mercoledì 10 gennaio 2018

Perchè non dobbiamo credere in bio

di Luigi Mariani


Carlo Petrini  testimonial del  Calendario Lavazza 2018: " 2030, What are you doing?".

L’ideologia del bio (-logico o -dinamico) si riferisce all’attività che è biologica per eccellenza e cioè l’agricoltura, pretendendo di riportarla ad una purezza primigenia che poi sarebbero le tecniche in uso prima della rivoluzione scientifica dell’ottocento (per il biologico) o una congerie di procedure a base magica (il biodinamico).
Che male c’è un tutto ciò, diranno i lettori? 
Il danno, vedete, è soprattutto culturale ed è enorme in quanto chi fa bio non si accontenta di sfruttare le nicchie di mercato che sarebbero il loro naturale punto d’approdo ma al contrario propone una vera e propria palingenesi che imponga all’intera agricoltura mondiale il proprio punto di vista, rifiutando quel bagaglio di innovazioni che è stato alla base della rivoluzione verde che oggi ci consente di nutrire il mondo più e meglio di quanto si sia mai fatto in passato (la percentuale della popolazione mondiale al di sotto della soglia di sicurezza alimentare è scesa dal 50% del 1945 al 10% odierno).
Rispetto alle derive bio non va peraltro ignorata l’analogia con quanto sta avvenendo nel mondo della medicina, chiamata a confrontarsi con medicine alternative che propugnano ritorni ad improbabili paradisi pre-scientifici, ed in questo apprezzo moltissimo da un lato le coraggiose prese di posizione della professoressa Elena Cattaneo e dall’altro le posizioni assunte dall’ordine dei medici rispetto ad alcune pratiche dannose legate alle medicine alternative.
Di fronte all’utopia totalizzante del bio, per la quale trovo calzantissimo il paragone con il luddismo, l’agronomo è più che mai chiamato a prendere posizione, se non altro in base al concetto (chimica inorganica - primo anno di agraria) per cui una molecola di urea che proviene dalla pancia di un mammifero non è in alcun modo diversa da un’analoga molecola di urea prodotta a partire dall’azoto atmosferico con il benemerito processo messo a punto da Haber e Bosch ai primi del ‘900 e che ci consente oggi di sopperire al 50% del fabbisogno proteico dell’umanità (Smil, 2012).
Peraltro quello del bio è un “tormentone” che ci viene continuamente propinato da tutti i grandi media, dai quali il bio ci arriva condito da slogan di salvataggio del pianeta, lotta ai cambiamenti climatici, cibo puro, sostenibilità, cibo più gustoso, ecc. ecc.

Gli slogan più ricorrenti
Vediamo di sottoporre a critica alcuni degli slogan che vengono ad ogni piè sospinto riproposti in tema di Bio. 

Bio non usa pesticidi: falso, nel senso che usa pesticidi di vecchia generazione (es: solfato di rame che persiste nel terreno per tempi indefiniti, insetticidi dannosi per la flora acquatica e la microflora del terreno). 
Bio vuol bene alla natura: vediamo cosa c’è scritto sull’etichetta di alcuni pesticidi usati nell’agricoltura biologica: nei formulati insetticidi a base di Spinosad e Azaridactina si legge “Altamente tossici per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.” (il secondo poi è un perturbatore endocrino). La poltiglia bordolese poi è: “nociva se inalata, provoca gravi lesioni oculari, molto tossica per lunga durata per gli organismi acquatici ”.
Bio vuol bene alle piante: è falso perché
  • usando prodotti fitosanitari antiquati non le si difende adeguatamente dai nemici (sarebbe come se contro malattie umane terribili – polmonite, peste, vaiolo, colera, sifilide, ecc. - si rinunciasse all’uso degli antibiotici
  • rinnegando le regole più elementari della nutrizione vegetale si affamano le piante negando loro il necessario apporto di nutrienti.
Bio fa bene al consumatore: sul piano della salubrità non si dovrebbero mai scordare i 54 morti e i 10 mila ricoveri in ospedale avvenuti i Germania e Francia nel 2011 a seguito di consumo di germogli di fieno greco prodotti da una azienda biologica tedesca e che contenevano tossine prodotte dal ceppo O104 di E. coli (Frank etal, 2011). Sempre sul piano della salubrità si ricorda l’articolo “Non crediamo in bio - La frutta e la verdura in commercio non sono più ricche di nutrienti né più salutari di quelle tradizionali. Ecco le prove.” uscito tempo fa su Altroconsumo (Freshplaza, 2015). In tale lavoro si ponevano a confronto alimenti bio con alimenti convenzionali mostrando la sostanziale equivalenza in termini di salubrità (salvo che per contenuto in nitrati per il quale i prodotti bio erano peggio rispetto ai convenzionali). Sul piano economico si rimanda invece al punto successivo.
Bio è sostenibile sul piano economico: per l’imprenditore agricolo può esserlo a patto di trovare “amatori” in grado di spendere il doppio o il triplo per lo stesso identico prodotto, visto che la produttività del bio è molto più bassa e i costi di produzione più elevati (basti pensare che il diserbo a mano di 1 ettaro di risaia comporta 450 ore di lavoro l‘anno contro meno di 10 ore l’anno richieste dal diserbo chimico).
Bio è sostenibile sul piano ambientale: è falso poiché se con una decisione sciagurata si decidesse di elevare tali agricolture a uniche agricolture a livello mondiale il risultato sarebbe che si dovrebbero raddoppiare le terre coltivate con effetti ambientali catastrofici (addio boschi e praterie). Siamo infatti parlando di una tecnologia che produce se va bene il 50% in meno di quella convenzionale, per cui i conti sulle necessità di suolo sono presto fatti. 
Bio combatte i cambiamenti climatici: è falso. Se si fosse tradotto in legge il sogno di tutti i seguaci del bio e cioè quello di fermare le tecnologie in agricoltura a quelle in uso negli anni ‘60, per soddisfare l’aumento di domanda indotto dal passaggio dai 3 miliardi di abitanti del pianeta del 1960 agli oltre 7 miliardi odierni gli arativi sarebbero dovuti passare dagli 1,5 miliardi di ettari attuali a 3,2 miliardi di ettari e le emissioni annue del settore agricolo sarebbero salite dagli 1,4 miliardi di tonnellate di carbonio attuali a ben 6 miliardi, secondo stime effettuate da Burney et al. (2010).
Bio è naturale perché valorizza le varietà antiche: le varietà antiche sono le uniche in grado di essere gestite con le tecnologie antidiluviane adottate in ambito Bio. Se tali tecnologie fossero applicate a varietà moderne (più esigenti in termini di nutrizione, irrigazione e difesa) il risultato sarebbe il fallimento completo delle colture.


Alcune deduzioni
A fronte degli elementi problematici sopra esposti osserviamo attoniti che la moda del bio viaggia a gonfie vele. A Milano stanno sorgendo catene di supermercati specializzati in tale segmento di mercato e non è raro che ad essi il Corriere della Sera dedichi pagine intere. Spiace anche che come propugnatori di tale forme di agricoltura troviamo non solo persone del tutto prive di competenze agronomiche come il Ministro delle Politiche agricole Martina ma anche giovani laureati che almeno in teoria dovrebbero essere più critici e aperti all’innovazione e. Ad esempio a pagina 9 del Corriere Milanese del 6 gennaio nell’articolo “Coltivare un orto bio a distanza: tutti contadini grazie a una app“ a firma di Stefano Landi (qui) scopriamo che tre giovani laureati (un fisico, un economista e un ingegnere gestionale) hanno sviluppato una app che consente ai consumatori di porsi in contatto con orti bio seguendo le coltivazioni e acquistando i prodotti. Il prototipo di orto è tanto per cambiare presso l’azienda di Giulia Maria Crespi, nella periferia sud di Milano ove si pratica il biodinamico.
Ai giovani laureati di cui sopra vorrei ricordare che per ragionare in modo corretto di agricoltura occorre acquisire un minimo di competenze agronomiche in tema di miglioramento genetico, nutrizione dei vegetali e difesa delle colture dai loro nemici (malerbe, funghi, insetti, …). Senza questo bagaglio culturale di base (che si acquisisce in un corso di agronomia generale e che il mondo urbano ritiene a torto del tutto superfluo) si finisce per forza irretiti dalle sirene alla moda.
Penso allora che occorra tornare a pensare con la propria testa per smontare le sovrastrutture dettate dall’ideologia e tornare a cogliere che:
l’agricoltura è attività biologica per eccellenza in quanto sfrutta la fotosintesi per produrre cibo e altri beni di consumo, in agricoltura non importa come produci ma importa che alla fine il tuo prodotto risponda ai requisiti qualitativi previsti dalle normative vigenti. Da questo punto di vista è eticamente scorretto indicare ai nostri concittadini i prodotti biologici come prodotti più sicuri in quanto la sicurezza è una cosa seria e non può essere che frutto di un sistema di controlli efficiente e indipendente rispetto al produttore additare come obiettivo per il futuro forme di produzione agricola antiquate è eticamente riprovevole (come lo fu in passato il luddismo) in quanto in grado di portare al dilagare delle carestie a livello mondiale, specie nei paesi in via di sviluppo.
È riprorevole usare slogan che ammantano tali tecnologie antiquate di un’aura di sostenibilità additandole come sistemi atti a “salvare il pianeta”.
È necessario riaffermare che la piena sostenibilità dell’attività agricola può essere perseguita unicamente attraverso l’uso delle migliori tecnologie oggi disponibili nel campo delle tecniche colturali (agricoltura conservativa, difesa integrata, agricoltura di precisione, aridocoltura, ecc.) e della genetica (OGM e non solo). E’ proprio con l’ausilio di tali tecniche che è possibile pensare in futuro a ridurre l’impiego dei mezzi chimici, che restano comunque insostituibili in ambito agricolo come lo sono in medicina umana.

Conclusioni
Purtroppo le considerazioni che ho sinteticamente riportato non trovano spazio sui grandi media, che anzi arrivano addirittura a promuovere i propugnatori delle tecnologie bio ad “eroi culturali” (una sorta di riedizione in chiave post-modern dei sovietici “eroi del lavoro”).
In tal senso trovo emblematico l’articolo “Eroi culturali della sostenibilità. Salvare il pianeta in 17 scatti” (Corriere della sera, 30 novembre 2017 - qui) in cui si promuove il Calendario Lavazza 2018. E qui si scopre che il prototipo di “Eroe culturale” è nientemeno che Carlo Petrini, perché fautore di un’agricoltura sostenibile, di un’economia giusta e di una realtà che rispetti l’ambiente e le persone. Continuiamo a farci del male!
 

Bibliografia  
Burney J.A., Davis S.J., Lobell D.B. 2010. Greenhouse gas mitigation by agricultural intensification, Proceedings of the National Academy of Sciences, 107, 12052-12057
Frank et al., 2011. Epidemic Profile of Shiga-Toxin–Producing Escherichia coli O104:H4 Outbreak in Germany, The New England Journal of Medicine, 365, nov. 10, 1771-1780.
Freshplaza, 2015. "Non crediamo in bio": Altroconsumo mette frutta e verdura biologica sotto la lente d'ingrandimento, http://www.freshplaza.it/article/76735/Non-crediamo-in-bio-Altroconsumo-mette-frutta-e-verdura-biologica-sotto-la-lente-dingrandimento
Smil V., 2012. Nitrogen cycle and world food production, World agriculture, http://vaclavsmil.com/wp-content/uploads/docs/smil-article-worldagriculture.pdf 





Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.

108 commenti:

  1. Buongiorno, sono un sostenitore del biologico e per questo spesso non sono in accordo con i vostri articoli. Tuttavia vi leggo sempre con interesse perché riconosco la vostra competenza e passione. Dico questo per far capire che non è mio intento fare polemica.

    Ha scritto che i prodotti fitosanitari usati nel bio sono antiquati e non privi di danni per la natura. Sarebbe corretto dire che sono comunque meno dannosi dei prodotti chimici moderni oppure no?

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    1. Sono d'accordissimo con Lei e con le mie modeste competenze di perito agrario affermo che i prodotti fitosanitari consentiti nel biologico non possono essere affatto considerati più nocivi per la salute e per l'ambiente di quelli organici di sintesi, derivati dal petrolio! Attendo anch'io la risposta dell'autore dell'articolo.

