venerdì 24 agosto 2018

IL GLYPHOSATE DOPO LA SENTENZA DI SAN FRANCISCO


di ALBERTO GUIDORZI e LUIGI MARIANI

 

 

Riportiamo in sintesi i dati in nostro possesso a valle della sentenza di San Francisco con cui Monsanto è stata condannata come responsabile del tumore che ha colpito un giardiniere californiano. Dall’analisi svolta emerge che lo stato delle conoscenze non è mutato rispetto a quello esistente a fine 2017 allorché la UE rinnovò l’autorizzazione all’uso del diserbante per 5 anni e che quanto stabilito dalla corte di san Francisco è una verità processuale passibile di modifica nei prossimi gradi di giudizio e non una verità scientifica.

Premessa

Con il rinnovo per 5 anni dell’autorizzazione all’impiego da parte dell’Unione Europea avvenuto nel novembre 2017 si era stesa da qualche mese una cortina di silenzio sulla molecola, che per i bassissimi costi (con 6 Euro si diserba un ettaro di terreno), l’elevata efficacia e l’insostituibile supporto alle pratiche di agricoltura conservativa (minima lavorazione) ha un vastissimo impiego in agricoltura, tant’è vero che oggi è l’erbicida più utilizzato a livello mondiale.
Ora vi è stato un ritorno di fiamma delle polemiche legato ad un evento accaduto negli USA ove il giardiniere DeWayne Jonhson che ha contratto un tumore maligno delle pelle, ha fatto causa a Monsanto e una corte di San Francisco gli ha dato ragione. Pertanto ci pare necessario rifare in estrema sintesi il punto su quel che sappiamo riguardo alla molecola.

Il punto su Glyphosate

Il glyphosate (N-(phosphonomethyl)glycine) è un erbicida ad amplissimo spettro (nel senso che colpisce indistintamente tutti i vegetali superiori) ed è inoltre sistemico, nel senso che viene traslocato per via floematica all’interno dei vegetali raggiungendo anche organi (radici, rizomi, ecc.) non colpiti dagli erbicidi attivi solo per contatto.
L’azione erbicida della molecola si basa sul fatto che il Glyphosate interrompe la via metabolica responsabile della sintesi di tre aminoacidi essenziali e cioè fenilalanina, tirosina e triptofano (via dello shikimato), inibendo la sintesi dell'enzima 3-fosfoshikimato 1-carbossiviniltransferasi. Gli animali e l’uomo non sintetizzano le molecole di fenilalanina, tirosina e triptofano (aminoacidi essenziali per i quali dipendono dai vegetali) e dunque non posseggono la via metabolica colpita dal Glyphosate. Da ciò discende che ci è difficile ipotizzare interferenze con le catene metaboliche umane e animali che provochino tossicità o cancerogenicità.
In virtù di quanto sopra la tossicità acuta del Glyphosate è molto bassa: due volte meno del sale da cucina, 30 volte meno della caffeina. Per far capire in modo più concreto cosa significhi tutto ciò, partiamo dal fatto che l’Unione Europea fissa oggi come dose quotidiana limite assumibile (DGA)¹ di Glyphosate gli 0.5 mg/giorno per kg di peso della persona, il che significa che una persona di 80 kg ha una dose limite giornaliera di 40 mg. In funzione di ciò prendiamo allora il caso concreto delle mele, per le quali il residuo massimo tollerato (MRE) in ambito UE è oggi di 0.1 mg/kg (EFSA, 2018). Supponendo di avere mele che contengano il residuo massimo tollerato, per raggiungere i 40 mg occorrerebbe ingerire una dose pari a 40/0.1=400 kg di mele, il che porterebbe il consumatore a morte certa per indigestione. Facendo i conteggi per le birre sbattute tempo fa in prima pagina per la presenza di residui Glyphosate che al massimo raggiungevano i 29,74 microgrammi per litro, si ricava che per superare la dose limite il nostro adulto da 80 kg dovrebbe consumare la stratosferica quantità di 40 mg / (0.02974 mg l-1) = 1345 litri di birra. Insomma, citando Paracelso “E’ la dose che fa il veleno” e qui le dosi necessarie per fare il veleno sono del tutto stratosferiche!
Ma andiamo oltre: la molecola di Glyphosate viene degradata dai microrganismi del terreno con un certa rapidità e genera acido aminometilfosfonico (AMPA), con tossicità ancora più ridotta di Glyphosate e degradato anch’esso da micro-organismi. Peraltro AMPA è presente anche in vari detergenti industriali per cui discernere quello che deriva da Glyphosate non è mai semplice.
Il Glyphosate è stato sintetizzato e brevettato dalla Monsanto ma il brevetto è scaduto nel 2001, per cui Monsanto è oggi solo una delle tante ditte che lo produce e commercializza.
Segnaliamo inoltre che il possibile surrogato del Gyphosate proposto in Italia da una nota industria chimica e cioè l’acido pelargonico, presenta efficacia molto ridotta e costi molto più elevati. Dal mancato uso del Glyphosate e dalla mancanza di surrogati efficaci discende peraltro l’abnorme diffusione di malerbe che sta verificandosi nei vialetti di molti parchi urbani.
Non spendiamo più di tante parole per descrivere l’essenzialità del Glyphosate per le colture OGM (mais e soia in primis) ad esso resistenti in quanto la miope politica adottata nel nostro paese impedisce tuttora la coltivazione di OGM pur consentendo, in virtù della nostra non autosufficienza, l’importazione dei prodotti da essi derivati utilizzati per alimentazione animale. Ricordiamo solo che i paesi da cui importiamo gran parte della soia e del mais li coltivano per il 90% come OGM (fonte ISAAA).
Venendo poi alla cancerogenicità riportiamo in tabella 1 i giudizi di alcuni autorevoli organismi internazionali assunti in genere a seguito della review della letteratura scientifica esistente. Come vediamo gli organismi che hanno espresso il loro parere sull’argomento, con la sola eccezione di IARC, si sono espressi per l’assenza di cancerogenicità. Peraltro lo stesso IARC indica Glyphosate come possibile causa di Leucemia o linfomi indicando però che si dispone di “limitate evidenze per gli umani”.


