martedì 11 aprile 2023

I MUTANTI DELLO SVILUPPO NELL’ORZO

 di LAURA ROSSINI


Figura 1 - Fenotipi di mutanti seminani utilizzati nel breeding dell’orzo [Fonti: A (Wendt et al., 2016), B (Dockter and Hansson, 2015), C (Chono et al., 2003)]. 

Riassunto

L’orzo è una delle prime piante domesticate dall’uomo e un importante sistema modello per studi di genetica dei cereali. Nell’ambito della ricca diversità genetica di questa specie, i mutanti dello sviluppo hanno ricevuto particolare attenzione, permettendo di chiarire alcuni aspetti fondamentali dei processi di domesticazione e della morfogenesi degli organi vegetativi e riproduttivi. 

Summary 

Barley development: mutants Barley is one of the first plants domesticated by humans and an important model system for genetic studies in cereals. Within the rich genetic diversity of this species, developmental mutants have received particular attention, allowing to clarify some fundamental aspects of domestication processes as well morphogenesis of vegetative and reproductive organs. 

PREMESSA

Insieme a frumento, riso e mais, l’orzo è uno dei principali cereali in termini di produzione e l’Unione Europea nel suo complesso contribuisce con oltre il 40% del raccolto globale. Una peculiarità di questa coltura sono le sue molteplici destinazioni d’uso (Meints et al., 2016): circa il 75% è utilizzato per l’alimentazione zootecnica, mentre una quota importante (circa il 20%) è destinata alla maltazione specialmente per la produzione di birra - una delle bevande alcoliche più antiche, già apprezzata dagli antichi Egizi. Oggi solo una piccola proporzione della granella è utilizzata per l’alimentazione umana, sebbene in passato l’orzo sia stato importante da questo punto di vista. Testimonianze del consumo di orzo nella Roma antica si riscontrano in riferimenti ai gladiatori come hordearii (Meints et al., 2016). 
Negli ultimi anni la paglia ha cominciato ad attrarre una certa attenzione come feedstock per la produzione di biocarburanti e di materiali a base di fibre vegetali. L’orzo è una delle colture fondatrici dell’agricoltura neolitica (Ullrich, 2011): in seguito alla domesticazione, dalla Mezzaluna Fertile si è diffuso a Est nel continente asiatico e a Ovest nel bacino del Mediterraneo per poi raggiungere il Nord Europa. Oggi è coltivato in tutti i continenti eccetto l’Antartide, dalle regioni boreali al nord Africa, dagli altopiani dell’Etiopia e del Tibet all’Australia (Langridge, 2018). A questa diffusione geografica è associata una ricchissima diversità genetica (Bustos-Korts et al., 2019), rappresentata in ampie collezioni di linee selvatiche, landraces, cultivar e mutanti, custodite nelle banche di germoplasma (Mascher et al., 2019). 
Alcune mutazioni spontanee hanno rivestito un ruolo fondamentale nella domesticazione dell’orzo: il rachide coriaceo, carattere recessivo rispetto al rachide fragile del progenitore selvatico (Pourkheirandish et al., 2015); la spiga esastica, una mutazione insorta dall’allele ancestrale che conferisce la spiga distica (Komatsuda et al., 2007); la cariosside nuda, fenotipo recessivo rispetto alla forma “vestita” (Taketa et al., 2008). Il repertorio di mutazioni dell’orzo si è in seguito arricchito con l’avvento dei metodi di mutagenesi indotta a partire dai pionieristici esperimenti di Lewis Stadler (Stadler, 1928). Uno dei più ambiziosi programmi di mutagenesi è stato sviluppato a Svalof su iniziativa di Åke Gustafsson e Herman NilssonEhle, inizialmente mediante l’utilizzo di mutageni fisici e successivamente sperimentando anche con mutageni chimici (Lundqvist, 2014). Con l’importante contributo della genetista Udda Lundqvist, i mutanti sono stati classificati in categorie fenotipiche e assegnati a specifici loci mediante test di complementazione. Fra le migliaia di mutanti collezionati, particolare attenzione è stata dedicata ai caratteri fenologici e morfologici quali la maturità precoce, il portamento eretto, la taglia ridotta, l’architettura della spiga e delle brattee fiorali. Alcuni di questi mutanti trovano applicazione anche nel breeding (Lundqvist, 2014).