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  2. Grazie Luigi per tuo sintetico ed un poco ‘accorato’ giudizio , per niente facile.
    Ritengo che sia utile, come ben hai fatto, sottolineare alcuni aspetti, non ti era possibile di più. Tuttavia, l’argomentazione e’ straordinariamente articolata e soprattutto l’AGRICOLTURA’ senza aggettivi, deve ‘guardarsi indietro’ per procedere meglio.
    Il termine ‘biologico’ e’, come ben conosci, quanto mai inappropriato e, a mio parere già superato. Insomma DOBBIAMO FARE MEGLIO subito, una necessità non procrastinabile, senza ‘conferire’ etichette ma onesta attività agricola. Un caro saluto

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  3. Matteo

    Non puoi vedere solo una faccia della medaglia in un fitofarmaco, esso deve essere men tossico possibile (ma la tossicità non la puoi mai eliminare la puoi solo rendere quasi nulla alle dosi omologate per l'uomo e sopportabile per gli organismi non bersaglio), ma deve essere anche efficace (ecco l'altra faccia della medaglia). Inoltre non puoi parlare al plurale in quanto ogni fitofarmaco va valutati singolarmente, al limite anche all'interno della stessa categoria. (es. DDT e Aldrin o dieldrin, ambedue organoclorurati sono agli antipodi per la tossicità per l'uomo) Ora i prodotti usati in biologico hanno prima di tutto ben poco di naturale e non sono sicuramente anodini, solo che peccano molto in efficacia e in persistenza. Quindi in presenza di attacchi parassitari virulenti devo irrorare più e più volte. Mi pare che sia lapalissiano che se io irroro una sola volta con un prodotto nocivi per le api (neonicotinoidi) faccio molti meno danni che se irroro 5 volte con delle piretrine che sono ammesse in biologico pur essendo nocive per le api, ma che sono dilavate anche dalla rugiada.
    Credi a me Matteo la tua giusta esigenza di agricoltura ecocompatibile è anche la mia, solo che come agronomo che ha vissuto sul campo so che non c'è bisogno di usare il metodo biologico per essere ecocompatibili, anzi è l'inverso in quanto occorre coltivare il doppio della superficie. La regola aurea è quella di usare professionalmente i prodotti a nostra disposizione: non è non concimando che salvaguardi l'ambiente ma distribuire i concimi solo ed unicamente in funzione dei bisogni accertati analiticamente, non è che non sia possibile salvaguardare l'ambiente se io uso un fitofarmaco bandito dal metodo biologico se io valuto a priori la pressione parassitaria e professionalmente decido che quel parassita per adesso fa danni sopportabilissimi e quindi evito di usare il pesticida, io salvaguardo l'ambiente se valuto come colpire il parassita nel momento del suo ciclo che lo rende più debole. Io rispetto totalmente l'ambiente se uso i neonicotinoidi nella concia delle sementi invece di irrorare un ettaro in piena aria con una soluzione di neonicotinoidi. Credimi Matteo non esiste uno che è uno che parla di ecosostenibilità ambientale dell'agricoltura che conosca a fondo che cosa sia l'agricoltura professionale. Sono solo degli imbonitori di piazza cominciare da Petrini da Greenpeace e da quasi tutti i movimenti ambientalisti radicali.

    Matteo ma come puoi accettare il business delle lobby del biologico che ti pubblicano delle statistiche vere per carità, ma che sapendole leggere ci si accorge che il 770 della superficie a biologico lo è solo formalmente in quanto non produce cibo. Perchè non chiedi che siano pubblicate delle statistiche con dichiarate le superfici certificate (che quindi dovrebbero essere - qui il condizionale è d'obbligo - coltivare secondo il protocollo biologico) e le corrispondenti produzioni ricavate. io le chieste direttamente al Non-Ministro Martina...col cavolo che mi ha risposto e tanto meno ha dato ordine di evidenziare le produzioni ottenute. Ma puoi porre la tua fiducia in un settore che importa il 75% del materia prima che serbe fare il cibo biologico dei consumatori italiani ai quali viene richiesto il doppio o il triplo del prezzo di un cibo convenzionale totalmente sicuro per la salute. E' UN IMBROGLIO, CREDI A ME. LO GRIDERO' FINCHE' MI LASCIANO SU QUESTA TERRA.

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    1. Innanzitutto grazie per la risposta. Ammetto di non avere le competenze per valutare gli aspetti più pratici e concreti legati all'utilizzo dei prodotti fitosanitari. L'unica arma che ho è provare a riflettere.

      Per cui (ripeto, sempre senza intento polemico ma per cercare di capire meglio) avanzo qualche obiezione alla tua argomentazione.

      1) Chiarissimo il discorso sulla quantità dei trattamenti, ma quando acquisto un prodotto come posso sapere quanti ne sono stati fatti? Posso solo ragionare sul fatto che l'agricoltore, bio o convenzionale, cercherà di trattare il meno possibile per contenere i costi.

      2) Questa è probabilmente l'obiezione più importante: alcuni studi hanno dimostrato che i residui di sostanze chimiche nelle urine sono sensibilmente inferiori dopo il consumo di frutta e verdura bio. Il più autorevole mi pare quello della School of Allied Health Sciences su oltre 4.500 persone di sei città tra il 2010 e il 2012. Alcune di queste sostanze hanno effetti negativi sulla salute. Certo sono presenti entro i limiti di legge, ma mi pare comprensibile la scelta di provare ad evitarle del tutto acquistando bio.

      3) La preoccupazione per l'utilizzo di maggiori porzioni di suolo è assolutamente corretta. Tuttavia in un mondo in cui più della metà delle terre coltivate sono destinate ai mangimi per gli allevamenti intensivi mi pare che ci sia un modo migliore per risolvere il problema: ridurre il consumo di carne e convertire quei terreni alla coltivazione per l'uomo o ad aree boschive. Ne beneficerebbe anche la salute. (Preciso anche che non sono né vegetariano né vegano, la carne mi piace ma per i miei scrupoli sulla salute e sull'ambiente preferisco non mangiarla più di 1/2 volte al mese).

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  4. Marino Mosconi Agricoltore10 gennaio 2018 alle ore 18:38

    Condividere non basta. Da stampare e affiggere vicino al calendario.

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  5. Bellissimo articolo, al quale aggiungo con rammarico che al mondo dei fautori della biodinamica non solo legati soltanto "giovani laureati", ma anche persone che all'Università ricoprono delle cattedre.
    Ne sono esempio tra i tanti "convegni" e corsi simili a questi: http://www.biodinamica.org/corso-di-agricoltura-biodinamica-ii-livello/

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  6. Matteo

    Dato che ho parlato di imbroglio per il mondo del biologico, è giusto che lo motivi. Per farlo ecco cosa ho scritto in altro blog.
    http://www.olioofficina.it/societa/incursioni/signori-questa-e-la-realta-del-biologico!.htm

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  7. Tutto questo ragionamento non tiene conto della possibilità di non sprecare cibo (ne buttiamo il 30% di quello che compriamo), della possibilità di ridurre il consumo di carne per riutilizzare i terreni per produrre cibo per esseri umani e non foraggio per animali e soprattutto eliminare le MONOCOLTURE, che sono la vera causa dell'utilizzo indiscriminato dei pesticidi. Caro Dottore, lei ragiona ancora in chiave dualistica, causa/effetto, ma in una ottica olistica, si tende a prestare attenzione al terreno e non alla pianta, la pianta cresce sana se il terreno è sano. Su un substrato inerte, dove si coltivano zucchine 11 mesi l'anno e per un mese poi si sterilizza tutto, non c'è vita, non è un terreno, ma è appunto substrato inerte sul quale trapiantare una pianta di zucchina già trattata e poi fatta crescere con "flebo" di elementi chimici per via radicale e aerea. Vada a trovare le persone che vivono in mezzo ai vigneti del prosecco, ai vivai pistoiesi, ai meleti della Val di Non, alle serre di zucchine e pomodori della pianura pontina ecc ecc ... si faccia raccontare da loro che "aria" respirano... http://www.lescienze.it/news/2017/11/14/news/potenziale_agricoltura_biologica_scala_globale-3753508/

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  8. Vorrei capire su che basi scrivete certe fandonie!!!
    Voi sostenete che il bio è una presa per i fondelli cosi come chi lo sostiene. Bene io lo sostengo per alcuni motivi:
    1) la chimica in agricoltura ci sta uccidendo!lo dicono scienziati, non io che non lo sono, io posso solo confermare le statistiche CON DATI DI FATTO relative a persone che mi stanno intorno e che di agricoltura CHIMICA stanno morendo!!!
    2) scrivete che grazie al chimico si produce meglio e in più quantità. NULLA DI PIÙ FALSO. com il chimico si produce ( forse più ortaggi per metro quadro), per far precipitare il prezzo di vendita (del cobtafino), salvo poi gettare in discrica il 30% forse 40 a fine filiera!! Senza cobtare i costi ambientali. In trentino vi sono il 40% delle falde inquinate da pesticidi cari gliphosate in testa....
    Abbiamo in italia gradissime estensioni di terreno incolte, non per via della mancanza di manodopera o di imprenditori, ma per via della antiecomicità della coltivazione, per via dei prezzi stracciati dell'agroindustria chimica...
    Potrei continuare, ma si che non permetterete che Queste mie affermazioni vengano pubblicate sulla vistra pagina quindi.
    Saluti!!!

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  9. Renato
    Quale la soluzione? Siamo già deficitari del 50% del nostro fabbisogno alimentare e quindi tu proporresti di coltivare tutto biologico e quindi saliremmo all'80% di dipendenza.

    "Su un substrato inerte, dove si coltivano zucchine 11 mesi l'anno e per un mese poi si sterilizza tutto, non c'è vita, non è un terreno, ma è appunto substrato inerte sul quale trapiantare una pianta di zucchina già trattata e poi fatta crescere con "flebo" di elementi chimici per via radicale e aerea"

    Si produce un prodotto perfettamente sano (le analisi lo testificano) con gli stessi principi nutritivi di quelli che sono coltivati in pieno campo in estate e anche qui le analisi lo confermano. Il prodotto si vende ed infatti le colture protette aumentano di superficie. Tu sei solo libero di non compralo, ma non di impedire un'attività economica e nessuno ti ha ha dato la facoltà di farlo ...salvo che un cervello come il tuo, permeato da ideologia ambientalistica radicale, si arroghi il diritto di farlo. Ma allora dovevi nascere prima e trasferirti nell'URSS di Stalin.

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  10. Mariani continui ad occuparsi di storia all'università perché di come funziona l'agricoltura biologica moderna non ha capito nulla. Un docente universitario che usa la parola pesticidi poi si qualifica da solo.....e dica al suo degno maestro Guidorzi (che continua ad annaspare nella nebbia) che per certe patologie in bio non si tratta nemmeno più, infatti ci sono varietà resistenti, lotta agronomica e spesso una ripopolazione della fauna predatrice degli insetti dannosi....solo per dirne alcune. Purtroppo l'ignoranza è il male peggiore da curare per certi individui.....urlate senza fine contro il bio che il popolo è sempre più sordo grazie a Dio

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    1. Innanzitutto vieni qui da anonimo (quindi ti mancano i coglioni di metterci la faccia in una discussione), ma questo rientra nella questione che il coraggio non si compra e la pusillanimità è gratis. Infatti ne n'è un altro appena sopra di te che porta argomentazioni ridicole.

      Detto questo vediamo quale contributo hai dato: 1° vi sono varietà resistenti? Solo che vi servite di quelle prodotte in convenzionale e non lo dite ai consumatori quando vendete loro il prodotto. La conosci almeno la varietà di frumento Renan che si usa in biologico? Ebbene sappi che è un vero è proprio OGM scientifico, ma questo non lo dite al consumatore. 2° lotta biologica è solo un 5% di tutta la lotta praticata purtroppo ed è pratocata in maggioranza da coltivatori convenzionali che praticano la lotta integrata e anche loro valutano l'inoculo prima di trattare,inoltre la produzione dei fattori di lotta biologica è appannaggio per il 90% proprio delle multinazionali della chimica , 3° "una ripopolazione della fauna predatrice degli insetti" dannosi.."? portami nome cognome e luogo e coordinate di chi la pratica altrimenti sei un quaraquà che cita solo frasi ad effetto. Io conosco un solo esempio ed è quello dell'Adalia bipuncata, solo che la sua introduzione ha causato più danni che benefici in quanto è diventata invasiva. L'ignoranza agronomica regna in te!!!!

