sabato 13 marzo 2021

DALLE ANNATE DI GENIO RURALE UN DECENNIO CAPITALE PER LA STORIA DELL’ESTIMO

 

di ANTONIO SALTINI

Purtroppo le banche non sono più prodighe come negli anni d’oro: gli amministratori avrebbero già lottizzato gli ultimi metri quadrato dove cresca un ciliegio. Disponendo di un considerevole tratto del fiume Panaro, ci sono dei Comuni che si sono prodigati a convertirne le ghiaie, in entrate pubbliche e private, come provano eloquentemente le recenti drammatiche alluvioni


Una vicenda editoriale 

Ringrazio gli organizzatori di questo incontro per avermi invitato a narrare quella che può essere ricordata come l'ultima stagione scintillante dell'estimo tra le colonne portanti dello scibile agrario. Premetto di non essere mai stato docente né praticante della disciplina, seppure possa vantare, per circostanze singolari, di essere stato a stretto contatto con i protagonisti di quella stagione eccezionale. L'origine di quel ruolo fu l'acquisizione, da parte di Luigi Perdisa, con Giuseppe Medici, Vincenzo Patuelli, Arrigo Serpieri, Francesco Malacarne uno dei protagonisti della fioritura di studi estimativi che risplendette tra gli ultimi decenni dell'Ottocento ed i primi del Novecento.

Perdisa aveva, a metà degli anni Settanta, integrato la flotta delle ventiquattro riviste tecnico-scientifiche della propria creatura, l'Edagricole, con il settimanale che uno dei maggiori editori nazionali aveva creato, su consiglio di un rappresentante emblematico del cattolicesimo lombardo, ma che presto si accorse di non poter gestire non disponendo dei rapporti con la cultura agronomica indispensabili per condurre la nuova creatura. Un grande editore non poteva chiudere, a quei tempi, una testata appena, e solennemente, inaugurata, la quale doveva essere ceduta simulando un lucroso affare, affare che realizzò Perdisa, che acquisì gratuitamente, (in termini ovviamente riservatissimi) un settimanale per il cui lancio nazionale sussisteva l'impegno formale di un titano bancario. Delle ventiquattro riviste dell'Edagricole Genio rurale era la sola fondata e diretta personalmente da Perdisa, le altre erano, in maggioranza, riviste create da docenti di prestigio che avevano immaginato di tradurre quel prestigio in carta stampata, ma che si erano presto scontrati con bilanci disastrosi. Non volendo, nessuno di loro, riconoscere l'insuccesso, si erano rivolti, uno alla volta, all'amico Luigi, che inserendo la nuova pedina in uno schieramento dotato del più funzionale apparato pubblicitario, poteva sostenerne i costi, a condizione, peraltro, che l'illustre fondatore conservasse il titolo di direttore impegnando nell'impresa, numero dopo numero, i più prestigiosi colleghi ed i più diligenti discepoli. Che era quanto, dissolte le illusioni economiche, importava al professore. Grande editore d'istinto, Perdisa, ormai, in termini anagrafici, alquanto anziano, era consapevole dell'immensa distanza tra l'impegno richiesto da un mensile diretto da un nume della disciplina specifica ed un settimanale, un prodotto giornalistico ogni settimana da reinventare radicalmente. Per il "suo" Genio rurale si propose, quindi, di affidare a persona di fiducia i rapporti con l'élite degli amici costituenti il Gotha della cultura agraria nazionale, l'obiettivo cui ne sommò un secondo, non meno arduo, l'ampliamento degli orizzonti della gloriosa rivista estimativa per farne, seguendo una lucida intuizione editoriale, la rivista dell'insieme delle discipline in cui possiamo identificare la "cultura scientifica del territorio". I due compiti che, dopo un brevissimo tirocinio nella casa editrice, mi affidò, sul cui assolvimento non posso essere io a esprimere un giudizio, seppure mi sia consentito dichiarare che il binomio si rivelò, dal primo numero affidato alle mie mani, impegno appassionante.