LA RESISTENZA ALL’ALLETTAMENTO 

Con la Rivoluzione Verde diventa prioritaria la resistenza all’allettamento mediante l’introduzione di mutanti seminani in diversi cereali. Esempi importanti in orzo (Fig. 1) sono sdw1, una mutazione recessiva in un gene per la biosintesi delle gibberelline (Dockter and Hansson, 2015), e uzu, una mutazione del recettore dei brassinosteroidi diffusa soprattutto in Corea e in Giappone (Chono et al., 2003).Un altro esempio è il mutante ari.e che conferisce la bassa statura a Golden Promise, una cultivar che ha avuto una notevole diffusione in Scozia ed è oggi comunemente per la trasformazione (Wendt et al., 2016).


LA GENETICA DELLO SVILUPPO

Con il suo genoma diploide (2n=14), l’orzo rappresenta anche un modello di studio ideale rispetto ad altre Triticeae più complesse dal punto di vista genetico, come i frumenti poliploidi. I mutanti diventano così il fondamento per i primi studi di genetica dello sviluppo: il gruppo diretto da Francesco Salamini presso l’istituto Max Planck di Colonia si concentra sulle conversioni omeotiche presenti nei mutanti per sviluppare un’interpretazione unitaria dell’architettura della pianta e della spiga in relazione al concetto di fitomero (Bossinger et al., 1992). Un esempio interessante è leafy lemma, un mutante identificato da Michele Stanca, in cui il complesso lemma-resta è convertito in una struttura di tipo fogliare, suggerendo l’omologia della lemma alla guaina fogliare e della resta alla lamina (Pozzi et al., 2000) (Fig. 2). In parallelo la comunità scientifica dell’orzo comincia a sviluppare i primi strumenti molecolari per la costruzione di mappe genetiche per arrivare infine al sequenziamento del genoma (Mascher et al., 2017; Monat et al., 2019) allo studio del pangenoma (Jayakodi et al., 2020) e agli strumenti per sequenziare la regione codificante (Mascher et al., 2013). Il primo mutante dello sviluppo clonato in orzo è Hooded (Fig. 2), in cui alla resta si sostituisce una spighetta ectopica a polarità invertita alla sommità della lemma (Müller et al., 1995).

Figura 2 - a) Fenotipo della spiga wild-type (k) e del mutante Hooded (K). b) Fenotipo del complesso lemma-resta nel wild-type (a) e nel mutante leafy-lemma (b). Fonte: Pozzi et al., 2000.