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    2. Non ruota tutto intorno al grano apra quella mente ottusa Guidorzi....mai sentito parlare di colture arboree e orticole per esempio?? Si appiglia come sempre a qualche lembo delle risposte altrui partendo per la tangente con le sue elucubrazioni antibiologiche per partito preso!! Conosce un solo esempio di insetto predatore???....è già qualcosa, prima sembrava ignorarne l'esistenza; sta migliorando, ma se si applica e magari approfondisce i suoi studi (invece di stare sempre su internet a promuovere la chimica) vedrà che ne scopre qualcun'altro. Si fermi a riflettere ogni tanto e faccia un bel respiro con aria possibilmente poco inquinata....magari lontano da un'area industriale, nei pressi di qualche bella azienda biologica, ce ne sono sempre di più e lei ne ha visitate davvero poche (e male) mi creda, diversamente non sparerebbe certe sentenze preconfezionate e anche molto scontate!

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    3. Mister Vigliaccheria,

      Io per tua norma e regola scrivevo di biocontrollo quando tu avevi ancora la bocca che sapeva di latte https://agrariansciences.blogspot.it/2016/12/il-biocontrollo-dei-parassiti-in.html

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    4. Mister so tutto io,
      leggo articoli solo di persone intellettualmente oneste e quindi preferisco declinare l'invito al solito articoletto di propaganda antibiologica suo o del solito ristretto club di amichetti pro chimica a prescindere. Continua a divincolarsi sugli specchi pur di aver ragione senza nemmeno ascoltare il suo interlocutore, interpretando tutto a modo suo pur di dirigere la discussione al suo unico obiettivo: aver ragione sempre senza nemmeno farsi scalfire dall'idea del dubbio! Lei Guidorzi, come tutte le persone notoriamente più intelligenti, ha solo certezze e sempre ragione! È un principio matematico il suo e io la lascio volentieri nella sua aurea di perfezione, solo che oltre alla bocca aromatizzata al latte ho 15 anni di esperienza in agricoltura integrata e quasi 20 in agricoltura biologica....inoltre tutt'ora fequento entrambe le tipologie di aziende quindi non riesco a stare zitto e le illustro una sola ultima cosa poi non perdo più tempo!!! La mia replica è partita da una delle sue tante polemiche ad effetto sul bio che però dal lato pratico sono come sempre molto opinabili: in bio si ripetono spesso i trattamenti perché i prodotti hanno effetto blando e quindi meglio un trattamento solo di chimico da lotta integrata e problema risolto con minor (presunto!) impatto ambientale. Io le dico che a volte in bio il trattamento non si fa neppure per diverse ragioni, tra cui la presenza di predatori dell'agente patogeno. Di qui lei parte presupponendo una lotta biologica con insetti liberati nell'ambiente con scarsi risultati o addirittura conseguenze negative. Intanto il suo assioma non considera che in bio sono a disposizione sempre più mezzi e sempre più efficaci, poi nello specifico è sbagliato in partenza ed è addirittura incosistente, perché non tiene nemmeno conto del caso a cui facevo riferimento che a questo punto le vado a dettagliare onde evitare ulteriori vacue elucubrazioni da parte sua!Io mi riferivo agli afidi in arboricoltura e mi spiego per quello che vedo: in integrato viene eseguito un intervento a calendario in prefioritura e quasi sempre anche a caduta petali. In biologico ci sono moltissime aziende che dopo i 3 anni di conversione grazie allo ristabilirsi di certi equilibri (vedi ripopolamento insetti predatori...senza bisogno di lanciarli nell'ambiente!) non hanno più bisogno di trattare gli afidi e solo nelle piante in allevamento mantengono un attento monitoraggio intervenendo solo ed esclusivamente al bisogno. Sono due trattamenti in integrato fatti sulle piante in produzione e zero in biologico, punto!!! Le dirò di più perché conosco e affianco tanti tecnici di lotta integrata....questi agronomi hanno molte aziende (e sempre più burocrazia da seguire) per cui fanno spesso trattare a prescindere al minimo dubbio (e a volte anche senza troppa ragione) per due motivi molto semplici: hanno un tornaconto indiretto (purtroppo a volte anche diretto) dalla vendita degli antiparassitari e inotre si parano le spalle da beghe e possibili cause da parte degli agricoltori. In bio si interviene spesso anche con molti mezzi alternativi alla chimica (che è comunque una chimica naturale e lo sottolineo con forza!) e solitamente parliamo di agricoltori più formati e aggiornati, abituati a lavorare in prevenzione sulle patologie più invalidanti (le varietà resistenti sono e saranno sempre di più, sul melo ad es. siamo molto avanti!), consapevoli che oltretutto una piccola percentuale di danno non sempre giustifica interventi...questo è quello che vedo io girando in campagna in entrambe le realtà da molto tempo. Concludo dicendo che il bio non è la panacea di tutti i mali e soprattutto non è un'agricoltura per tutti, bisogna crederci e saperla fare....però attualmente fornisce ai consumatori un prodotto senza residui chimici di sintesi ottenuto con un minor impatto sull'ambiente, per quanto molti urlino "alle streghe".

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    5. Il biologico corre solo tre grandi pericoli: lo sfruttamento economico speculativo, una conseguente eccessiva diffusione senza formazione pregressa e i continui attacchi dagli amanti della chimica (agricoltura molto più facile) a prescindere dalle conseguenze ambientali che vengono anche negate o addirittura ribaltate ridicolmente a favore!!! Per il resto nessun sistema è perfetto, i furbi o quelli che non stanno alle regole ci sono in bio come in integrato e mi auguro abbiano vita breve....tutti i sistemi piuttosto sono perfettibili! Guidorzi lei è solo un estremista e con gli estremismi non si va da nessuna parte.....viva e lasci vivere, gli unici che hanno diritto ad arrabbiarsi sono quelli che pagano le conseguenze di un clima malato e di un ambiente inquinato senza aver contribuito minimamente a renderlo tale! Punto e chiuso....non replicheró più a prescinere per le ragioni espresse inizialmente alle sue considerazioni e perché ritengo non meritino il mio tempo! Quando in Europa moriremo di fame per colpa del bio ritornerò ad ascoltarla; per ora stiamo morendo di ben altro!!!!

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    6. Agricoltura più facile con la chimica?
      Quale chimica, quella del rame e dello zolfo?
      Quella dei nitrati rilasciati dal concio per decenni estate e inverno?
      Per chi la chimica non l'ha mai studiata può darsi.
      Per tutti gli altri speriamo che alle affermazioni (di smetterla) seguano i fatti

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    7. Da tutta questa polemica non poteva mancare il solito riferimento al ... clima malato"! Fantastico davvero.

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  11. Condivido l’errore di una distinzione manichea biologico sempre buono, convenzionale sempre cattivo, perché in effetti le cose sono più complicate, e biologico e sostenibile non sono sinonimi. Tuttavia penso che nella maggioranza dei casi la conversione al biologico o quanto meno la sostituzione per quanto possibile della chimica rappresenti un passo nella direzione della sostenibilità complessiva, perché si tratta di disperdere meno inquinanti nell’ambiente, non solo in fase di produzione agricola ma anche nelle fasi precedenti di fabbricazione delle molecole. Non è sempre possibile farlo, la chimica per ora ci serve e non va criminalizzata, ma l’obiettivo di usarne sempre di meno e sempre meno inquinante è valido. Con buona pace dei lodatori del tempo andato, la chimica che si usava in agricoltura 50 anni fa era molto, ma molto peggio di quella attuale. E la mancanza di consapevolezza degli operatori ha letteralmente ammazzato parecchie persone. Oggi la situazione è molto più controllata, ma gli eccessi ci sono ancora e non vanno giustificati ma criticati, perché questo processo virtuoso possa segnare ulteriori passi avanti.
    Il concetto che, siccome il biologico produce meno, per soddisfare le esigenze alimentari bisognerebbe aumentare le terre arabili non lo condivido, per svariati motivi.
    1. Non esiste penuria di cibo nel mondo, ma solo cattiva distribuzione, e molto spreco. La popolazione denutrita non è tale perché manchi il cibo, ma perché non ha i soldi per comprarlo o la terra per produrlo. La prova è che la produzione di prodotti non-food dalla terra è in costante aumento. Biocombustibili, biomasse per la produzione di biogas e di calore etc.
    2. Distinguerei i settori ortofrutticolo e viticolo dalle grandi colture cerealicole e oleaginose. Nel primo caso non è affatto consolidato il fatto che il biologico produca di meno. Di certo col biologico è difficile fare 1000 quintali per ettaro di uva da tavola, ma ad esempio per un’azienda vinicola che produce vini di qualità una volta consolidata la conversione non c’è un sostanziale calo di produzione, e lo stesso vale per orti e frutteti. C’è più lavoro, questo sì. Nelle colture di pieno capo è molto più probabile che il calo ci sia, soprattutto per cereali come il grano e il riso che si avvantaggiano molto sia del diserbo chimico che della concimazione minerale azotata in copertura. Però innanzi tutto, e qui concordo con Mariani, l’idea che si possa coltivare tutto il grano e il riso in biologico allo stato attuale è pura utopia, quindi mi pare che il problema non si ponga proprio; non vedo però cosa faccia di male al mondo chi cerca di farlo. Fossero pure dei sognatori (e io non credo che sia una definizione corretta, se non per alcuni) questa acredine nei loro confronti non la capisco. E’ chiaro che i prodotti, soprattutto questi prodotti, costano di più. Questo aumenta la catena del valore, il PIL, l’occupazione lo sviluppo dei circuiti di economia locale. Nessuno è obbligato a comprarlo, il biologico, c’è spazio per tutti. Il cibo oggi costa molto poco, forse troppo poco. Come mi diceva tempo fa un agricoltore, 50 anni fa un quintale di grano valeva quanto un paio di scarpe, oggi ce ne vogliono cinque quintali. SEGUE

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  12. 3. Il fabbisogno di terra arabile dipende in larga misura dal modo in cui gli uomini si alimentano. Più carne uguale più terra e meno salute, sia per l’uomo che per l’ambiente, per essere molto basici. Lungi da me il veganismo, ma il problema di cosa mangiamo esiste e ha riflessi molto chiari sull’utilizzo della superficie agricola. Una “seconda rivoluzione verde” di segno non opposto, ma diverso dalla prima dovrebbe avere più attenzione ad aspetti qualitativi (in senso lato) che la prima ha trascurato.
    4. I fertilizzanti chimici, soprattutto quelli azotati, hanno impresso una svolta produttiva. Nell’agricoltura tradizionale la fertilizzazione si basava sulle deiezioni animali (letame). Ora ci troviamo ad avere zone per le quali i nitrati prodotti dalla zootecnia rappresentano un rifiuto speciale (e questo è collegato alla concentrazione del bestiame e quindi funzione ad esempio del fatto che la carne costi relativamente poco…) mentre altre zone buttano tonnellate di nitrati di produzione industriale sui campi, entrambi contribuendo alla produzione di gas serra e all’inquinamento delle falde, e questo è un evidente controsenso. In questo caso dò ragione a Petrini, un modello produttivo per cui quella che era una risorsa diventa un rifiuto ha qualcosa che va ripensato.
    I valori nutrizionali del biologico non sono più alti? Innanzi tutto non è per i “valori nutrizionali” che si sceglie il biologico. Si sceglie per l’assenza di residui di sostanze chimiche, che nella maggioranza dei casi sono innocui per la loro bassa concentrazione, ma comunque sono state immesse nell’ambiente nel processo produttivo e comunque la percezione del consumatore è che i prodotti sono più sani. Un latte di vacche al pascolo è molto più ricco di omega tre rispetto a un latte di vacche stabulate e alimentate con mangimi secchi. Ora può anche essere che nel secondo caso sia un latte “biologico” e nel primo no, ma è più facile il contrario. Lo stesso vale per galline che razzolano o stanno in gabbia. Quindi per favore nessuno venga a dire che il modello produttivo non incide sui valori nutrizionali, perché non è vero. Che poi questo non si traduca sempre e automaticamente in una superiorità nutrizionale del biologico è un altro discorso.
    Infine, è risaputo che le intossicazioni alimentari dipendono quasi sempre da alterazioni microbiologiche e quasi mai da residui chimici, e ha fatto bene Mariani a ricordarlo, ma onestamente non credo che questo c’entri qualcosa con la dialettica biologico-convenzionale. Non è che il prodotto “convenzionale” sia al riparo da questo tipo di contaminazioni. In effetti si potrebbero citare molti casi in cui all’origine del problema sono stati vari prodotti industriali.