Estimo e territorio agrario 

L'estimo, quindi, al centro della nuova cultura del territorio. Reputo congruo l'uso dell' aggettivo nuova siccome la tardiva conversione dell'Italia in nazione industriale si era tradotta in autentico cataclisma degli assetti territoriali, con lo spostamento di milioni di famiglie dalle campagne, e dall'attività agricola, alle città, quindi ad attività industriali o impiegatizie, città che dilatarono smisuratamente le aree residenziali, crearono nuove, immense propaggini industriali, mentre le campagne, svuotate dai residenti agricoli, venivano pervase dagli impulsi che imponevano la sostituzione del lavoro umano con quello delle macchine, un processo che sospinse discipline entrate timidamente nell'alveo degli studi agrari ad imporsi come nuovi caposaldi dei medesimi studi. Secondo il disegno dell'editore quelle discipline dovevano integrarsi all'antica arte delle stime stabilendo con la medesima nuovi legami funzionali: un proposito che oggi appare necessario, allora assolutamente innovativo. Siccome della rivista affidatami governai la vita esattamente per un decennio, delle fondamentali di quelle discipline reputo illuminante ricordare le espressioni emblematiche. Senza seguire schemi che sarebbero del tutto opinabili le elencherò secondo un semplice criterio percettivo, aprendo la disamina dagli studi sull'assetto del territorio rivolti a misurare l'entità dei mutamenti prodotti dalla fase più tempestosa, ormai avviata alla conclusione, dalla rivoluzione degli insediamenti. Menziono, quale prova magistrale, il saggio di Pierluigi Giordani, prestigioso membro del Comitato dei garanti della rivista, Crescita urbana e consumo dell'ambiente, specchio del “modello" italiano di sviluppo, che inclusi, autentico vessillo, nel numero VII-VIII della prima annata che mi vide direttore. Sulla medesima tematica ricordo l'articolo, documentatissimo, di Giuseppe Gisotti sul primo fascicolo del 1981, La perdita di terre fertili in pianura e sui declivi. Altrettanto significativo, sull'argomento, l'esame spregiudicato di Giuseppe Giovenale della schizofrenia di una regione, l'Emilia Romagna, che moltiplicava, secondo l'autore, costosi interventi astrattamente positivi sul territorio, dissolvendone i benefici con la più spregiudicata utilizzazione "consumistica" delle medesime aree dove quelle spese venivano realizzate, una contraddizione recentemente confermata dalle proroghe assicurate alla cementificazione a go-go incluse nel piano di azzeramento della cementificazione recentemente sancito dalla nuova giunta Bonaccini. Riprendevano il medesimo argomento Paolo Zappavigna, Pierdomenico Belli, Giancarlo Carpi e Isabella Tagliavini sul terzo fascicolo del 1982, La tutela del paesaggio agricolo. Problemi di analisi e di progettazione territoriale in Emilia Romagna. Il profluvio di proclami per la tutela del territorio agrario della Giunta bolognese induceva gli studiosi a confrontare verba e facta, dimostrando come chi non fosse alla ricerca di lucrose consulenze non potesse evitare di schierarsi contro il falso, chi di consulenze fosse assetato si ingegnasse, invece, a escogitare mille inverosimili giustificazioni. Interveniva nel capitale confronto anche il neodirettore, che sul sesto fascicolo del 1981 proponeva un saggio sullo Sviluppo economico e sottrazione di spazi agricoli. 

Quale secondo tema chiave menziono quello della disponibilità e dell'impiego delle acque, citando, al primo posto, i tre autorevoli saggi presentati da Giuseppe Medici alla Conferenza di bacino tenuta a Bologna il 22 novembre 1982, il primo, Conoscere il Po per porne le risorse al servizio della società, il secondo Per decidere bisogna conoscere, il terzo Conflitto di potere tra Stato e Regioni e progresso tecnico-irriguo, pubblicati sul numero di aprile del 1983. Proponeva interrogativi non meno inquietanti lo studio di Michele de Benedictis Capire perché gli agricoltori rispondono con lentezza alla disponibilità di acqua, costituente una delle relazioni al convegno Per una politica dell'irrigazione in Italia svoltosi a Bologna il 4 dicembre 1978. Quegli interrogativi costituivano, peraltro, elemento della tematica più ampia sulle prospettive dell'agricoltura nazionale, una problematica affrontata, sulla rivista, da autori diversi, menziono Francesco Compagna, autorevole voce politica, di cui il direttore recensiva, sul numero di ottobre del 1979, il volume L'agricoltura nella crisi. Tra quelle prospettive deve annoverarsi, ancora, l'emergere del problema dei reflui dell'allevamento, sospinti dagli imperativi di razionalizzazione, primo tra i quali la concentrazione degli animali in aziende di dimensioni crescenti, a convertirsi da prezioso supporto della fertilità in migliaia di aziende mezzadrili in minaccia esiziale all'integrità delle falde freatiche. Menziono Scarichi di deiezioni suine e qualità delle acque sotterranee. Il caso della pianura modenese, che Adriano Zavatti e Maurizio Pellegrini proponevano sul numero 11 del 1979, pubblicato in due articoli successivi. Un ruolo chiave, tra le prospettive dell'approvvigionamento alimentare di un paese dalle poverissime risorse di pianure congeniali all'agricoltura moderna, riveste il tema dello sfruttamento razionale delle terre marginali, di cui costituiva esplorazione emblematica l'ampio studio, splendidamente illustrato, di Roberto Chiumenti e Luigi Sartori sulle malghe alpine, pubblicato in due articoli successivi, il primo, Le malghe tra passato e futuro. Risultati di un'indagine sull'altopiano di Asiago, pubblicato sul fascicolo di dicembre del 1984, il secondo, Indagini sulle stalle dell’altopiano di Asiago, comparso sul numero di maggio del 1985. Altrettanto sistematico l'interesse per le risorse energetiche ed il loro sfruttamento razionale, oggetto, ad esempio, della rassegna di saggi recenti sulla stampa scientifica internazionale redatta da Marina Vanoni Sica per l'uscita di dicembre del 1982. Non meno assidua la presenza di saggi sulla meccanizzazione, tra iquali un interesse particolare rivestiva Obiettivi economici della meccanizzazione agricola. Una metodologia di analisi razionale, che Michele Cera pubblicava sul numero di novembre del 1980. Coerente al progetto di una rivista rivolta ai temi della trasformazione in corso degli spazi rurali non può mancare la menzione del telerilevamento, affrontato, in Telerilevamento da satellite per il controllo sistematico del bacino del Po di Giangiacomo Sarzi Braga, inserito nel quarto fascicolo del 1980. Concludo questa rassegna col tema dell'edilizia e dell'impiantistica rurale, in particolare zootecnica, menzionando uno dei cento lavori proposti nel corso del decennio, l'articolo di Umberto Chiappini, Paolo Zappavigna, Matteo Barbari e Silvio Antonello Le tipologie recenti di stalle per bovini in Emilia Romagna, pubblicato sul numero 11 del 1985. Integravano il quadro complessivo i temi biografici: menziono la biografia di Giuseppe Tassinari stilata da Vincenzo Patuelli per il numero 1O del 1987. 

