martedì 16 dicembre 2025

NATALE E CAPODANNO: CIBO, TRADIZIONI CONTADINE E RESISTENZA SOCIALE

 di FRANCESCO MARINO

Il baccalà con olive e patate era un piatto tipico delle feste natalizie delle famiglie contadine calabresi. Con ingredienti semplici come il baccalà salato, le patate e le olive nere, era un piatto rustico e sostanzioso. Ancora oggi lo si prepara, richiamando la tradizione di un Natale povero ma ricco di calore e convivialità.

Le festività natalizie e di Capodanno hanno sempre avuto un significato profondo per le comunità rurali italiane, non solo come celebrazione religiosa della nascita di Gesù o l'inizio del nuovo anno, ma anche come occasione per riaffermare l'identità culturale e per resistere alle difficoltà imposte dalle disuguaglianze sociali, economiche e religiose. Mentre le classi privilegiate celebravano con sontuosi banchetti, la gente delle campagne, pur vivendo in condizioni di povertà, usava il cibo come simbolo di speranza e di resistenza. Ogni piatto preparato durante le festività non era semplicemente un mezzo di sussistenza, ma un atto di affermazione, un segno di orgoglio contro un sistema che cercava di cancellare la loro identità e tradizioni.
In quel contesto, il cibo diventava un simbolo di ribellione. Mentre la Chiesa imponeva l'astinenza e la penitenza, le classi alte si concedevano festini sontuosi, mentre i contadini si dovevano adattare a piatti più semplici, rispondendo a una sorta di "legge non scritta" di sussistenza. La Chiesa, con le sue restrizioni, predicava il comandamento di "non desiderare la roba d'altri", ma al contempo creava un divario profondo tra chi poteva permettersi abbondanti banchetti e chi, invece, doveva fare i conti con la scarsità. I contadini, pur vivendo in condizioni di povertà, trovavano comunque nel cibo un modo per resistere a queste disparità sociali, trasformando ingredienti economici in piatti simbolici di speranza e solidarietà.
Mentre la Chiesa predicava la penitenza, i contadini trovavano nelle lenticchie, nei cereali e nel baccalà non solo un nutrimento fisico, ma anche una forma di resistenza silenziosa. Piatti che, pur essendo umili, avevano un forte significato simbolico: le lenticchie, ad esempio, con la loro forma che ricordava una moneta, divenivano un segno di speranza in un futuro migliore. La polenta, pur essendo cibo povero, assumeva un valore speciale durante le festività, unendo le famiglie e rendendo il momento del pasto un rito di comunità e di lotta contro la miseria. Il baccalà, legato alle restrizioni religiose, rappresentava non solo un adattamento alle difficoltà economiche, ma anche un simbolo di resistenza culturale, un modo per mantenere vive le tradizioni in un mondo che sembrava ignorarle.
Nel XIX secolo, l’evoluzione delle tecniche agricole e l’incremento della produzione di cibo permisero alle famiglie rurali di diversificare la loro dieta, pur rimanendo in condizioni difficili. Piatti come la polenta divennero più ricchi, arricchiti con burro e formaggi stagionati, ma rimasero simboli di resistenza alla povertà e di unione familiare. Il baccalà continuò a essere consumato durante le festività, ma la sua preparazione si arricchì di nuovi ingredienti, rendendolo ancora più significativo per le comunità del Sud, che, pur vivendo nella miseria, trovavano nel cibo un modo per affermare la propria identità.
Nel XX secolo, con le guerre mondiali e i periodi di razionamento, la miseria aumentò, ma le tradizioni non vennero meno. Le festività continuavano a essere momenti di resistenza, e il cibo, pur restando povero, divenne simbolo di speranza, unità e lotta contro le difficoltà. Le famiglie rurali adattavano la loro alimentazione alle risorse disponibili, ma non rinunciavano mai a celebrare la vita, la comunità e le tradizioni.
Con l'industrializzazione e la modernizzazione dell’agricoltura, le festività natalizie hanno subìto dei cambiamenti significativi. Tuttavia, negli ultimi decenni, si è assistito a un ritorno alle tradizioni culinarie locali, con un rinnovato apprezzamento per la cucina rustica. Oggi, piatti che un tempo erano considerati simboli di povertà, come la polenta e il baccalà, sono reinterpretati in chiave moderna, ma continuano a mantenere il loro valore simbolico. Le lenticchie, pur restando un segno di speranza, sono oggi preparate in modi più elaborati, adattandosi ai gusti contemporanei.
Il cibo, insomma, è sempre stato più di un semplice nutrimento nelle comunità rurali italiane durante il Natale. È stato una forma di resistenza, una dichiarazione di speranza, un modo per mantenere vive le tradizioni e, nonostante le difficoltà, per riaffermare l’identità di una comunità che, anche nei periodi più bui, ha sempre cercato di celebrare la vita, la famiglia e la terra che la sosteneva.


Francesco Marino
Dott.Agronomo e Zootecnico (UniFI). Diploma di maturità in Tecnico dell' Industria Enologica (Istituto Sperimentale Agrario, F. Todaro - Rende "Cs" ).Presidente dell'Associazione AgronomiperlaTerrA e già Presidente dell' UGC-CISL Firenze/Prato e di Copagri Toscana, organizzazione Sindacale che tutela gli interessi della aziende agricole già aderenti all'UGC Cisl, UIMEC-UIL, UCI, AIC e ACLI Terra. E' Vicedirettore della Rivista "Spigolature Agronomiche", Responsabile del Blog Agrarian Sciences e del sito biblioteca di Agrarian Sciences. Attualmente è impegnato in progetti di sviluppo agricolo in Tanzania e Palestina.

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