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    1. Maurizio hai fatto un elenco di questioni di principio condivisibili, tuttavia per argomentare ti sei fatto trascinare da fatti che meritano approfondimenti:

      1° " Biocombustibili, biomasse per la produzione di biogas e di calore etc.", ma chi ha voluto tutto ciò non certo chi ha un concetto alto dell'agricoltura come me, bensì è stato l'ecologismo radicale e scelte energetiche demenziali.

      2° il tuo punto 2 è solo una frase fatta finchè le statistiche del biologico non ci riporteranno, unitamente alle superfici certificate, le conseguenti produzioni ricavate e pure certificate in quantità e qualità soprattutto (ma con dati analitici ricavati da terzi). Circa la dichiarazione delle produzioni vi è il netto e reiterato rifiuto a farlo in quanto risulterebbe evidente lo scandalo per cui il 75% della superficie certificata non produce cibo, ma solo accaparramento di denaro pubblico. Mi spiego: che significato ha certificare come condotte biologicamente delle superfici a foraggere, dei prati pascoli, dei pascoli magri, degli incolti? Guarda quanti vigneti, agrumeti e oliveti sono dichiarati biologici in Sicilia e Calabria per favore! Ebbene sappi che la metà o più di questa superficie non produce ne vino, ne olio e tanto meno agrumi in quanto sono dismessi da tempo. Suvvia se fossi coerente ti aggiungeresti a me per reclamare anche le statistiche delle produzioni biologiche e non solo le superfici. Da parte mia non vi è nessuna acredine con chi produce e coltiva in biologico, in fin dei conti è un imprenditore agricolo che cerca di rispondere ad una domanda per cercare di guadagnare di più. Non ho neppure nulla contro il consumatore di biologico in quanto paga di tasca propria. Ho invece il massimo disprezzo per la "manomorta" che sta sopra a produttori e consumatori e ci sguazza. E’ mai possibile e soprattutto credibile che i certificatori del biologico siano dei privati (ben 18 che si fanno concorrenza accanita tra loro) che fanno i carabinieri verso coloro che li pagano? Non è come mettere a guardia del formaggio il gatto? Tra l’altro il nuovo regolamento prevede che si possa produrre biologico fuori suolo e che i controlli obbligatori avvengano almeno una volta ogni due anni. Un carcere senza secondini vistato una volta ogni due anni credi che lo trovino ancora pieno?

      3° Per favore documentati perchè la FAO ha appena affermato che gli allevamenti intensivi concorrono alla produzione di carne per solo il 15%, mentre per 85% la carne è prodotta al pascolo in terreni in cui il buon Dio tutti gli anni fa crescere l'erba e se non ci fossero dei bovini che la mangiano si seccherebbe e marcirebbe.

      4° ma chi è stato che ha fatto la legge per cui un allevamento ha bisogno di un tot di terra agricola su cui spargere i liquami, io certamente no, in quanto so per esperienza che un allevatore intensivo non è sicuramente un agricoltore professionale. Indipendente dal fatto che la tua considerazione è datata perchè ormai i liquami sono materia prima per impianti di produzione di energia.

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    2. Seconda parte:

      5° Tu dici "Si sceglie per l’assenza di residui di sostanze chimiche, che nella maggioranza dei casi sono innocui per la loro bassa concentrazione, ma comunque sono state immesse nell’ambiente nel processo produttivo e comunque la percezione del consumatore è che i prodotti sono più sani." Ma ti rendi conto che fai affermazioni dimenticando o non sapendo che i dati dicono il contrario (il rame non è innocuo e tutti dicono che si dovrebbe abolirne l'uso, ma si continua ad usarlo in quanto la lobby del biologico sa bene che metterebbe a culo scoperto gli associati, cosa ne dici dell' azaridactina? Cosa ne dici delle piretrine sulle api. Tutti i dati dicono che tra agricoltura convenzionale e biologica la mancanza di residui è presente per il 57,5% nei campioni di derrate convenzionali e per l'80% nei prodotti derivati da agricoltura biologica. Ti pare che la tua affermazione sopra si attagli a questo stato di cose? Tu dici: ma i consumatori ci credono! Mi compiaccio per la tua bella constatazione perché mi sovviene di tutti i risparmiatori che hanno perso i loro soldi perché hanno creduto alle banche. Se gli amministratori delle banche sono stati dei criminali, non ti pare che chi vende cibo biologico al doppio del prezzo solo perché la gente crede che sia superiore siano almeno “cugini” di quegli amministratori?

      Altra tua affermazione: "Quindi per favore nessuno venga a dire che il modello produttivo non incide sui valori nutrizionali, perché non è vero" portami dati per favore altrimenti anche tu rientri nella categoria dei quaraquà. Io invece i dati li ho e derivano da fonte degna che è l'Accademia dell'agricoltura di Francia e fra poco uscirà un articolo su AS che li mostrerà.

      Terza ed ultima tua affermazione; "Non è che il prodotto “convenzionale” sia al riparo da questo tipo di contaminazioni. In effetti si potrebbero citare molti casi in cui all’origine del problema sono stati vari prodotti industriali."
      Certo che finchè il biologico prodotto in Italia è il 2% della superficie (voglio sempre vedere le produzioni ponderali però) ed il 98% è convenzionale la tua affermazione trova riscontro, ma ci risentiremo quando e se il biologico produttivo arriverò al 20%, cosa che se succederà mostrerà in tutta la sua fallacità l'aver dato sfogo ad una manomorta.


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  13. Salvatore Ceccarelli11 gennaio 2018 alle ore 18:12

    Consiglierei di leggere anche questi:

    Tomlinson I 2013. Doubling food production to feed the 9 billion: A critical perspective on a key discourse of food security in the UK. Journal of Rural Studies 29: 81-90

    Muller et al 2017. Strategies for feeding the world more sustainably with organic agriculture. Nature Communications 8, Article number: 1290.

    Il secondo e' appena e' uscito e forse e' sfuggito a qualcuno

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  14. complimenti per il coraggio di pubblicare un articolo così! Sono d'accordo sulla falsità del sistema di produzione e certificazione bio che favorisce la redditività di imprese dell'indotto come lo è sempre stato per i prodotti di difesa e nutrizione convenzionali! il vero problema è cmq l'inutilità di continuare a produrre per finalità economiche con un sistema di filiera per manipolare il consumo di schiere infinite di consumatori che andrebbero educati all'autoproduzione responsabile o a sostenere agricoltori colti sul tema della biodiversità e della fertilità dei terreni!

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    1. "sostenere agricoltori colti sul tema della biodiversità e della fertilità dei terreni!"

      Quelle che delinei io la chiamo la "BUONA AGRICOLTURA",solo che deve essere fatta da "buoni agricoltori", mentre ai cattivi non si da modo di rimanere a coltivare.

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  15. Il signore nella foto deve sfamare il mondo o coltivare bulbi nel balcone di casa, qualcosa non quadra!

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  16. Un ennesimo articolo contro il bio. Nessun nuovo argomento di critica, sempre i soliti temi che cercano di arginare un nuovo metodo di vedere l’agricoltura (il bio) relegandolo in uno stereotipo di “vecchio”.

    Oggi finalmente si può vedere come “vecchio” modo di fare agricoltura proprio quello legato alla rivoluzione verde. Un approccio sorpassato in un mondo che cerca nel cibo non solo la quantità al minimo prezzo, ma anche la qualità. Una società che pretende ecologiche anche le auto, figuriamoci il cibo. La rivoluzione verde è stata necessaria. In quegli anni serviva.
    Oggi il mondo è cambiato.

    Non mettiamo alla gogna i ricercatori, anzi, grazie alla ricerca si trovano risposte alle esigenze di una società, E’ solo miope non voler vedere che è proprio la ricerca che si deve adattare a quello che la società chiede in quel momento, che non può arroccarsi su posizioni sorpassate. La ricerca ha creato anche l’eternit, materiale che è stato indispensabile per coprire capannoni e non solo, ma di cui oggi se ne può fare a meno. Oggi vogliamo materiali diversi. Le esigenze sono cambiate e se si riscopre il legno per le costruzioni. Questo non è un ritorno all’antico, ma il risultato di una ricerca scientifica seria che ci permette di utilizzare un materiale come il legno per costruire case di più piani, ecologiche e resistenti ai terremoti. Una risposta ad un esigenza.

    E’ intervenuto in questa discussione anche il professor Salvatore Ceccarelli, che fa ricerca sul miglioramento genetico ma con un approccio diverso. Il suo è un modo innovativo non solo di fare ricerca, dimostra anche una grande eleganza nel modo di intervenire. Silenzioso e non arrogante. Mette un paio di articoli da cercare e leggere. Roba seria, ci vuole la volontà di imparare per cercarli in rete, per leggerseli, per capire che il movimento del biologico ha generato anche questo: una ricerca innovativa, un cambio di paradigma.

    Bravo anche Maurizio attento ad esprimersi, senza ideologia, se ne accorge anche Guidgorzi, ma vuole comunque l’ultima parola.

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  17. Non c’è molto da aggiungere, si potrebbe andare avanti con la discussione per pagine e pagine. si potrebbero argomentare e controbattere punto punto le diverse osservazioni, da una parte e dall’altra,
    Nessuno di noi cambierà idea. Mi piacerebbe solo cambiare i toni, tornare a parlare di libera scelta, di agricoltura, di cibo non di fazioni.

    Mi piacerebbe vedere nuovi argomenti contro il bio. Non il solito “non si può sfamare il pianeta”, “ma si usa il rame”, “i germogli bio che uccidono”, “ci vuole troppa terra”, “ controllori pagati dai controllati”. E’ troppo preparato, Guidorzi, per non sapere in cuor suo che sono argomenti vecchi, già discussi.
    Come in una partita a scacchi sono solo l’apertura, sa quali sono le mosse successive, in cerca di un giocatore che tenga aperta la partita, cercando spettatori per dare risalto al suo articolo, al blog. Non si tratta di ricerca di risposte, ma di audience.

    Mi piacerebbe che non si cercasse a tutti costi di vincere la partita, ma si cercassero punti di contatto, per dare risposte agli agricoltori.
    Se oggi si usano attrezzi innovativi, come gli strigliatori o gli erpici, anche da chi non fa biologico è perché sono attrezzi validi, ed è grazie al boom delle aziende bio che li chiedevano che sono stati perfezionati, Se oggi si usa ancora il rame nel bio (sempre in deroga da 30 anni) è perché la ricerca non ha trovato un alternativa ecologica (non per forza una molecola, ma anche un metodo, gli scienziati siete voi). Se si fanno sovesci verdi per arricchire il terreno è perché il bio ne aveva bisogno e la ricerca ha trovato il mix giusto per ogni esigenza (varietà, densità di semina, tempi etc…) e oggi li fanno non solo i bio.
    Tutte le falle che il sistema del bio oggi ha sono dovute al fatto che in pochi fanno ricerca in questo settore, che in tanti sono felici se questo sistema fallisce. Questo vale dal campo alla burocrazia. Cerchiamo insieme un sistema di controllo diverso, più leggero, meno costoso, altrettanto valido (non pretendo più valido, ma sarebbe anche auspicabile).

    Se non ci fosse un mondo che rema contro forse sarebbe più facile andare avanti.

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    1. Marco 1°

      Marco

      Ero indeciso se risponderti o meno in quanto se consideri i miei interventi come "puntualizzazioni inutili o di uno che vuole essere come l'olio come dicono i contadini" diviene superfluo dialogare perchè sarebbe un dialogo tra sordi, ma di cui uno ha studiato, riflettuto, sbagliato, rivisto, sperimentato e soprattutto sporcato le scarpe a girare in campagna sotto il sole ed a sudare per diciamo 60 anni (e quello sarei io) ed un altro, che saresti tu, che non è che abbia tutte le sue idee chiare, specialmente nel percorrere l'evoluzione dell'agricoltura. Ti rispondo per l'ultima volta e comincio copiando un commento dove esprimo tutto il mio pensare sul biologico e che ho fatto su facebook.