Questo particolare fenotipo deriva da una duplicazione in tandem all’interno di un introne del gene homebox Bkn3: ulteriori studi hanno permesso di identificare diversi fattori di trascrizione che legano questa sequenza intronica e regolano l’espressione del gene homeobox (Santi et al., 2003; Osnato et al., 2010; Kuijt et al., 2014). Grazie alla disponibilità di efficienti strumenti di genotipizzazione, centinaia di altri mutanti sono stati mappati (Druka et al., 2011) e in alcuni casi clonati. Ad esempio SIXROWED SPIKE1 (VRS1) è risultato codificare per un altro fattore di trascrizione homeobox, espresso specificamente nelle spighette laterali di cui sopprime lo sviluppo (Komatsuda et al., 2007): mutanti in cui questo gene è difettivo sviluppano anche le spighette laterali con il risultato di ottenere una spiga esastica. Successivamente, altri geni coinvolti nella regolazione dello sviluppo delle spighette sono stati identificati fornendo una visione abbastanza precisa delle interazioni genetiche e molecolari che determinano il numero di ranghi nel seme (Ramsay et al., 2011; Koppolu et al., 2013; Bull et al., 2017) (de Souza Moraes et al., 2022). 
In riferimento all’architettura della spiga, lo studio di mutazioni in geni ortologhi che causano la ramificazione della spiga in orzo e frumento, oltre che in riso e mais, ha dimostrato l’esistenza di un comune meccanismo di soppressione della ramificazione della spiga in tutte queste Poacee (Poursarebani et al., 2015). I mutanti dell’orzo hanno anche offerto la possibilità di studiare i meccanismi genetici e molecolari dell’accestimento (Babb and Muehlbauer, 2003; Dabbert et al., 2010; Okagaki et al., 2013; Hussien et al., 2014b; Shaaf et al., 2019) (Fig. 3). Un esempio è Uniculme4 che producendo uno o due culmi si avvicina al modello di una pianta “uniculmo” come ideotipo per favorire l’uniformità della maturazione e la raccolta meccanizzata (Donald, 1968). Il gene corrispondente codifica per un fattore trascrizionale di tipo BLADE-ONPETIOLE che controlla sia l’accestimento sia lo sviluppo prossimo-distale della foglia (Tavakol et al., 2015).

LE COLLEZIONI TILLING 

Alle collezioni classiche di mutanti, negli ultimi anni si sono aggiunte diverse nuove collezioni TILLING ottenute per mutagenesi chimica (Talamè et al., 2008; Kurowska et al., 2011; Szurman-Zubrzycka et al., 2018). Queste popolazioni sono idonee a screening sia di genetica diretta alla ricerca di fenotipi mutanti desiderati, sia di genetica inversa per identificare mutazioni in una sequenza di interesse e valutarne gli effetti fenotipici. Un esempio del secondo approccio è stato l’uso della popolazione HorTILLUS per l’identificazione di un mutante nel recettore degli strigolattoni, una classe di ormoni vegetali che gioca un ruolo importante nell’architettura della pianta e nella risposta a diversi fattori ambientali (Marzec et al., 2016). La stessa popolazione è stata anche utilizzata per l’identificazione mediante genetica diretta di mutanti con portamento eretto (Mohammadi Aghdam et al., 2022), attualmente oggetto di studio nel nostro gruppo di ricerca. Un’altra risorsa interessante è la collezione TILLMore sviluppata dall’Università di Bologna (Talamè et al., 2008): l’identificazione di numerosi mutanti dell’architettura e dello sviluppo delle radici offre un punto di partenza per l’indagine dei meccanismi molecolari che presiedono alla morfogenesi della porzione ipogea della pianta, come esemplificato dalle recenti pubblicazioni riguardanti i geni responsabili di due mutanti caratterizzati da alterazioni della risposta gravitropica (Kirschner et al., 2021; Fusi et al., 2022).

Figura 3. Esempi di mutanti di orzo con aumentato e ridotto accestimento, a confronto con il wild-type (wt). Fonte (Hussien et al., 2014a).




CONCLUSIONE

In conclusione, nell’ultimo secolo i mutanti sono stati fondamentali per studi di genetica nell’orzo e i nuovi strumenti genomici stanno accelerando la valorizzazione di queste risorse. L’attenzione adesso deve spostarsi dall’analisi del singolo gene alla comprensione dei network genetici e molecolari che plasmano l’architettura e lo sviluppo della pianta e le loro interazioni con i fattori esterni. Le conoscenze risultanti saranno fondamentali per il breeding di nuovi ideotipi per un’agricoltura più sostenibile e adattata alle condizioni future.




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Articolo tratto dagli atti del convegno organizzato dal MULSA 

"Gregor Mendel il mendelismo e la genetica agraria".




Laura Rossini

E' professore Ordinario di Genetica Agraria al Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia, UniMi.





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