domenica 26 luglio 2020

EDITORIALE DEL NUMERO 6 DE " I TEMPI DELLA TERRA"


di ERMANNO COMEGNA 



La filiera della ricerca che comprende l’innovazione, la divulgazione ed i servizi di consulenza è di fondamentale importanza per lo sviluppo razionale dell’agricoltura e per far fronte alle continue sfide di origine esterna ed interna al settore. 
La considerazione è così scontata che il ricordarla appare come banale e ripetitivo, se non fossimo che siamo in Italia, Paese nel quale la fobia verso la scienza e la tecnica raggiunge apici difficilmente riscontrabili in altri luoghi. 
Purtroppo, il sentimento di intolleranza è piuttosto diffuso ed ha prodotto danni ormai irrecuperabili. Basti pensare al trattamento riservato ad alcuni illustri scienziati italiani, i cui programmi di ricerca sugli OGM  sono stati interrotti con inaudita violenza e con cinico compiacimento.“Potevamo essere i primi in Europa, mentre siamo scomparsi dalla scena. Poteva nascere una industria biotecnologica italiana forte di brevetti italiani e invece continueremo ad acquisire a costi talvolta proibitivi i brevetti stranieri nel campo delle sementi”, ha scritto il prof. Silviero Sansavini su Agrarian Sciences nel 2015. 
Per non parlare della ingloriosa fine cui sono stati destinati alcuni eccellenti centri per la ricerca, la sperimentazione e la diffusione delle conoscenze che un tempo sono stati vanto e gloria dell’Italia, a livello europeo e mondiale. La disciplina del bilancio ha spinto molti governi a sacrificare la ricerca e la sperimentazione, mentre nello stesso tempo si sono moltiplicati bonus e spese improduttive ed assistenziali. 
C’è un'altra questione che merita di essere ricordata ed è la evidente inefficacia e carenza di funzionalità dei servizi nazionali di supporto alla conoscenza ed all’innovazione, nonostante non manchi chi non si trattenga dall’evidenziarne i pregi. 
La principale fonte di conoscenza degli agricoltori oggi è rappresentata da servizi forniti da privati, con un ruolo ormai insostituibile delle società fornitrici di mezzi tecnici; mentre in passato il punto di riferimento erano i vari Istituti di ricerca e sperimentazione diffusi sul territorio ed ormai in buona parte smantellati, non solo per risparmiare spesa pubblica, ma anche per l’idiosincrasia che la politica meno illuminata nutre nei confronti della conoscenza scientifica. 
Tutto ciò nonostante la formazione, l’informazione, i sevizi di consulenza e l’innovazione agricola in Italia siano finanziati da una molteplicità di fondi (FSE, FEARS, risorse nazionali e regionali) che, talvolta, si fatica anche ad utilizzare . 
Così, ad esempio, nella programmazione per lo sviluppo rurale 2014-2020, le 21 Regioni e Provincie autonome italiane avevano stanziato inizialmente oltre 300 milioni di euro per la consulenza aziendale, successivamente ridottisi a circa la metà, dopo che ci si è resi conto che non vi erano le condizioni per impegnare integralmente le risorse disponibili, entro i rigidi tempi scanditi da Bruxelles. 
A luglio 2020, a pochi mesi dalla scadenza del settennio di programmazione, ci sono ben 9 Regioni italiane senza bandi per questa fondamentale misura e la maggior parte di quelle che vi hanno già provveduto, l’ha fatto dal 2018 in poi. 
Pertanto, una attività sofisticata che dovrebbe essere offerta a favore degli utenti finali (le imprese) in modo continuativo, funziona ad intermittenza, in base alle cadenze dettate da servizi amministrativi evidentemente poco sensibili al tema. 
Appare chiaro come, in tal modo, la spesa pubblica assorbita risulti poco fruttuosa e tendenzialmente va ad alimentare un sistema vorace di organismi pubblici e privati che tendono più a far quadrare i loro bilanci, piuttosto che generare utilità ai destinatari degli interventi. 
Probabilmente, i difetti appena evidenziati, riferiti al capitolo della consulenza aziendale, li ritroviamo in forme diverse e si spera attenuate, negli altri anelli della filiera della conoscenza: la ricerca di base ed applicata, la formazione, la comunicazione e diffusione delle conoscenze. 
In questo momento è in corso una delicata fase di transizione, tra la vecchia e la nuova programmazione della politica agricola comunitaria (PAC), la quale detta i tempi anche a quella concepita a livello nazionale e regionale, essendo oggi in un regime di programmazione strategica pluriennale unitaria, a seguito del new delivery model voluto dalla Commissione europea. 
Il sistema della conoscenza riveste un ruolo centrale, come si evince dai documenti ufficiali della Comunità e dalle proposte di regolamento in via di approvazione. Di recente, con il Green Deal tale centralità è stata ribadita e rafforzata, perché più volte l’innovazione è considerata come uno degli strumenti abilitanti il processo della transizione ecologica. 
La nuova PAC sarà avviata dal primo gennaio 2023, dopo il recente accordo interistituzionale che ha prolungato da uno a due anni l’attuale politica. Pertanto, c’è il tempo per una realistica ricognizione su quello che funziona bene e male a livello italiano e per compiere quei progressi ormai divenuti non solo utili, ma pure obbligatori, per restituire piena funzionalità ai servizi per la conoscenza e l’innovazione in agricoltura. 
A tali temi determinanti per il futuro del settore è dedicato il fascicolo estivo (www.itempidellaterra.org) della nostra rivista di cultura agricola italiana, con la recondita speranza che possa suscitare qualche curiosità e reazione e contribuire in tal modo al cambiamento verso la direzione giusta.

Ermanno Comegna 
Già docente presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Università degli Studi di Campobasso e Università degli Studi di Udine. Attualmente svolge attività di libero professionista e di consulente nel settore agricolo ed agro-alimentare. E' iscritto all'albo dei giornalisti elenco dei pubblicisti. E' Direttore della rivista I TEMPI DELLA TERRA.

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