fig. 3 -  PIB per abitante e indice di prestazione ambientale.


Com’è possibile un risultato del genere?

Sembrerebbe un paradosso perché in realtà i paesi ricchi non smettono di emettere CO₂ e per questo sono incolpati di distruggere l’ambiente. La figura 4 ce ne dà una lampante conferma. 

Fig. 4 -  Emissioni di CO2/abitante per un certo numero di paesi selezionati.

Solo, però che a forza di cristallizzare l’attenzione solo sui GES (gas serra) si dimentica di tener conto che i paesi poveri sono soggetti ad altri flagelli che sono anch’essi distruttori dell’ambiente dove vivono i loro abitanti.
Se facciamo riferimento ai dati del Fondo Monetario Internazionale, nel 2018 le seguenti 10 nazioni (Madagascar, Sierra Leone, Sudan del Sud, Liberia, Mozambico, Niger, Malawi, Repubblica democratica del Congo, Burundi e Repubblica Centroafricana) avevano il più basso PIB per abitante ed erano anche le più virtuose da un punto di vista delle emissioni di CO₂ (vedi fig. 4). Tuttavia erano anche i paesi dove nel 2017 le cause di mortalità erano le seguenti: malattie diarroiche, disturbi neonatali, infezioni respiratorie acute, malnutrizione, AVC, malaria, cardiopatie ischemiche, tubercolosi, HIV/AIDS, meningite (senza dimenticare conflitti e terrorismo). In particolare tra le malattie citate le più frequenti sono le diarree, le infezioni respiratorie e la malnutrizione e guarda caso sono i flagelli più ricorrenti che proprio dipendono da cause ascrivibili all’ambiente: mancanza di infrastrutture di potabilizzazione, uso della legna per cucinare in ambienti inadatti all’eliminazione dei fumi e uso del fuoco per creare campi dove coltivare.





Siamo arrivati ai dilemmi!

  1. Questi paesi poveri per crescere ed uscire dalla povertà devono inevitabilmente aumentare le emissioni di CO₂. Cosa facciamo pur di salvare il pianeta glielo proibiamo? 
  2. Se noi andiamo in decrescita e dato che questi paesi hanno bisogno di noi per uscire dalla povertà, come facciamo ad aiutarli? 
  3. Nell’UE molti hanno scelto di dire no al nucleare, ma continuando a produrre elettricità con centrali a carbone (Polonia e Germania) ed in prospettiva di sostituire le energie fossili con l’eolico ed il fotovoltaico, cioè energie non pilotabili e che quindi, per essere sicuri di non incorrere in blackout disastrosi, dobbiamo mantenere sempre attive centrali elettriche ad energia fossile, perché è energia pilotabile. Nessuno, poi, ancora dice cosa ne faremo dei pannelli e delle pale quando non funzioneranno più. Dulcis in fundo ed in prospettiva vi è la strategia dell’elettrificazione di tutto il traporto senza che ci si dica come faremo a produrre tutta l’elettricità bisognevole. Purtroppo di queste cose se n’è impossessata la politica senza chiedere pareri alla scienza o chiedendoli solo a scienziati orientati.
Vorrei concludere con un’ultima interrogazione che ci dà anche il senso dell’ingenuità europea. Le emissioni europee sono meno del 10% di quelle mondiali e tre paesi (USA, India e Cina) producono circa il 50% delle emissioni di CO₂ totali e ci fanno sapere che non hanno nessuna intenzione di seguire le direttive scaturite dalle varie COP fino ad ora avvenute. Cosa facciamo? Ci immoliamo soli soletti sull’altare del salvataggio del pianeta intanto che gli altri stanno a guardare senza seguirci? Greta Thumberg queste cose le ha recepite, ma, purtroppo, per le sue soluzioni totalmente acritiche sembra proprio destinata a restare per moltissimo tempo una voce “clamantis in deserto”.




ALBERTO GUIDORZI
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.



Nessun commento:

Posta un commento

Printfriendly