      "Sergio commento da incorniciare il tuo. Dopo avere incrociato le spade (che dico? il bazooka! con Eugenio Zedda che comunque per me resta persona di rispetto indipendentemente dai diversi punti di vista) io ho avuto modo di dire che agricoltori e consumatori hanno tutto il diritto di coltivare come vogliono e di mangiare come vogliono. Gli uni e gli altri rischiano e pagano con i soldi propri. Solo che di mezzo ci sono degli aiuti pubblici presi dalla tasche di tutti e guarda caso pochi vanno giustamente a chi produce cibo biologico e nulla a chi consuma cibo. Purtroppo il meccanismo ha derapato ed è diventato un "mangia tu che mangio anch'io" (per una volta noi italiani nel fare i mariuoli siamo accomunati a tutta l'Europa). Ora questo scandalo, perchè di vero scandalo si tratta, presto o tardi scoppierà e così capiterà che i produttori bio perderanno anche questa nicchia che per ora hanno. Abbiamo una domanda di cibo biologico che cresce a due cifre, ma perchè fin che dura non se ne deve approfittare per dare la possibilità agli agricoltori che vogliono sfruttare il business'? E facciamo in modo che il tutto non venga defraudato da gente che si intromette pur di lucrare (accomuno a ciò la politica europea e nazionale, il Ministero, Le regioni e relativi apparati, AIAB, Sinab, Enti certificatori, Greenpeace e soprattutto Petrini e Slow-food)."

      Detto questo vengo a discutere certe tue idee che hai espresso.

      In premessa dire che il Prof. Ceccarelli fa ricerca sul miglioramento genetico è un bestemmia. Dai suoi scritti si evince solo che ripesca "varietà antiche", dice lui, per riproporle. Non solo ma lascia credere che queste siano esattamente identiche a quelle di 70/100 anni fa, quando invece NON è ASSOLUTAMENTE VERO, in quanto dato che sono giunte fino a noi e nessuno le mantenute nella loro purezza iniziale durante l'obbligata moltiplicazione, queste sono completamente cambiate e pertanto si gioca sul fatto che chi legge non conosce la genetica e confonde denominazione varietale antica con assemblaggio genetico originale antico. Il miglioramento vegetale si fa in altro modo, cioè si creano assemblaggi genetici sempre nuovi e poi si guarda se rispondono alle esigenze del mercato che volenti o nolenti detta i parametri (certo questi parametri con il tempo si possono variare)

      Tu dici:

      1° "Se oggi si usano attrezzi innovativi....."
      Io è da 50 anni che dico, cioè da quando ho sperimentato i primi diserbi, e che erano unici per ogni coltura a quel tempo e quindi non si potevano ruotare, che, dove possibile, occorreva non mettere in soffitta la zappa, la sarchiatrice e la fresatrice interfila (certo non potevo dire andate a zappare il frumento in febbraio in quanto nel frumento le macchine non ci vanno. Dicevo anche di non lasciar andare a seme le piante infestanti ( sia nei campo che nelle scoline) oppure levarle troppo tardi e abbandonarle sul campo o buttarle nella scolina adiacente perchè poi questa si ripuliva con lo scavafossi si reinseminavano i bordi del campo per 5 0 6 metri. Altro che che il biologico ha dato impulso agli strigliatori o agli erpici (l'erpicatira come pratica agricola è vecchia di cinque o sei secoli e più).

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    2. Marco 2

      2° Se oggi si usa ancora il rame nel bio....
      Perchè tu vorresti che un fitofarmaco non fosse un biocida? oppure similarmente che un antibiotico non debelli un batterio? Mi devi spiegare cosa intendi di più ecologico mi pare.

      3° Se si fanno sovesci verdi per arricchire il terreno....
      Per dimostrare che hai solo espresso una frase fatta non riscontrabile nella realtà, ti prego di leggere la storia dell'agricoltura di Antonio Saltini e poi vedi se in quelle pagine non si parla di sovescio a partire del dall'Ager e dal Saltus dei romani , io ho studiato sul Crescini del 1947 e ben quattro pagine sono dedicati al sovescio o agli ingrassi verdi. Io solo vent'anni fa sono andato a tenere una conferenza a Rocchetta Sant'Antonio in Puglia per poter introdurre il pisello proteico a semina invernale e ho debuttato dicendo: "perchè i vostri padri alternavano Sulla e Grano, mentre voi non lo volete più fare? Guardate che non potete eliminare la leguminosa dalla rotazione! Se proprio proprio non volete coltivarlo per raccoglierlo fatene almeno un sovescio!"

      Credimi le rotazioni agrarie lunghe e gli avvicendamenti studiati, il mantenimento della sostanza organica sono una conquista della rivoluzione agricola illuminista del 1700 ma ancor validissimi, l'uso a bilancio delle concimazioni, la valutazone dell'inoculo prima di decidere un trattamento antiparssitario sono una conquista dell'affinamento della chimica analitico e della scienza entomologica e della patologia vegetale, dopo l'ubriacatura del concime poco costoso, dei trattamenti pure essi costosi rispetto ai ricavi di allora. Altrochè che ce l'hanno insegnata le regole del produrre biologico, sono solo semplificazioni tue.

      Esiste la buona agricoltura che mette assieme ciò che di antico è ancora valido o meglio fattibile (non puoi mandare a zappare la gente o a strappare l'erba perchè è un modo ecologico) e usa il nuovo riflettendo prima per evitare impatti dannosi.

      Tu mi potrai dire, ma in campagna non si fa tutto ciò. E' vera questa affermazione, ma è conseguente dall'aver mantenuto in campagna agricoltori impreparati, vecchi e scansafatiche. Con una agricoltura solo professionale e scientificamente preparata e soprattutto senza queste tare che in Italia rasentano l'80% della popolazione agricola si farebbe un' agricoltura perfettamente ecosostenibile e in più produttiva, e di cui abbiamo molto bisogno vista che la nostra bilancia alimentare decade sempre più. Attenzione che non siamo immuni da qualche fenomeno di tipo tunisino come l'attualità ci mostra.



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    3. Esimio professore, io, che sono quello non si è sporcato le scarpe (ho vissuto coltivando la terra per 20 anni), che ha le idee confuse e non ha mai riflettuto, sto solo cercando di spostare il dibattito non sulla replica puntuale (che mi riuscirebbe ed è probabile che ci scivoli anche io prima di terminare questa replica), ma ad un livello appena superiore.

      Mi interessa di più parlare di un mondo che va avanti, di una ricerca che serve come il pane agli agricoltori. Ma la differenza è che io vedo il biologico come un metodo, non come un sistema burocratico di interessi.
      Non sono stupido e so che proprio il "business" che gira dietro ad ogni settore che tira, è proprio quello che lo distruggerà, ma insieme possiamo condividere un gran risultato.
      Le sue lezioni e le sue sperimentazioni sul controllo delle infestanti da ridurre non solo con il glifosate, o sull'importanza delle rotazioni e dei sovesci, hanno visto un nuovo mattino grazie proprio alla crescita del biologico. Ripeto: legga il termine biologico non come burocrazia, ma come aziende che dichiarano di rispettare delle regole scritte in un regolamento europeo che è l'evoluzione del 2092 del 1991 (un giro di parole necessario se non riesce a distinguere tra sistema di controllo e azienda controllata).

      Sono proprio queste aziende che hanno avuto necessità di quello che lei mi dice sosteneva con forza. Non dico che hanno inventato l'estirpatore, ma tra quello che c'era prima (abbandonato in tante aziende sotto i rovi) e quelli nuovi frutto della ricerca e delle tecnica più moderna c'è un abisso di efficienza. Se alcuni vecchi validi metodi sono stati recuperati dai cassetti, rivalutati, riingegnerizzati, è perchè c'era un nuovo mercato interessato. E questo mercato non era fatto di vecchi contadini che facevano la "lotta integrata" ( e che aspettavano anche loro i contributi europei solo sommando le quantità di fitofarmaci scritte nelle fatture per prendere gli stessi soldi di chi faceva bio). Fosse stato per loro ora saremmo ancora di più alle monocolture, con arature sempre più profonde, e sempre più input esterni per tenere in produzione un terreno sempre più povero.

      Una replica puntuale me la concedo. Il suo collega Prof Ceccarelli (non me ne vogliate entrambi se uso il termine collega) non fa quello che dice lei, si informi, non mantiene in purezza varieta, ma le mescola, le fa migliorare, adattare ai diversi terreni. Le assicuro che il risultato è sorprendente. E credo che questo sia miglioramento genetico, dei più raffinati. Ma si confronti con lui, non con me su questo tema.

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    4. Il biologico (come attuato oggi) non è un metodo ma la riproposizione acritica di pratiche note e spesso abbandonate, vuoi per l'avanzare delle conoscenze che ne hanno dimostrato l'inutilità, vuoi perchè si sono dimostrate inefficienti e/o controproducenti.
      Accanto a queste ne sopravvivono altre che si sono dimostrate utili o addirittura che sono state riprese nel momento in cui la tecnica ha reso disponibili gli strumenti per attualizzarle.
      E' l'avanzare di quello che chiamiamo "progresso".
      Dal punto di vista pratico ha senso parlare di agricoltura professionale contrapposta alle agricolture hobbistiche, marginali, part-time, sociali, didattico-ricreative, ecc. ecc.
      La distinzione tra biologico e "convenzionale" vale forse solo a fini di marketing: è del tutto evidente che un agricoltore professionale, tanto più se professionalmente supportato, è molto meglio orientato al mercato del "contadino" petriniano e in funzione di questo organizza il suo mix di fattori produttivi. In aggiunta, oggi nel prodotto è parte integrante l'immagine dell'azienda, la sua reputazione, la sua capacità di rispettare le norme, insomma la parte di qualità "percepita".
      Certo che se continuiamo a credere che il mercato è fatto dal 98% di "biologico"/"contadino" e dal 2% di agricoltura professionale, invece che l'inverso, e distribuiamo i finanziamenti di conseguenza....
      E' solo necessario decidere quanto e su cosa puntare per la ricerca: altrimenti la triste storia degli OGM è destinata a ripetersi.

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    5. Marco
      Io non sono un Professore e tanto meno "esimio" in quanto temo molto che l'appellativo tu lo usi nell'accezione moderna che si trova sul vocabolario della lingua italiana: Esimio = "Di rare qualità, spesso come titolo di cortesia nel linguaggio ufficiale: l'e. oratore; e. signore (oggi quasi esclusivamente in tono scherzoso); iron..
      "un e. furfante"

      Io sono solo un pestaterra che nella sua vita ha creduto nell'etica della professionalizzazione continua, che porto avanti anche ora che ho mezzo piede nella fossa.

      La tua replica sul Prof Ceccarelli (che è persona rispettabilissima, solo che non condivido il suo lavoro in quanto già fatto nel tempo passato e che solo delle istituzioni universitarie degenerate dalla politica e alla deriva gli permettono di portare avanti.) Esplicito la mia critica; tu dici "non mantiene in purezza varietà, ma le mescola, le fa migliorare, adattare ai diversi terreni." ebbene quello che tu dici faccia è esattamente quello che hanno fatto nel tempo passato ed a lungo università (con cattedratici valentissimi), enti, e agricoltori usabndo proprio le stesse varietà antiche (diciamo meglio "varietà popolazioni").

      Orbene questi istituti di agronomia o cattedre ambulanti e fior agricoltori, dopo un certo tempo hanno deciso che quel materiale genetico non valeva più la pena di proporlo per la coltivazione e di coltivarlo. Perchè lo hanno fatto? Perche in tutta onestà hanno verificato che erano varietà superate e questo lo hanno detto e fatto tutti in Italia. Sono stati tutti de cretini e degli incompetenti secondo te?

      Per giunta adesso mi si vende la panzana che le denominazioni antiche di una volta rispecchiano il seme giunto a noi oggi. QUESTA E' UNA COSA IMPOSSIBILE in quanto per arrivare a noi hanno per forza cambiato l'assemblaggio genetico originale. In conclusione il Prof Ceccarelli non può dire che valorizza varietà popolazioni antiche, può solo dire che ripesca denominazioni antiche e gli costruisce attorno qualcosa di attrattivo. Solo che è attrattivo per te Marco che purtroppo non sai cosa significa miglioramento genetico. Il miglioramento genetico è tutt'altra cosa ed inoltre anche oggi le varietà di nuova costituzione sono verificate per l'adattamento ai vari ambienti, infatti non si farebbero prove sperimentali multiluogo, che invece si fanno eccome.