Tabella 1 – Pareri sulla cancerogenicità del Glyphosate espressi da alcuni enti internazionali






























La tabella 1 presenta solo alcuni dei pareri. Si noti che, IARC a parte, gli altri enti si sono in sostanza espressi per la non cancerogenicità del Glyphosate. Segnaliamo inoltre che a tali conclusioni hanno aderito le autorità sanitarie di Germania, Svizzera, Francia, Giappone, Canada, Australia e Nuova Zelanda.
Si consideri inoltre che lo IARC ha valutato il pericolo e non il rischio. Il rischio è la probabilità che accada un certo evento capace di causare un danno alle persone ed implica l'esistenza di una fonte di pericolo e delle possibilità che essa si trasformi in un danno. Per intenderci l’ingestione di acqua pura è fonte di pericolo se ingerita a dosi di decine di litri, mentre il rischio è assai poco rilevante perché l’assunzione a dosi eccessive è del tutto improbabile. Per tale ragione il rischio di assumere dosi eccessive non viene esplicitato sulle bottiglie di acqua minerale.
Il rischio è stato invece valutato nel recentissimo lavoro epidemiologico condotto da Gabriella Andreotti et al. (2018), nel quale si sono analizzati 54251 operatori di cui 44932 (82.8%) avevano usato Glyphosate. Dalle analisi statistiche effettuate è emerso che per nessuna delle forme tumorali indagate la presenza di tumore è risultata significativamente correlata con l’uso del Glyphosate.

Alcuni commenti alla sentenza del tribunale di San Francisco
  1. In base a quanto ci è dato a sapere attraverso la stampa possiamo arguire che: la sentenza emessa si riferisce a due prodotti Monsanto a base di glyphosate (Ranger Pro e Roundup Pro) che sono ritenuti fattori casuali della micosi fungina di Johnson, una forma di linfoma che colpisce la pelle. Nell’articolo di Marilisa Palumbo uscito sul Corriere dell’11 agosto (Il gigante Monsanto perde la battaglia con il giardiniere) si dice che “Il tribunale ha riconosciuto la cancerogenicità del glifosato”. Ciò non corrisponde al vero in quanto la sentenza si riferisce a due prodotti commerciali che contengono non solo Glyphosate ma anche coformulanti e cioè additivi aggiunti al principio attivo per renderlo più efficace (adesivanti, bagnati, ecc.). 
  2. Pare che Johnson si sia irrorato a causa del mal funzionamento della pompa che usava e quindi l’effetto negativo si sarebbe determinato non solo per fenomeni di deriva di prodotto utilizzato alle dosi prescritte dall’autorizzazione di messa in commercio ma anche e soprattutto per contatto con dosi ben più massicce.  
  3. Pare che il giudizio della corte si sia fondato sul fatto che “i rischi posti da questi due prodotti erano conosciuti o avrebbero potuto essere conosciuti alla luce delle conoscenze generalmente accettate dalla comunità scientifica al momento della loro fabbricazione, distribuzione e vendita e che i rischi non erano stati prospettati in modo corretto ai consumatori". Ciò ci pare poco fondato alla luce di quanto riportato nel paragrafo precedente. Inoltre non si capisce come la Monsanto non abbia potuto far valere il fatto che la “non informazione” era dovuta al fatto che alle dosi prescritte il rischio era molto improbabile mentre Johnson con il prodotto ci aveva quasi fatto il bagno. 
  4. Circa il titolo del succitato pezzo della Palumbo uscito sul Corriere dell’11 agosto (Il gigante Monsanto perde la battaglia con il giardiniere) occorre rimarcare che non si è trattato di un Davide contro un Golia, ma di un Golia contro un Golia. Il secondo Golia è lo studio di avvocati che mira a grandi guadagni dopo aver trovato chi ci mettesse la faccia. 
  5. L'accusa non ha potuto chiaramente dimostrare un nesso causale. La giuria ha mantenuto la nozione di "fattore sostanziale " che non regge a un confronto con i dati epidemiologici, così come la vaga affermazione che i rischi " erano noti o potevano essere conosciuti ... ". In ogni caso, la " conoscenza generalmente accettata dalla comunità scientifica " porta a propendere per un rischio molto basso (l'assenza totale di rischi non essendo mai dimostrabile). Come potrebbe essere altrimenti? Il glyphosate è oggi l'erbicida più usato al mondo e ha una storia di uso sicuro da oltre 40 anni. Possibile che i governi e le autorità di dozzine di paesi, così come i loro esperti, non abbiano percepito rischi di cui si sono invece avveduti dodici giurati in un mese di attività?
Quali deduzioni
 
