lunedì 2 marzo 2015

La CO2 come fattore d’innesco della rivoluzione neolitica


di Luigi Mariani

L’aumento sensibile dei livelli di CO2 in atmosfera registrato nel passaggio da glaciale a interglaciale chiarirebbe il mistero della sincronia con cui poco dopo la fine dell’ultima glaciazione si assiste alla nascita dell’agricoltura nella mezzaluna fertile (civiltà del frumento), in Cina (civiltà del riso) e nell’America centrale (civiltà del mais).















L'agricoltura così come oggi la conosciamo è il risultato di una lunghissima evoluzione segnata da eventi salti evolutivi oggi noti come “rivoluzioni”, alcuni dei quali sono riportati in tabella 1.

Tabella – Dieci fra le rivoluzioni tecnologiche che hanno segnato più profondamente la storia dell’agricoltura.
La prima rivoluzione tecnologica è quella del fuoco: l’incendio controllato della foresta e della boscaglia che, sviluppando la giovane vegetazione, richiama anche la selvaggina. Essa è databile quantomeno ad alcune decine di migliaia di anni orsono, anche se i progenitori dell’uomo governano il fuoco da oltre un milione di anni.
La seconda rivoluzione è quella dell’orticoltura: l’uomo impara a coltivare sui cumuli di rifiuti che si formano in vicinanza degli insediamenti abitativi. Anch’essa è databile ad alcune decine di migliaia di anni orsono
La terza rivoluzione è la rivoluzione neolitica: nascita dell’agricoltura intesa come semina intenzionale e successiva domesticazione delle piante dopo la fine dell’ultima glaciazione
La quarta rivoluzione è costituita dalla scoperta dell’aratro e del carro (avvenute in Mesopotamia intorno al 3000 / 4000 a.C.)
La quinta rivoluzione è quella del ferro, il cui impiego potenziò l’efficacia degli strumenti già in uso (aratri, vanghe, zappe, ecc.) e permise ad esempio l’introduzione delle falci per la foraggicoltura. Tale rivoluzione ha inizio in medio oriente intorno al XII secolo a.C. ed è agli Etruschi che si deve la sua diffusione in Italia.
La sesta rivoluzione, consistette nel perfezionamento dell’aratro mediante la sua trasformazione da simmetrico ad asimmetrico, e nell’introduzione di due importanti accessori (carrello e coltro). Essa è databile fra l’età tardo imperiale romana ed il medioevo. La capillare diffusione di tale nuova tipologia d’aratro è associata al fiorire della civiltà al passaggio fra alto e basso medioevo.
La settima rivoluzione è costituita dall’introduzione e dalla diffusione in coltura delle piante originarie del nuovo mondo (mais, patata, pomodoro, fagioli, ecc.) avvenuta in Europa intorno al XVI /XVIII secolo. L'iniziale reazione negativa che si coglie rispetto ad alcune di queste nuove specie (emblematico è il caso delle patata) ricorda per certi versi quella cui oggi assistiamo nel confronti degli OGM
L’ottava rivoluzione ha luogo nella prima metà del XIX secolo ed è legata alla scoperta della nutrizione carbonica atmosferica e della nutrizione radicale con altri elementi chimici (azoto, fosforo, potassio, ecc.). Si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana in quanto vengono superati l’umismo ed i vitalismo, pseudoscienze che all'epoca rallentavano enormemente il progresso del settore agricolo e che oggi rivivono nell'agricoltura biologica e biodinamica.
La nona rivoluzione consiste nella diffusione della meccanizzazione con trattori, trebbiatrici, essicatoi, ecc. ed ha luogo per lo più nel corso del XX secolo
La decima rivoluzione è quella genetica, legata all’applicazione delle scoperte della genetica (leggi di Mendel, tecniche di ingegneria genetica). Essa ha avuto per lo più luogo nel XX secolo.



