sabato 15 ottobre 2022

Il NO AL GLIPHOSATE DA PARTE DELL' OPINIONE PUBBLICA E' UN ALTRO ESEMPIO DI PARANOIA COLLETTIVA

di ALBERTO GUIDORZI 



Ndr: Sintomatica dell’approccio ideologico la foto di copertina. La distribuzione per via aerea del gliphosate (ma anche per insetticidi organofosfati) cioè di un erbicida totale con ben visibile della vegetazione non bersaglio nelle vicinanze significa non conoscere la logica delle pratiche agricole.

Fino al 2015, c'era poca preoccupazione per la tossicità o la cancerogenicità del glifosato. La situazione è cambiata nel marzo 2015, quando un gruppo di lavoro dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha concluso che il glifosato era " probabilmente cancerogeno per l’uomo”. Ma la monografia IARC 112 è uscita nel 2017 e aveva per titolo “alcuni insetticidi ed erbicidi organofosfati”.

Cioè si tratta del documento ufficiale del rapporto completo circa le risultanze a supporto della decisione presa due anni prima dalla commissione IARC. Questo documento è risultato essere stato letto da pochi perché ormai, a furor di popolo (e questo ben ammaestrato da movimenti ambientalisti e lobbistici) si era diffuso il convincimento generale che il gliphosate era addirittura sicuramente cancerogeno. Eppure sarebbe stato opportuno e scientificamente serio che un qualche convincimento

si fosse formato solo sulla base del rapporto ufficiale, cioè sarebbe stato logico aspettare il 2017, mentre tutto fu deciso tra il 2015 e 2017. Cioè prima del 2017 mancava la benché minima revisione critica dell’operato IARC ed una era basilare perché la decisione era stata presa in base al “pericolo” e non in base al “rischio” Infatti, non disponendo di studi sull’uomo si è optato a valutare i soli studi su animali, ma questi studi sono stati eseguiti mettendo i roditori in continuo contatto con il gliphosate e a dosi per le quali l’uomo difficilmente sarebbe venuto in contatto. Inoltre quando gli studi sui roditori furono esaminati si constatò che vi erano più correlazioni inverse tra esposizioni al gliphosate e insorgenza di tumori, che non correlazioni dirette, ma solo queste ultime furono prese in considerazione. Ci sono anche prove che, durante la redazione della monografia, le prove positive sono state rafforzate e le prove a discarico sono state ridotte. Poi vi è la figura di Portier, cioè di colui che nel 2014 spinse per includere il gliphosate nella valutazione, solo che a rigore il gliphosate non rientrava nella categoria che lo IARC si era prefissa di analizzare, infatti il gliphosate non rientra nella categoria dei “organofosfati” in quanto si tratta di un “fosfonato” che al limite rientra nella categoria dei detersivi o addirittura degli antivirali e ultimamente (in questo caso i bifosfonati) sono introdotti come anticarie nei dentifrici e nei medicamenti per l’osteoporosi. 

I fosfiti o fosfonati sono addirittura usati in agricoltura biologica come sostanze per la concimazione fosfatica e potassica. Gli esteri fosforici o organofosfati, per contro, sono ben altra cosa in quanto inizialmente erano stati studiati come prodotti per la guerra chimica e derivati dai “gas nervini”. Fatto emblematico è che il Portier dopo la decisione dello IARC del 2015 e dell’insorgenza della battage pubblicitaria sul gliphosate, fu subito assoldato (giusto usare questo verbo perchè intascò 160.000 $) da due studi legali che avevano intentato causa alla Monsanto perché fosse condannata a indennizzare persone ammalatisi di cancro nH.

Quanto qui riferito è stato ripreso da una diatriba tra il Prof Robert E. Tarone e l’editore di uno studio di Dennis Weisenbeger qui
Il prof.Tarone Tarone, che ha lavorato al National Cancer Institute per 28 anni, poi all'International Institute of Epidemiology per 14 anni), ha creduto opportuno inviare una lettera all’editore Il cui testo è riprodotto nella foto allegata.





Si estrapola solo questa frase della lettera: “ Le prove del tutto a discarico riguardanti i tumori dei roditori hanno dovuto essere escluse dalle deliberazioni dal gruppo di lavoro IARC Monograph 112, appunto per poter concludere che c'erano prove sufficienti che il glifosato fosse cancerogeno per gli animali. “


NOTAL’autorizzazione all’uso del gliphosate scade il 15/12/2022, sia l’EFSA che l’ECHA, i due organi consultivi incaricati di rinnovare il dossier gliphosate per permettere di decidere su riautorizzazione o proibizione dell’uso dell’erbicida, hanno dichiarato che potranno consegnare il dossier definitivo solo a metà 2023 in quanto si sono trovati di fronte a tale e tanto materiale da esaminare da non poter restare nei tempi. La Commissione ha quindi proposto agli Stati membri di riautorizzare ancora per un anno l’uso del gliphosate nell’UE. La Germania che nel 2017 aveva votato a favore, ora, per bocca del suo ministro dell’agricoltura “verde”, è intenzionata a proibire unilateralmente sul suo territorio il gliphosate a partire dal gennaio 2024. Resta da vedere se la decisione viola le regole comunitarie.



ALBERTO GUIDORZI

Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana. 




2 commenti:

  1. Nessuna maggioranza qualificata a favore o contro la proroga di un anno dell'autorizzazione del glifosato è emersa il 14 ottobre durante il voto di esperti degli Stati membri organizzato da un comitato permanente sui prodotti fitosanitari. Dunque la parola passa alla Commissione che non può far altro che rinnovare per un anno visto che non è ancora in possesso del parere scientifico che aveva richiesto. Come ha votato l'Italia?

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  2. Glyphosat-Verbot würde für Ackerbauern teuer | agrarheute.com
    Secondo questo articolo un organismo di valutazione ha calcolato che la proibizione del gliphosate costerebbe 120 €/ha in media. Per chi fa agricoltura conservativa l'aggravio sarebbe maggiore, circa 270 €/ha e a lungo andare sparirebbe come forma di agricoltura sostenibile. Inoltre e sempre da un punto di vista della sostenibilità si userebbero almeno 1/5 in più di diserbanti. tra l'altro con impatto ambientale molto ma molto peggiore.

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