Da quanto sopra esposto emerge che lo stato delle conoscenze non è affatto mutato rispetto a quello di cui disponevamo a fine 2017 allorché la UE rinnovò l’autorizzazione all’uso del diserbante per 5 anni e che quanto stabilito dalla corte di san Francisco è una verità processuale passibile di modifica nei prossimi gradi di giudizio e non una verità scientifica.
A fronte di ciò, suscita perplessità il fatto che il ministro delle politiche agricole Centenaio sia partito lancia in resta a supporto dell’ipotesi di cancerogenicità con conseguente bando del Glyphosate, pronunciando queste fatidiche parole (https://www.interris.it/sociale/glifosato--italia-verso-il-bando-assoluto-): "va tutelata la salute dei cittadini, delle nostre aziende e vanno garantiti i diritti dei consumatori. La sentenza contro la Monsanto apre la strada ad una profonda riflessione. Ed è anche per questa ragione che riguardo al Ceta (l'accordo di libero scambio Ue-Canada approvato dall'Europarlamento nel 2017 e in attesa di ratifica da parte degli Stati membri, ndr) bisogna capire se effettivamente sia vantaggioso per il nostro Paese. Le nostre tavole non hanno bisogno di prodotti potenzialmente nocivi”. Da esse si deduce che il ministro:
  1. non si rende conto che il Glyphosate è largamente usato in Italia e che è essenziale per l’agricoltura conservativa, oggi portata da tutti in palmo di mano per motivi di sostenibilità e di lotta al climate change 
  2. non coglie l’essenziale differenza fra pericolo e rischio 
  3. non coglie il fatto che la tabella 2A di IARC è la stessa che contiene le carni rosse e i fritti.
A questo punto chiediamo che il ministro passi dalle parole ai fatti e, in nome dello slogan “Le nostre tavole non hanno bisogno di prodotti potenzialmente nocivi”, proponga la messa al bando del Glyphosate e insieme ad esso delle carni rosse e dei fritti

E che Dio ce la mandi buona! 




¹La DGA è la quantità di una sostanza presente negli alimenti o nell'acqua potabile che può essere assunta per tutta la vita senza rischi apprezzabili per la salute (http://www.efsa.europa.eu/it/taxonomy/term/69728).




Bibliografia
Andreotti G., Koutros S., Hofmann J.N., Sandler D.P., Lubin J.H., Lynch C.F., Lerro C.C., De Roos A.J., Parks C.G., Alavanja M.C., Silverman D.T., Beane Freeman L.E., 2018. Glyphosate Use and Cancer Incidence in the Agricultural Health Study, Oxford University Press, JNCI J Natl Cancer Inst (2018) 110(5), doi: 10.1093/jnci/djx233 (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29136183).

BFR, 2016. WHO/FAO committee (JMPR) re-assesses glyphosate and confirms the BfR and EFSA conclusion that a carcinogenic risk is not to be expected - https://mobil.bfr.bund.de/cm/349/who-fao-committee-jmpr-re-assesses-glyphosate-and-confirms-the-bfr-and-efsa-conclusion-that-a-carcinogenic-risk-is-not-to-be-expected.pdf (sito visitato il 14 agosto 2018).


ECHA, 2016. Glyphosate not classified as a carcinogen by ECHA, https://echa.europa.eu/-/glyphosate-not-classified-as-a-carcinogen-by-echa (sito visitato il 14 agosto 2018).

EFSA, 2015. Conclusion on the peer review of the pesticide risk assessment of the active substance glyphosate. EFSA Journal. 13 (11): 4302. 2015. doi:10.2903/j.efsa.2015.4302.

EFSA, 2018. Maximum residue levels for glyphosate according to Article 12 of Regulation (EC) No 396/2005, EFSA Journal, doi: 10.2903/j.efsa.2018.5263

EPA’s Office of Pesticide Programs, 2016. Glyphosate Issue Paper: Evaluation of Carcinogenic Potential, https://www.epa.gov/sites/production/files/2016-09/documents/glyphosate_issue_paper_evaluation_of_carcincogenic_potential.pdf    (sito visitato il 14 agosto 2018).

IARC, 2018. Agents Classified by the IARC Monographs, Volumes 1–122, https://monographs.iarc.fr/agents-classified-by-the-iarc/ (sito visitato il 14 agosto 2018).


 

Alberto Guidorzi  
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.

Luigi Mariani 
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.

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