In particolare balza ai nostri occhi la rivoluzione neolitica intesa come semina deliberata e domesticazione di piante coltivate caratteristiche. E’ grazie alla rivoluzione neolitica che nascono le cosiddette civiltà del frumento, del riso e del mais, civiltà designate con i nomi delle piante di punta di “pacchetti” di specie molto più ampi che furono oggetto di domesticazione. Ad esempio nel caso della civiltà del frumento (medio oriente - mezzaluna fertile) ad essere domesticato non fu solo il frumento ma anche l'orzo e diverse leguminose (pisello, veccia, fava, cicerchia, cece, lenticchia, ecc.). L'accoppiata cereali - leguminose (che furono soia nel caso della civiltà del riso ed il fagiolo in quella del mais) vede la sua ragione nel fatto che le carenze aminoacidiche (i cereali sono carenti in lisina e triptofano mentre le leguminose sono carenti in aminoacidi solfati - metionina e cistina) si compensano dando luogo ad un alimento completo.

Importante è anche ricordare che nel caso dei cerali la domesticazione comporta un aumento in dimensione delle cariossidi, il passaggio da rachide fragile a compatto (figura 1) ed il passaggio da “seme” vestito a “seme” nudo.



Fig. 1 – Rachide fragile in un orzo selvatico
a confronto con il rachide compatto di un
orzo coltivato.

Inoltre si assiste ad un rilevantissimo cambiamento nel patrimonio genetico che ad esempio nel caso dei frumenti passa di 14 cromosomi dell'antenato selvatico (Triticum beoticum) e del primo frumento coltivato (Triticum monococcum L.) passa ai 28 cromosomi (es: Triticum durum L., il grano duro) ed a 42 cromosmi (es: Triticum estivum L., il grano tenero). Tale cambiamento è frutto di ibridazone con graminacee del genere Aegilops (A. speltoides L., A. squarrosa L.) seguito da poliploidizzazione è ha dato luogo ad un imponente trasferimento genico intergenerico, il che tranquillizza non poco i tecnici del settore anche rispetto all'assai più limitato trasferimento di geni cui si assiste nel caso degli odierni OGM.
La rivoluzione neolitica, verso la quale la nostra civiltà vanta un debito culturale immenso[1] ebbe luogo in modo relativamente sincrono alla fine dell’ultima glaciazione in tre centri d’origine (centro medio-orientale, centro asiatico e centro americano) molto distanti ed assolutamente non in contatto fra loro.


Più in particolare la bibliografia più recente ci informa che:


  • la domesticazione del frumento sarebbe avvenuta intorno a 10500 anni fa (Salamini et al., 2002; Peng et al., 2011) e sarebbe avvenuta in una zona montuosa della Turchia orientale 

  • la prima coltivazione del riso sarebbe avvenuta intorno a 10000 anni fa nella Cina Sud Orientale mentre la domesticazione vera e propria (modifica del genoma) sarebbe avvenuta alcuni secoli più tardi

  • la domesticazione del mais sarebbe avvenuta in Messico intorno a 9000 anni orsono (Heeraarden etal 2011).

Un domanda che assilla da tempo gli studiosi è quale sia mai stata la molla che fece scattare in modo relativamente sincrono la rivoluzione neolitica in luoghi non comunicanti fra loro.

In tal senso occorre rammentare l’ipotesi che indica come fattore scatenante il fatto che alla fine dell'ultima era glaciale si verificò una fase freddo-arida, il Dryas recente, nel corso del quale la produttività delle piante spontanee da cui i popoli di raccoglitori dipendevano per nutrirsi decrebbe al punto di far diventare meno conveniente la raccolta spontanea rispetto alla coltivazione. Tale ipotesi appare fondata nel caso della domesticazione del frumento (avvenuta ad opera del popolo dei Natufiani) ma mi pare più debole nel caso del riso e del mais, in quanto la domesticazione di questi due cereali:


  1. sarebbe avvenuta con un certo ritardo rispetto a quella del frumento e rispetto al Dryas recente
  2. sarebbe avvenuta in zone tropicali in cui gli effetti del Dryas recente furono meno rilevanti che non alle altitudini medio-alte.