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  18. Sul biologico non dovrebbero esserci contributi perché tanto a trarne vantaggio sono soprattutto i certificatori, i quali non lasciano nessun arricchimento tecnico e culturale all'azienda. Per cui secondo me il biologico andrebbe tolto dai PSR e si dovrebbero dare più risorse alle filiere, alla cooperazione tra aziende e soprattutto alla sperimentazione fatta con criterio. Se uno decide di abbracciare l'agricoltura biologica, lo faccia per suo legittimo calcolo imprenditoriale e non pretenda che la società finanzi. Andrej

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    1. Andrej
      Infatti in Francia esiste la proposta, visto anche che molti aiuti al biologico sono nazionali e lo Stato non sempre ha i soldi per finanziarli e senza dirlo si è accorto che molti di questi soldi vanno a solo a gente che ne approfitta, di limitare i contributi solo ai primi due o tre anni di conversione (giustamente in quanto qui l'agricoltore ha solo mancate produzioni, ma non può vendere il resto che produce come biologico) e ai due anni successivi all'avvenuta conversione. Solo che, ma questa l'aggiungo io, in questo caso ne vedremo delle belle!!!!!!

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    2. Acc... mi trovo d'accordo con il prof Guidorzi. Solo un appunto che credo necessario: questa proposta è valida se si levano tutti i contributi ad ettaro. Se si usano i denari per sostenere l'agricoltura (che ha sempre bisogno di essere sostenuta per non essere abbandonata con enormi danni per tutta la nazione), in altro modo. Per troppi anni si è pagato chi diceva di fare basso impatto (e se ci sono dubbi di malefatte nel bio, non apriamo mai quel cassetto), ora si paga chi diserba per fare semina su sodo e non solo. Finita la farsa della lotta integrata inventeranno nuovi sistemi per mantenere un premio ad ettaro per tutti. Ok, allora basta premi ad ettaro, ma dobbiamo sapere che se lasciamo al mercato le sorti delle aziende agricole sono nuovamente d'accordo con Guidorzi (e questo mi preoccupa davvero :) ), ne vedremo delle belle e ne subiremo le conseguenze.

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    3. Marco...Se coltivare bio senza perdite produttive, oltre che possibile in percentuali di Sau a meno di una cifra (facendo la cresta su risorse provenienti dalla restante Sau) fosse stato anche già sostenibile su larga scala , faremmo tutti bio vero da mo. Non ci sarebbero più truffe,non servirebbero più i controlli ,le certificazioni .nemmeno i contributi psr specifici,per il bio l’integrata e la conservativa..

      Purtroppo con l’attuale prevalente sistema di controllo delle infestanti (basato su lavorazioni intensive ) e di approvvigionamento di nutrienti persi +asportatii basato sull’utilizzo di reflui e scarti di allevamento e agricoltura convenzionale,pur ipoteticamente riciclando le produzioni vegetali asportate verso le metropoli , un bio totale nn riuscirebbe a limitare le perdite di fertilità della Sau attuale. Men che meno , se pur eliminando gli sprechi ( zootecnia intensiva in primis ) la si volesse aumentare di un 20-30 %? per produrre materiale ricilabile.

      Con la rivoluzione verde e i combustibili fossili ,abbiamo avuto a disposizione per decenni, l’ accumulo di energia solare di milioni di anni per mezzo della fotosintesi, Con un po più di acume e lungimiranza ci avrebbe potuto consentire di ottimizzare al massimo l'attività fotosintetica dei cicli di coltivazione , incrementando in quel modo una maggiore quantità di carbonio al suolo e di conseguenza migliorare la fertilità fisica e biologica della sau necessaria a sostenere l’aumento di produttività agricola che richiederà la futura popolazione mondiale . Lavorando i suoli intensamente , lasciandoli nudi per mesi ( quanti anche bio han fatto e fanno ancora cosi? )e facendo diventare rifiuto quando occorrerebbe invece riciclato , abbiamo buttato al vento una parte di questo tesoro energetico ereditato dal pianeta, consumando superficie coltivabile, riducendo la fertilità di quella rimasta .Credo sia il più grave errore storico che come umani ripetiamo imperterriti dai tempi dell’impero romano,più grave dell’inquinamento chimico, perché ti obbliga pena forti perdite produttive a reintegri e trattamenti che inficiandone l’equilibrio, riducono drasticamente la condizione biologica del suolo,per detossificare la chimica , necessaria alle piante per poter essere autonomamente sane e produttive.

      Per sperare di poter riequilibrare il sistema ,in futuro occorrerà ricostruire tanto la fertilità fisica/ biologica persa nei terreni migliori,quanto quella dei terreni messi in coltivazione negli ultimi decenni ( ex prati -pascoli, foreste ,brughiere ,etc ) che tanto fertili non lo sono mai stati. La natura lo farebbe anche da sola, ma in migliaia di anni e non abbiamo tutto quel tempo. Cambiare sistema brutalmente senza più poter usufruire di un minimo di chimica di sintesi ,avrebbe per gran parte dei terreni e delle aziende in particolar modo se a filiera lunga,lo stesso non-senso ed effetto, di affrontare dopo una lunga discesa in bici , una salita ripida con il rapporto più lungo .

      Gli avamposti del bio ( agricoltura rigenerativa ) e del convenzionale( sdscv) son il risultato del tentativo dei rispettivi produttori di trovare una soluzione alle proprie problematiche,dopo averne preso conoscenza .Lo han fatto scambiandosi esperienze e attingendovi reciprocamente e mutualisticamente,senza nessun aiuto della ricerca finalizzata delle multi della chimica ,ne dalla politica, ne dai sindacati, ne dagli enti di certificazione bio ...nessuno d questi si era accorto inizialmente del fenomeno.
      A questo punto voler dividere l’agricoltura genericamente tra bio e convenzionale (non bio) ..ha lo stesso non senso, di ipoteticamente dividere le regioni d'Italia longitudinalmente tra orientali e occidentali, con il pretesto di ricavarci dati e mezzi utili a risollevare l’intero paese.
      Ma probabilmente conviene a più d’uno per poterci lucrare,ognuno con i mezzi che gli consente la posizione che occupano nella piramide del potere .

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    4. Marco continua ..Agricoltura rigenerariva e semina diretta su copertura vegetale sono anche al momento le tecniche che parrebbero andare nella giusta direzione della ricerca di un proprio modo x risolvere la questione della sicurezza alimentare sostenibile -ognuna è adatta ad ambienti , tipi di terreni ,condizioni sociali e logistiche diverse . Di strada ne hanno ancora parecchia da fare sia per quanto riguarda i mezzi tecnici produttivi di cui intendano dotarsi in futuro ( miglioramento varietale,chimica di sintesi e organica,mezzi biotici etc ) sia per quanto riguarda il modo di arrivare con il proprio prodotto al produttore Imho occorre che continuino a percorrerla nel mutualismo pur mantenendosi separate..sia per il rispetto della propria visione, delle proprie condizioni operative ,sia per raccoglier il più informazione utili a verificare il prima possibile dove portano e possano portare singolarmente, nelle diverse situazioni ambientali e contesti Chi da una parte o dall’altra sostiene che queste risposte le abbiamo già dalla sua generica parte ( bio o convenzionale che sia),o lo fa con presunzione di sapienza o mente spudoratamente sapendo di mentire, probabilmente per perseguire e difendere i propri interessi e /o ideologie.


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  19. ho letto con attenzione tutti i contributi alla discussione. concordo con Marco sul fatto che non dicono niente di nuovo e sono orientati a demolire le opinioni di chi non la pensa allo stesso modo piuttosto che a trovare argomenti comuni per il progresso della produzione agricola. Demonizzare comportamenti e risultati e limiti dell'agricoltura biologica dimenticando che essa tenta di rispondere ad un'esigenza ovvia per la quale nessun consumatore accetta di alimentarsi con cibi nei quali ci sono ancora tracce di pesticidi. poco importa se sono così basse da non fare male. meglio che non ce ne siano. tutta l'evoluzione del sistema produttivo degli ultimi 30 anni è stata rivolta alla riduzione dell'uso di pesticidi.
    Sono agronomo, ho studiato agraria nel periodo in cui triofava la chimica. Lavoro in aziende agricole dal 1983 sporcandomi le scarpe molto più in campo che sulle carte.
    Fare agricoltura biologica non è un ritorno al passato e richiede molta più preparazione tecnica che in agricoltura convenzionale. é curioso che tutti i detrattori del bio se la prendono con il Rame dimenticando o omettendo di citare i danni e spesso l'inefficacia dei molti anticrittogamici sintetici. Sono certo che eliminare il rame farebbe più male ai convenzionali che ai biologici che, consapevoli dei danni che il Rame produce accumulandosi nel terreno, hanno imparato a usarlo meglio ed in quantità sempre inferiori. Consapevolezza e sensibilità che non trovo in chi usa senza scrupoli pesticidi di sintesi.
    D'altra parte dopo 150 anni di uso del Rame in agricoltura esiste un bagaglio di conoscenze che i prodotti di sintesi non hanno. Come potrebbero ? Bastano pochi anni e vengono sostituiti perchè inefficaci o pericolosi per le tracce loro o dei loro metaboliti che si ritrovano nelle acque, negli alimenti, nelle urine o nel latte delle donne.
    trovo fuorviante e volutamente polemico l'accenno alle risorse pubbliche di cui l'agricoltura biologica gode, non perchè condivida gli sprechi di una politica miope e clientelare che spesso ha favorito rendite parassitarie di aziende inesistenti. Non mi pare che sia un caso unico o raro nella storia della politica italiane ed europea. Non credo che serva ricordare come sono stati elargiti i contributi PAC su olio di oliva, proteaginose, cereali, ...
    Meglio non fare un bilancio su chi ha mangiato di più ...
    Bisogna ricordare che il 4% circa dei cittadini europei si occupa di agricoltura e gestisce un ambiente che interessa la restante parte della popolazione.
    E' ovvio e scontato che questa pretenda e paghi gli agricoltori per godere di una campagna più sana, variopinta e viva. Non sono invece sicuro che condividerebbe di pagare per "l'agricoltura conservativa" se sapesse che prevede il diserbo chimico di tutta la superficie, così come non sono certo che sia disponibile a pagare di più un prodotto ottenuto dalla "lotta integrata" nel quale si promettono cose ovvie e scontate. dire che si tratta solo quando serve, con prodotti mirati a colpire esclusivamente l'avversità scelta e con i prodotti meno tossici per l'operatore, il consumatore e l'ambiente equivale ad ammettere che spesso o per tutti gli altri prodotti non è così ...

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    1. Una descrizione un pò manichea: i "biologici" che hanno imparato a usare il rame, addirittura in quantità inferiori, tutti gli altri che se ne fregano.
      Argomentare poi che, sicoome ci sono stati episodi di rendite parassitarie, aziende inesistenti e contributi mal spesi, beh allora distribuire risorse pubbliche al biologico solo in quanto tale è volutamente polemico e fuorviante, è, questo si, scarsamente aderente al comune senso di giustizia. Idem per quanto riguarda i residui se passa l'idea che, per dire, 10 ppb è sostanzialmente diverso, per gli effetti sulla salute, da 100 ppb quando il valore soglia è 100 ppm (anche a prescindere dall'effetto ormetico). Si può benissimo sostenere che "nessun consumatore accetta di alimentarsi con cibi nei quali ci sono ancora tracce di pesticidi", di fatto però le "tracce" ci sono anche nel bio: il consumatore ne è consapevole? E della contaminazione delle farine, ad esempio, ne vogliamo parlare? Del bio importato? Del mais bio ad uso zootecnico? Della farina da polenta? Della frutta secca?
      Il fatto è che esistono molti modi di fare agricoltura, dall'eccellenza all'infimo e la suddivisione in buoni e meno buoni rispetto all'etichetta che ci si cuce addosso mi sembra assolutamente ipocrita.
      Non sono affatto d'accordo sulla visione di una popolazione europea che ovviamente "pretenda e paghi gli agricoltori per godere di una campagna più sana, variopinta e viva".
      Nei fatti l'UE, che è cosa ben diversa dalla popolazione europea, distribuisce delle rendite di posizione che disabitueranno quei pochi che ancora restano dal fare gli imprenditori.
      Questo mentre nel nostro caso, che forse è peggiore di altri, bisogna aggiungere il peso di una burocrazia soffocante e di un apparato inefficiente che da tempo non è più in grado di fornire il minimo supporto al produttore.

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    2. caro collega,
      a proposito del secolare bagaglio di conoscenze, pensa che i mercuriali per la cura del mal francese furono introdotti alla fine del 700 e rimasero pressochè l'unico rimedio fino all'avvento prima della penicillina e poi degli antibiotici negli anni 50.
      Nessuno oggi si sognerebbe di curare la sifilide con i sali di mercurio, anche se il bagaglio di conoscenze di un paio di secoli può essere (ma non è detto) molto maggiore di quelle su un antibiotico di nuova sintesi.