Estimo: dottrina e applicazioni professionali 

Interconnessi ai temi con i quali, in adempimento del progetto di Perdisa, doveva integrarsi, l'estimo costituiva presenza sistematica nella rivista tradizionale degli estimatori italiani, sulla quale comparivano, alternativamente, interventi squisitamente teorici e lavori di specifico significato applicativo e professionale. Menziono, dal primo novero, L'estimo nella società moderna, un ruolo che si amplia e si rinnova, firmato da Alessandro Antonietti sul fascicolo VII-VIII del 1980, Stima per danni alle colture. Alcune considerazioni di metodo, proposto da Francesco Campus e Remo Romiti sul fascicolo di dicembre del 1983, Miglioramenti fondiari e indennità di miglioramento: analisi e riflessioni, suggellato da Francesco Malacarne sul numero di ottobre del 1979. Ai quali ritengo di aggiungere La stima degli arboreti: considerazioni tra teoria e pratica, che Remo Romiti, Vittorio Tellarini e Francesco Campus proponevano sul numero di giugno del 1984. Affrontava una tematica di carattere più genuinamente applicativo e professionale Arrigo Colella in Ancora sulla stima dei fondi sprovvisti di casa rurale, pubblicato sul primo fascicolo del 1979, il medesimo autore in Valutazione delle opere edilizie abusive sul numero di febbraio del 1980, Igino Michieli e Carmelo Bonanno Sulla stima delle scorte aziendali sul numero di novembre del 1984. Non è privo di interesse rilevare la presenza, sulle pagine della rivista, di studiosi di estimo stranieri: menziono il saggio di Enrique Ballestrero e Vicente Caballer Il metodo delle due beta. Un procedimento rapido nella stima dei beni fondiari, apparso sul numero di giugno del 1982. Insieme alla teoria e all'applicazione risulta ricchissimo, durante il decennio, il novero di articoli sulla storia della disciplina. Menziono, sul numero 2 del 1982, l'attraente articolo di Igino Michieli e Luigi Calzavara Sul giusto prezzo nella compravendita, che rievocava una disputa sul presunto prezzo abnorme di un bene oggetto di compravendita risolta dal Consejo della Repubblica veneta ricorrendo al diritto romano. Appare sul fascicolo di giugno del 1983 il primo capitolo della Bibliografia italiana dell'estimo, opera di cui Giuseppe Lo Bianco aveva proposto, in anni precedenti, la prima versione, nella nuova edizione integrata con la collaborazione di Salvatore Ciuna. La pubblicazione sarebbe proseguita su cinque numeri della medesima annata e su sei della successiva. Nella prima uscita, dedicata a Dottrina e metodologia, non si può mancare di rilevare la molteplicità di saggi e interventi di Giuseppe Medici, Francesco Malacarne, Nino Famulato e Nino Zizzo. Sul terreno storico saggi molteplici reperiamo, nel decennio, sulla gande svolta dell'estimo da mera pratica di agrimensori a dottrina fondata su rigorosi procedimenti logico-matematici, la svolta imposta dall'opera di Cosimo Trinci: emblematico, tra gli alti, il saggio Canoni estimativi e imperizia di estimatori nella pubblicistica settecentesca, che Sebastiano di Fazio proponeva sul numero di febbraio del 1984. 