Figura 2 - Plante di Abutilon theophrasti (C3)  di età 14 giorni,
cresciute in analoghe condizioni di luce, acqua e nutrienti.
Foto di Dippery et al. (1995), riportata da Gerhart e Ward (2010).
Più sensata appare invece la teoria proposta da Sage (1995) e che considera come fattore d’innesco del processo di domesticazione l’aumento sensibile dei livelli di CO2 registrato alla fine dell’ultima glaciazione, con passaggio dai livelli propri del glaciale (150/180 ppmv) ai livelli dell’interglaciale (250/280 ppmv), il che si traduce in un aumento della produttività potenziale rilevante (oltre il 30% per le piante C3 come il frumento) e dovuto sia all’effetto nutritivo diretto di CO2 sia al fatto che le piante, riducendo il numero di stomi per unità di superficie in risposta all’aumentato livello atmosferico di CO2, divengono meno sensibili alla siccità. Molto evocativa in tal senso è la figura 2, da cui si coglie la risposta di una nota infestante, Abutilon teophrasti, il cencio molle, a livelli di CO2 crescenti, da quelli interglaciali a quelli attuali ed infine a quelli attesi per la fine del XXI secolo.
In sintesi dunque con la fine dell’ultima glaciazione i livelli di CO2 sarebbero divenuti in breve tempo più favorevoli ad un’attività agricola con livelli di produttività sufficiente e tale “opportunità” non sarebbe sfuggita a popoli che, seppur lontanissimi fra loro, erano accumunati dalla dipendenza da questo gas così essenziale per la vita sul nostro pianeta.



[1] Fra le conseguenze della rivoluzione neolitica è la comparsa di surplus alimentari immagazzinabili e la possibilità con questi di garantire sicurezza alimentare lungo l'intero corso dell'anno. Fu così possibile nutrire anche gruppi sociali non dediti alle produzione agricola, ponendo con ciò le basi di quella specializzazione che è uno dei tratti distintivi di gran parte delle civiltà umane odierne.



Bibliografia



Gerhart L.M., Ward J.K., 2010. Plant responses to low [CO2] of the past, New Phytologist, vol 188,issue 3, 674-695 (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1469-8137.2010.03441.x/pdf)
Heeraarden et al 2011 Genetic signals of origin spread and introgression in a large sample of maize landraces, Proceedings of the National Academy of Science, vol 108, Jan. 2011, 1088 – 1092 ( http://www.panzea.org/pdf/vanHeerwaarden_etal_2011_PNAS_108_1088.pdf )
Peng J.H., Sun D., Nevo E., 2011. Domestication evolution, genetics and genomics in wheat, Mol. Breeding (2011) 28:281–301
Salamini F, Ozkan H, Brandolini A, Schafer-Pregl R, Martin W (2002) Genetics and geography of wild cereal domestication in the Near East. Nat Rev Genet 3:429–441
Xin Wei, R. Wang, L. Cao, N. Yuan, J. Huang, W. Qiao, W. Zhang, H. Zeng, Qingwen Yang: Origin of Oryza sativa in China Inferred by Nucleotide Polymorphisms of Organelle DNA, in: Plos One 7,11. 2012.
Zhao Z., 2011. New Archaeobotanic Data for the Study of the Origins of Agriculture in China, in: Current Anthropology vol. 52, Supplement 4.
Sage R.W., 1995. Was low atmospheric CO2 during the Pleistocene a limiting factor for the origin of agriculture?, Global Change Biology, Volume 1, Issue 2, 93–106.


Luigi Mariani  
Già docente di Agronomia e Agrometeorologia all'Università degli Studi di Milano, è attualmente condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano.

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