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    3. sono scandalizzato come te dalle rendite parassitarie e dai contributi che falsano e alterano le scelte ed i bilanci delle aziende. purtroppo è così da molti anni e non per colpa degli agricoltori. credo anzi che oggi vada meglio di tempo fa quando i cittadini europei pagavano per garantire il prezzo minimo dei prodotti agricoli e poi pagavano per distruggere le eccedenze. penso invece che sia meglio pagare un agricoltore perché fa biologico piuttosto che pagare per scavare pozzi più profondi per trovare acqua potabile o affrontare costi sempre più alti per curare malattie e tumori, che stranamente aumentano di frequenza nelle zone di agricoltura intensiva. E' curioso che si imputi ai biologici la colpa di accettare una tolleranza di 0,01 mg/Kg o ppm di pesticidi negli alimenti bio, quando sono gli unici a non esserne responsabili. Purtroppo anche nei campi dei biologici la pioggia, il vento ed i campi dei vicini convenzionali portano sostanze che non dovrebbero esserci. devono pagare anche per gli errori degli altri. meno male che almeno loro non contribuiscono all'inquinamento ormai ubiquitario del pianeta.
      un'adesivo applicato ai prodotti biologici in Germania diceva " non ti prometto l'assenza totale di pesticidi ma solo che per ottenermi non ne sono stati usati altri" . E' quello che ha guidato l'emanazione dei regolamenti EU sul biologico visto come sistema di produzione e non come caratteristica qualitativa del prodotto.

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    4. finchè si scherza...
      sottintendere che l'agricoltura, ma solo quella che non si prostra al mainstream e alla lobby new age e old business, sia responsabile dell'avvelenamento dei pozzi e del presunto aumento di neoplasie è un'operazione squallida e degna di mascalzoni che non solo non si curano minimamente di supportare con i dati le loro affermazioni, ma nemmeno si preoccupano delle conseguenzevisto che il loro scopo è solo demolire chiunque non si pieghi al loro delirio.
      Il mai troppo compianto Carlo Cipolla nel suo "Allegro ma non troppo" metteva quelli come te nel III quadrante (in basso a destra) cioè fra quelli che si possono propriamente definire stupidi, ovvero quelli che con le loro azioni riescono a non procurarsi alcun vantaggio mentre contemporaneamente causano danni al prossimo.

      Facci un favore: vai a farneticare altrove.

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    5. Egon

      Studia di più e scoprirao che il gliphosate non si trova nelle acque profonde è solo una bella soriella che ti hanno fatto bere e tu avendo portato il cervello all'ammasso ci hai creduto.

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    6. finché si scherza ... credo che il tuo girone sia quello degli ignavi, di quelli cioè che non hanno mai agito ne per il bene ne per il male, senza mai osare avere n'idea propria, ma limitandosi ad adeguarsi sempre al quella del più forte.
      le mie non sono farneticazioni ma dati pubblicati da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nel Rapporto nazionale sui pesticidi nelle acque del 2013-2014. Un lavoro fatto da un gruppetto di fanatici ecologisti sulla base di 3747 punti di campionamento e 14718 campioni per la ricerca di 365 sostanze. se hai voglia di leggere (non è mai troppo tardi) a pagina 13 leggerai " nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 63,9% dei 1284 punti di monitoraggio controllati (56,9 nel 2012). Nelle acque sotterranee sono risultati contaminati il 31,7% dei 2463 punti (31,% nel 2012). Le concentrazioni misurate sono in genere frazioni di μg (parti per miliardo), ma gli effetti nocividelle sostanze si possono manifestare anche a concentrazioni molto basse.
      Più avanti scrive" Nelle acque superficiali, 274 punti di monitoraggio (21,3 del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale "le sostanze che più speso hanno determinato il superamento sono: glifodsate e il suo metabolita AMPA, metolaclor, triciclazolo, oxadiazon, terbutilazina ed il suo principale metabolita, desetil-terbutilazina. Nelle acque sotterranee, 170 punti (il 6,9% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti". E' vero che tra le sostanze trovate non figurano glifosate e AMPA. si trova ancora l'Atrazina e molti altri ... questione di tempo ?
      Mi sa che c'è chi le storielle non le vuole sentire.

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    7. è troppo facile rispondere ogni volta parlando di altro e citando dati che non dimostrano nulla semplicemente perchè fuori tema.
      Il cherrypicking e il giochetto di accennare, alludere, omettere, sottintendere, ha francamente stufato.

      Comincio a pensare che la posizione nel grafico (stupidità con forte propensione al banditismo) sia del tutto inappropriata.
      Continua pure da solo.

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    8. Egon
      Tu mi scrivi:" E' vero che tra le sostanze trovate non figurano glifosate e AMPA. si trova ancora l'Atrazina e molti altri ... questione di tempo ?"
      Ma con quello che mi hai riferito e riportato, ma che conoscevo,non ti sei accorto che MI DAI LA CONFERMA CHE GLIPHOSATE E AMPA NON SI TROVANO NELLE ACQUE PROFONDE?
      Io solo di quello ho parlato nel mio commento del 16/1 23:33. Poi tu fai una insinuazione "solo questione di tempo?" ed io ti rispondo ormai sono passati 40 anni cosa vuoi aspettare un secolo? Il gliphosate e l'Ampa non ci andranno mai nelle acque profonde in quanto la caratteristica della molecola è proprio quella di essere trattenuto dal terreno e metabolizzato e pertanto viene trattenuto negli strati superficiali. Lo sai inoltre che l'Ampa è anche il prodotto di metabolizzazione dei detersivi fosforati? Eppure i tuoi sodali dicono che l'AMPA derivi solo dal gliphosate e mai dai detersivi è ciò è un'omissione colpevole. Per l'Atrazina la cosa è diversa in quanto è l'esatto contrario. Essa è molto mobile nel terreno e non viene trattenuta, infatti ne è stato abolito l'uso proprio per la sua persistenza e mobilità.

      Altra tua insinuazione non pertinente e soprattutto campata in aria in quanto indimostrata scientificamente, è questa: "ma gli effetti nocivi delle sostanze si possono manifestare anche a concentrazioni molto basse.". Ebbene questa affermazione te la potevi risparmiare in quanto dimostra che all'università non hai studiato la parte di tossicologia del fitofarmaci, Allora ti riempio io la lacuna. Il permesso di messa in commercio di un fitofarmaco si ottiene dopo che ne è stata valuta la LMR (limite massimo di residui) dato che deriva prima di tutto dalla DSE (dose senza effetto, cioè la dose massima che si può ingerire giornalmente senza notare effetti tossici negli animali di laboratorio) da questo valore si ricava poi la DGA (dose giornaliera ammissibile) che è la dose che un individuo può assorbire quotidianamente per tutta la vita senza effetti nefasti. Il calcolo di questa deriva dalla DSE più bassa analizzata nell'animale più sensibile e questa viene divisa per un fattore di sicurezza che è minimo è 100 e massimo è 1000. Il dato ottenuto è l'LMR che serve a dire che un prodotto è commestibile o non commestibile. Io mi fido più dell'EFSA o dell'EPA che dell'ISPRA che spesso fa pendere l'ago della bilancia in funzione delle direttive politiche. Buona Domenica a te.

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    9. il fatto che glifosate e AMPA non si trovino nelle acque profonde non mi rassicura, perché, purtroppo si trova nelle urine delle persone insieme a molti altri pesticidi. conosco la legislazione e le terminologie che disciplinano la presenza di pesticidi negli alimenti. me ne sono occupato come responsabile del sistema di Assicurazione Qualità di importanti catene estere alle quali importava poco che fossero rispettati gli LMR dei singoli pesticidi (ci mancherebbe) pretendevano che non si rilevassero tracce di più di 4 i pesticidi considerandone la pericolosità con il calcolo della ARfD (dose acuta di riferimento) per un bambino di 15 Kg.
      Ognuno è libero di fidarsi di chi vuole o di chi dice le cose che vuole sentirsi dire.
      Io preferisco nutrirmi con alimenti che non contengono residui di pesticidi e non mi importa nulla di quelli che vogliono convincermi che a piccole dosi non fanno male.

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    10. confermo , tutto vero
      l'ha detto anche la TV

      siccome ognuno è libero di fidarsi e qui nessuno si fida di te e dei tuoi dati/referenze inesistenti e/o farlocchi, perchè non vai a scrivere dove si scorticano le mani per applaudirti?

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    11. Egon

      Io non ti voglio per nulla convincere e tu a casa tua fai quello che ti pare, lo so anche bene che il tuo cervello è impenetrabile a questi dati obiettivi: per superare le LMR di legge del gliphosate si debbano bere 600 litri di birra al giorno, mangiare 70 kg di pane al giorno e non riesci a razionalizzare che hai una paura inconsulta del fatto che in quantità il residuo di gliphosate nel frumento è paragonabile a 7 minuti secondi su 250 anni.

      Solo che questi sono dati obiettivi, mentre le tue fisime sono soggettive e quindi non puoi pretendere che tutti gli agricoltori si adeguino al tuo volere e che vengano imposte a tutti le tue paure come precauzioni.

      So anche che per esportare i Meloni prodotti a Sermide, dove abito. la Germania impone ciò che tu dici, solo che tu ne trai delle paure irreali invece io ne traggo la considerazione realistica che la buona agricoltura riesce a produrre meloni a quant'altro rispettando questi livelli di residui ancora più bassi e meno numerosi e affermo con cognizione di causa che non vi è bisogno del label biologico (che è una manomorta prima di tutto) che penalizza le produzioni agricole tutte (salvo la produzione di erba medica su cui è ininfluente il metodo di coltivazione ma che esigete sia certificata biologica perchè in questo modo s'incassano soldi.

      Tu vuoi bere acqua senza gliphosate? Guarda caso la trovi pur se si usa il gliphosate da 30 anni e più. Non ti fidi per il futuro? Bene allora dovresti essere consequenziale e preferire di morire di sete in quanto di residui chimici ben più pericolosi del gliphosate ne troverai sempre nelle acque. C'è qualcuno che dice che una volta non c'erano residui chimici, ma dimentica di dire che vi erano infiltrazioni di liquidi organici che facevano venire epidemie di tifo e di colera.

      In definitiva tu guardi le cose con gli occhiali dell'ideologia, mentre io lo guardo con il filtro della scienza. Solo che la razionalità non sta dalla tua parte, ma dalla mia.

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  20. Ancora Guidorsi o Guidorti o come c...o si chiama, basta lasciatelo perdere non ne vale la pena. E' un poveraccio ancorato al suo passato quando vendeva prodotti per una multinazionale francese dell'agribusiness, già allora sputava contro un grande pioniere dell'agricoltura biologica Raul Lemaire. Andate a leggere sul sito di agrariansciences cosa ne pensa dell'enciclica di Papa Francesco "Laudato sì" insieme a tutta la cricca di grandi professori, che si definiscono loro si veri cattolici, compreso il grande Saltini che oltre a dare lezioni di cristianesimo al Papa insulta in maniera vergognosa Vandana Shiva dimostrando un'ignoranza profonda non solo del cristianesimo ma altresì dell'induismo. ..." Mentre altrettanti milioni si professano seguaci del credo di una negromante indiana che ha integrato il nome impostole dai genitori, Vandana, aggiungendo quello del demone più orrendo della Trimutri, il nume della vendetta, della distruzione, dell'odio, Shiva."
    Non ti curar di loro, ma guarda e passa.
    Alfredo


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    1. Non bisogna essere estimatori di Guidorzi o di Saltini per capire che dell'enciclica potevamo benissimo fare senza, e ancora di più dello show in occasione della sua presentazione con la proiezione scimmiesca sulla facciata di S. Pietro (così come S. Petronio trasformato in mensa, ma questa è un'altra storia).
      Per quanto riguarda la sedicente fisica quantistica, vada a vedersi i giudizi dopo l'articolo del New Yorker.
      Se poi, oltre (lei si caro Alfredone o come c..o si chiama) a insultare gli altri avesse qualcosa da dire in merito al tema del blog...

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    2. Alfredo

      Tu sei un emerito CRETINO! detto con tutta la convinzione possibile. E sai perchè sei cretino? Per il semplice motivo che quando arriva a storpiare scientemente il nome dell'interlocutore al solo scopo di offenderlo nel suo essere persona non merita nessun rispetto come l'uomo "merdaccia" di fantozzziana memoria.