Per il business dell'edificazione la contesa tra pubblico e privato 

Nel corso del decennio assume i toni più concitati il confronto sul tema della potestà sulla conversione d'uso dei suoli: la speculazione edilizia era stata, negli anni precedenti, la prepotente signora della trasformazione dei campi verdi in aree abitative e industriali. Proclamando di volere imporre un ordine che rispettasse esigenze civili e necessità sociali anziché interessi non sempre trasparenti, le forze politiche pretendevano con veemenza crescente la prerogativa di governare lo "sviluppo" edificatorio, una pretesa che si convertiva in progetti di legge oggetto di violente contese parlamentari, di approvazione di leggi ed emendamenti, di interventi della Corte costituzionale, la cui analisi realizzava con competenza e puntiglio un magistrato che collaborava sistematicamente alle riviste Edagricole, Francesco Mario Agnoli, autore di due ampi studi sistematici, La disciplina dell'uso del territorio rurale: tendenze della legislazione regionale, che appariva nel primo fascicolo del 1979, e Espropriazione nel vuoto normativo: alcuni punti fermi, che vedeva la luce sul numero di dicembre del 1980. La connessione con la disciplina estimativa è palese e di rilievo capitale, tanto in termini dottrinari quanto in termini applicativi, come provano i numerosi articoli sulle eventuali illegalità dell’espropriazione operate dalle amministrazioni comunali investite di poteri praticamente insindacabili, tra i quali cito lo studio di Giovanni Gianfrate. La valutazione dei dei fondi espropriati per pubblica utilità, incluso nel numero di settembre del 1984. Come proverà una serie interminabile di illegalità denunciate, raramente punite, la nuova normativa sostituirà agli abusi privati le dimensioni ciclopiche che assumerà, nella sfera edificatoria, la corruzione pubblica. Esaminando quanto viene scritto, in argomento, sulle annate successive della rivista è difficile respingere l'impressione che i nuovi poteri attribuiti alle autorità municipali costituissero causa diretta di un appariscente declino della disciplina estimativa, evolutasi, dal Settecento, per consentire il confronto dialettico tra istanze pubbliche dettate da obiettive ragioni di progresso e gli interessi privati, cui era permesso esprimersi, su un piano giuridicamente paritario, in cui il privato aveva facoltà di tutelare le proprie ragioni di fronte ad un tribunale che avrebbe giudicato sulla base di argomenti che dovevano fondarsi su metri tecnici espressi, nella propria perizia, da un estimatore che avrebbe potuto dimostrare la speciosità di quelli addotti dagli organi pubblici, in grado di procedere all'espropriazione solo operando nel rispetto di norme non meno cogenti per un consiglio comunale quanto per un proprietario terriero. La risposta di un amministratore alessandrino al privato che, ricevuta la comunicazione dell'esproprio per la realizzazione di una tangenziale, eccepiva che l'intervento avrebbe privato di ogni valore agrario, riducendola a caleidoscopio di spezzoni, una grande, e compatta, azienda cerealicola, "Reagisca come crede. Noi rappresentiamo l'interesse sociale, lei mere pretese private, che abbiamo il potere di annientare", non pare tale da protrarre il ruolo di una disciplina tendente all'obiettività giuridica quanto, piuttosto, di indurre il privato ad accettare i patteggiamenti oscuri che governano l'edificazione nazionale. Quei patteggiamenti che indussero, in occasione di un convegno sull'argomento, il preside di un'importante facoltà di architettura a invitarmi in disparte e, verificato che nessun altro lo udisse mi confidò: "Quanto ha detto è vero, Saltini, ma dobbiamo riconoscere che l'edificazione è il cancro della società italiana". E guardandosi ancora attorno, mi porse la mano, senza !asciarmi il biglietto da visita, come usa chi non teme che altri, estranei al colloquio segreto, ne possa percepire l'oggetto.

 

Articolo tratto dagli atti del convegno della FIDAF : ESTIMO:  SCIENZA DEL METODO,  pubblicati dalla Rivista " I Tempi della Terra - QUADERNI"





Antonio Saltini 
Già Docente di Storia dell'agricoltura all'Università di Milano, giornalista, storico delle scienze agrarie. Ha diretto la rivista mensile di agricoltura Genio Rurale ed è stato vicedirettore del settimanale, sempre di argomento agricolo, Terra e Vita. E' autore della Storia delle Scienze Agrarie opera in 7 volumi. 




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