mercoledì 20 aprile 2022

UN "MANIFESTO " PER LA LIBERTA' IN AGRICOLTURA

La delicata situazione determinatasi negli ultimi mesi impone un ripensamento delle politiche in ambito agrario.


di FLAVIO BAROZZI  *


"Gli storpi": famoso quadro di Pieter Bruegel del 1568, conservato nel museo del Louvre di Parigi.
Molti ritengono che la menomazione agli arti delle persone raffigurate siano conseguenza di gravi casi
di ergotismo.



L’Inaugurazione dell’Anno Accademico dei Georgofili rappresenta per consolidata tradizione un importante momento di riflessione per chi si occupa di agricoltura e di cultura in ambito agrario. Quella del 259° Anno Accademico, tenutasi la scorsa settimana finalmente in presenza dopo due anni di modalità telematica determinata dall’emergenza sanitaria, dovrebbe in modo particolare far riflettere.
Nonostante le perduranti incrostazioni, al tempo stesso confuse, semplicistiche ed ideologiche, di una certa visione che la popolazione inurbata continua ad avere rispetto all’agricoltura (apparse evidenti nel saluto istituzionale della rappresentante del Comune di Firenze), la cerimonia inaugurale ha consentito agli osservatori più attenti di cogliere alcuni aspetti di profonda rilevanza.

In specie ha colpito la relazione del Presidente Vincenzini, impeccabile per sobrietà dei toni e profondità dei contenuti, laddove citando testualmente l’Accademico Emerito prof. Dario Casati, prestigiosissimo componente del Consiglio Direttivo della Società Agraria di Lombardia, ha stigmatizzato le scelte politiche che procedono imperterrite “ …nella definizione di norme in senso contrario alla produzione per un malinteso ambientalismo, perdendosi in cavillose regole applicative che non tengono conto della lezione della pandemia e frenano l’innovazione scientifica e tecnologica in agricoltura, unica soluzione possibile”.

Un richiamo così alto ha forse inevitabilmente “sovrastato” la successiva prolusione dell’on. Maurizio Martina, già titolare del MIPAAF ed attuale vicedirettore della FAO, che avrebbe dovuto rappresentare il momento culminante della giornata, e comunque si è caratterizzata per almeno tre elementi di riflessione.

Il primo è stato determinato dal fatto di non essere pronunciata in presenza, bensì attraverso un videomessaggio registrato per la concomitanza di una riunione straordinaria del “board” della FAO, convocata proprio a causa della delicatezza della situazione in atto. Un “imprevisto” che ha suscitato profonda impressione, fornendo a tutti la chiara percezione dei rischi per la sicurezza alimentare che dovremo affrontare nonostante il “negazionismo” di qualcuno.

Il secondo elemento di riflessione è legato ad un passaggio poco chiaro della relazione dell’on. Martina, laddove egli ha auspicato una “discriminazione” tra innovazioni definite “buone” ed altre che lo stesso on. Martina sembra ritenere “cattive”, senza peraltro fornire una identificazione di tali innovazioni “censurabili” né una motivazione chiara del perché lo siano.

Il terzo e più positivo elemento di riflessione è costituito dall’ evidente endorsement che Martina ha dato nel finale aprendo alle nuove biotecnologie applicate all’agricoltura, che è apparso come un significativo segnale anche nei confronti del legislatore europeo e nazionale.

In effetti la strada dell’apertura all’innovazione scientifica e tecnologica risulta sempre più importante per realizzare quella “intensificazione sostenibile” che rappresenta l’unico strumento per assicurare l’equilibrio nella sicurezza alimentare che oggi appare in discussione.

La delicata situazione che stiamo vivendo, con la concomitanza di emergenze sanitarie, climatiche e belliche, non era del tutto imprevedibile né imprevista. La stessa scelta della Società Agraria di Lombardia e del MuLSA di dedicare un convegno -realizzato nell’ottobre 2017- al tema “Penurie, carestie e sicurezza alimentare”, era dettata dalla preoccupazione nei confronti di prospettive inquietanti, anche a causa delle derive antiscientifiche e tecnofobiche e di alcune scelte politiche più o meno esplicitamente orientate alla “decrescita”.

Quanto si sta verificando in queste settimane e potrà verificarsi in futuro -pur configurandosi come una sorta di “tempesta perfetta”- non rappresenta quindi uno scenario del tutto inatteso. Lo studio della storia e l’osservazione attenta dei dati dovrebbero fornire insegnamenti ed indicazioni per rivedere scelte politiche discutibili, come quelle influenzate da ciò che lo stesso Dario Casati ha definito “pensiero dominante, ma debole” nella sua relazione alla conferenza organizzata dalla Società Agraria di Lombardia il 31 marzo 2022.

Alcuni studi indipendenti evidenziano in maniera inequivocabile i pericoli per la sicurezza alimentare, per la sopravvivenza di alcuni settori dell’agricoltura, ma anche per il benessere la pace sociale, e in maniera solo apparentemente paradossale pure per l’ambiente, che sono insiti in alcune “strategie” elaborate a livello europeo come “Farm to Fork”. Proprio un mese fa è stato pubblicato uno studio che potremmo definire di metanalisi, firmato da Justus Wesseler dell’Università di Wageningen (qui). Tale studio -ultimo in ordine di tempo ma non per autorevolezza- conferma le perplessità verso una “strategia” che potrebbe indurre una riduzione nella produzione agricola dell’UE (e quindi nella sua sicurezza, della sua sovranità alimentare, ed in definitiva della sua “credibilità” internazionale) ed una riduzione generale del benessere sociale, senza che vi siano concrete e quantificate prospettive di miglioramento nei parametri ambientali locali, ed anzi con pericoli di peggioramento degli stessi a livello globale. Lo studio conclude affermando che “EU policy makers have it in their own hands translating the F2F strategy into a well-being-increasing strategy by implementing the institutional changes needed”.

Un ripensamento delle politiche europee (magari affinché siano meno retoricamente ed immancabilmente “ambiziose” e più concretamente e magari prosaicamente “realistiche”) sarebbe quanto mai opportuno e probabilmente urgente non solo in ambito agrario. Due libri di recentissima pubblicazione come “Manifesto del libero pensiero” di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi e “Suicidio occidentale” di Federico Rampini (pure evocato dal prof. Giuseppe Bertoni nella sua bellissima relazione alla citata conferenza della nostra Società Agraria del 31 marzo) forniscono in tal senso importanti spunti di riflessione. E rivelano la misura di come il declino e la perdita di autonomia della “vecchia” Europa partano da processi di declino e di “disarmo” culturale prima ancora che economico.

Nel suo breve intervento al momento del conferimento del diploma di Accademico Corrispondente ai Georgofili l’amica Deborah Piovan ha ricordato che il cibo è un diritto, ma è un dovere produrlo. Consentitemi di aggiungere che è un dovere consentire di produrlo in maniera efficiente e quindi sostenibile. Forse servirà davvero un “manifesto per la libertà in agricoltura” che aiuti i nostri decisori politici a ricordare questo concetto.



*Presidente pro-tempore della Società Agraria di Lombardia.





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