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    3. Egon

      Riprendo una tua frase.
      "D'altra parte dopo 150 anni di uso del Rame in agricoltura esiste un bagaglio di conoscenze che i prodotti di sintesi non hanno. Come potrebbero ? Bastano pochi anni e vengono sostituiti perchè inefficaci o pericolosi per le tracce loro o dei loro metaboliti che si ritrovano nelle acque, negli alimenti, nelle urine o nel latte delle donne."

      Ti sei accorto che hai detto UNA GRANDE CRETINATA? La realtà è: 150 anni di uso del rame ha fatto si che si siano selezionate delle resistenze nei funghi parassiti e che come prodotto non sia più valido anche perchè dilavato anche dalla rugiada. Si è arrivati al punto che per ottenere qualche risultato occorre irrorare ed irrorate in continuazione. Se poi ti trovi di fronte ad annate particolarmente avverse e favorenti il parssita sei in braghe di tela. Chi fa il biologico lo sa bene e se lo nega racconta delle balle.

      E' nell'ordine della natura (l'ha detto Darwin 200 anni fa) che usando sempre lo stesso prodotto questo selezioni i parassiti che presentano già resistenze o che mutando le acquisiscono. In questo caso se tu continui ad usare lo stesso prodotto continui a salvare i parassiti resistenti e li fai cresce fino al punto che il prodotto di trattamento non ha più l'efficacia richiesta. Evidentemente questo ragionamento è valido anche quando trovi un nuovo prodotto più efficace di sintesi, nel senso che se lo usi scriteriatamente incorri nello stesso inconveniente. Oggi però siamo di fronte ad una buona disponibilità di principi attivi che hanno meccanismi d'azione diversi e pertanto se li ruoti nell'uso eviti l'inconveniente sopraddetto. Inoltre questi principi mederni hanno la caratteristica di essere translaminari e quin di sfuggono al dilavamento e quindi un pioggia nonti obbliga a rifare il trattamento come con il rame. LO sai almeno che ci sono dei viticoltori biologici in Francia che hanno dovuto rinunciare a label perchè l'accumulo nel terreno del rame lo quasi insterilito? Non ci credi? Allora ti faccio questa proposta: se mi paghi il viaggio ti porto a vedere ed a parlare con questi viticoltori.

      Documentati, o meglio torna a studiare perchè "l'agricoltura conservativa" non ha il significato che tu gli dai, bensì quella di coltivare senza lavorare i terreni (per dei motivi altamente ecoambientali) e guarda caso questa ha potuto farsi perchè disponeva del gliphosate, che se radiato porterà con se l'impossibilità di continuare a fare l'agricoltura conservativa o di conservazione. Per favore se discutete dovete sapere ciò che dite altrimenti fate solo la figura degli incompetenti.

      Povero me e povera Italia se le università di agraria sfornano laureati come te!!!!!

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    4. vedo che anche tu non sai fare a meno degli insulti per sostenere le tue magre argomentazioni. Non mi risulta infatti che vi siano resistenze o riduzioni di efficacia del Rame, che anzi continua ad essere usato con successo da biologici e non nella difesa delle colture a dosaggi molto più bassi che in passato, anche grazie a formulati migliorati in efficacia e persistenza. So di cosa parlo perché ho vissuto e vivo da vicino la difesa della vite. Potrei invitare i francesi a vedere come si fa a salvare l'uva con 3-4 Kg di Rame metallico/ettaro/anno. (2,8 Kg/ha nel 2017) . Certo bisogna essere bravi, attrezzarsi con centraline meteo (ne ho 17) e programmi previsionali per le malattie della vite ed essere disponibili ad intervenire ogni volta che serve, anche se è festa.
      So esattamente cos'è l'agricoltura conservativa e sono consapevole degli effetti non solo economici delle lavorazioni profonde del terreno che macchine sempre più potenti hanno permesso. sono solo contrario all'uso del diserbo chimico perché non accetto che Glifosate e Ampa siano presenti nel 56% delle acque della Lombardia. (perché li ha cercati)
      Per fare agricoltura biologica bisogna essere competenti ed avere a cuore la salute propria, dei consumatori e dei propri campi.
      Io credo invece che l'Italia debba essere felice di avere tecnici come me ed agricoltori che si prendono cura della terra per lasciarla ai figli migliore di come l'hanno trovata. Lo facciamo anche per te, porta pazienza se non ti va.

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    5. Be sentirsi dire che i parassiti fungini non hanno maturato resistenze al rame mi fa sbudellare dal ridere. Ma se tutta la letteratura ne parla da 40 anni, ma che cavolate ci propini

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    6. Chiedo scusa, ho letto male e troppo in fretta il commento di Egon sopra e sono incorso nel dire una cosa non vera. Nel senso che resistenze al rame non sono state notate e quindi ho messo un "non" che non ci voleva.

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  21. Alberto Guidorzi, il problema delle contaminazioni microbiologiche è un problema del biologico. Certo certo https://www.google.it/amp/www.repubblica.it/economia/2018/01/14/news/lactalis_latte_per_bimbi_alla_salmonella_coinvolte_83_nazioni_ritirate_12_milioni_di_confezioni-186453201/amp/

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    1. Infatti, in questo caso sappiamo l'origine, quanto è esteso il problema e il modo per risolverlo.
      Non si può dire lo stesso per la contaminazione da germogli bio che ha causato tanti morti e tanti invalidi, su cui si è vagato nel buio per settimane, e su cui ancora oggi non si è fatta chiarezza.
      Torna a spacciare min...e al tuo solito bar.

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  22. Alberto Guidorzi, che un latte da vacche al pascolo in montagna sia diverso dal latte di una stalla di pianura con alimentazione di altro tipo è cosa nota agli studenti del primo anno di un istituto agrario, non ho bisogno di portare nessun dato, e ti restituisco la definizione di quaquaraqua che mi hai attribuito con abbondanza di villania e cattivo gusto, ma solo perché non hai letto o non hai capito quello che ho scritto.

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    1. ah si? ci fidiamo sulla parola.
      a maurì ma vattenne va!

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    2. Maurizio

      ma ti fai ridere dietro nella tua difesa di non essere un quaraqua! Ma ti rendi conto che mi hai portato un esempio con lactalis che non c'entra nulla con l'agricoltura. La salmonella mica deriva dal modo di fare agricoltura, ma dal modo di lavorare il latte. Perchè non parli dei 54 morti nello spazio di un mese e di tutti quelli con i reni fatti a pezzi nel 2011, e che Luigi Mariani cita, dovuti ad un regolamento biologico demenziale che impedisce che dei semi messi a germinare non siano prima lavati con una soluzione clorata o irradiati? Quelli ti danno fastidio vero e non meritano di essere menzionati? Ma sei proprio ridicolo per no dire di peggio.

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    3. Anonimo 14 gennaio 2018 22.07
      se vuoi dei dati sulle differenze qualitative del latte legate al tipo di alimentazione,stagionale o ambientale che sia , basta rivolgersi a un qualunque centro di prelievo: caseificio, centrale del latte etc le analisi le fanno

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    4. certo.
      e se non vado errato pagano anche in base alla qualità.

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    5. Granturco

      questi non sanno che una vacca è portata al pascolo, cioè vive grosso modo sei mesi al pascolo e sei mesi in stabulazione chiusa e fissa, Ebbene la stessa vacca quando è portata al pascolo diminuisce subito la sua produzione di latte del 20% e così sarebbe per tutta la stagione se non si integrasse l'alimentazione con mangimi concentrati. Ora è logico che un allevatore non si può privare di un 20% di produzione per sei mesi e quindi anche la composizione del latte ne risente.

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    6. granturco
      che il latte di animali con alimentazione differente sia diverso è un'ovvietà
      quello che non è corretto è sostenere che un latte "certificato bio" è diverso da un latte "non certificato" usando il pretesto che gli animali "sono alimentati in modo diverso"

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    7. non è un pretesto, sono effettivamente alimentati in modo diverso, e non solo vivono in modo diverso, con altri spazi a disposizione nelle stalle e con accesso al pascolo, con una dieta completamente diversa, stando più attenti alle malattie con una corretta prevenzione (perchè in caso di malattia spesso si deve arrivare alla medicina convenzionale e declassare il prodotto sul mercato del convenzionale) E' vero che si perde in produzione, ma è per questo che si aumenta il prezzo di vendita. Le analisi spesso confermano il risultato che il latte così prodotto è superiore a quello delle stalle intensive. Sarà poi il mercato a decidere se andare nella direzione di un latte più buono e più caro o se tornare ad un latte più economico.

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    8. e questo dimostra che tra "certificato bio" e "non certificato" non c'è alcuna differenza documentabile.
      O in altre parole che animali gestiti correttamente danno un prodotto con caratteristiche definite dalla legge e dal mercato (e che si chiama latte).
      Un "latte bio" non ha niente di meglio solo per il fatto di essere certificato. E può benissimo essere un prodotto scadente (cellule somatiche, carica batterica, ecc.).
      Ma che significa "declassare il prodotto sul mercato convenzionale"? Forse che il prezzo del bio è pagato dal consumatore sulla base dei risultati analitici e invece il latte "convenzionale" cioè tutto il latte è un prodotto di serie B?
      Ma per favore...

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    9. Caro Anonimo, è difficile parlare con chi non ha nemmeno un nome, ma per favore.... Non capisco la tua conclusione. C'è certamente una differenza tra un latte fatto da una vacca che mangia certe cose, e vive in una certa maniera e una in una stalla intensiva. Se dici che la certificazione non è la distinzione tra una vacca che vive come quelle bio e quella che è certificata, è vero, e certamente sul latte la certificazione non incide (è fatto da vacche che possono essere allevate allo stesso modo) Ma incide sul garantire al consumatore che quello che il produttore dice, qualcuno lo ha controllato.

      Declassare vuol semplicemente dire che non rispettando più quello che il biologico dichiara, quel latte munto da una vacca curata con medicinali allopatici non sarà venduto come bio, e per non buttarlo lo venderanno come convenzionale. Poi sei certamente libero di bere tutto il latte industriale che trovi, la gran massa della popolazione fa come te. Il Bio è ancora molto di nicchia, con grande gioia tua e di tanti che non vogliono vedere come stanno le cose. Se devo essere onesto a me non interessa certo convincere chi ha scelto che il prodotto industriale da agricoltura convenzionale gli va bene, ma vorrei solo che fosse una scelta consapevole. Visita qualche stalla intensiva, visita un allevamento di polli o di uova, se ti piace, per me va bene. Quella è l'agricoltura che abbiamo creato in questi anni.

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  23. E allora vorrà dire che crederemo nei pesticidi, nelle multinazionali e nelle monoculture estensive che devastano la terra, il pianeta e ogni forma di vita, compresa la nostra.

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    1. Quanto qualunquismo senza riscontri fattuali.

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    2. Marco

      Ma che cavolo vieni a raccontarci: se fosse vero quello che dici la certificazione bio sarebbe una certificazione di qualità. invece in biologico col cavolo che si certifica la qualità! Si certifica solamente un protocollo di coltivazione che non è automatico che sia di qualità. Ma credete che in questo blog si possadire le puttanate che raccontate ai BOBOS (BOurgeois BOhémiens) che ci credono.

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  24. marco
    è difficile parlare con chi ha un nome finto e fa finta di non capire.
    Cioè chi sceglie biologico fa una scelta consapevole, chi sceglie il latte "industriale" è un povero gonzo?
    Già già.
    Infatti, solo per dire, il latte antibiotato le "industrie" lo beccano al volo e ti legnano di conseguenza; puoi garantire che la certificazione bio di per se tuteli il consumatore dal pericolo che il latte di vacche trattate "declassi" quello delle altre? O non saranno per caso le corrette pratiche aziendali, i piani di autocontrollo, i controlli successivi della filiera a garantire il consumatore? E allora la autoreferenziale certificazione bio a che serve?
    p.s. siccome le parole hanno un peso, da anonimo ti invito a volare basso: a differenza tua qualche allevamento l'ho visto e frequentato. Spiace doverti far notare che anche qui esistono buone gestioni, gestioni mediocri, cattive e pessime; però (quasi) nessun allevatore è contento di perdere soldi e siccome la produttività è anche funzione del benessere animale...
    Ti faccio anche notare che le uova sporche, per evidenti ragioni, valgono meno di quelle pulite: epperciò, l'allevamento in gabbia, ai fini della tutela del consumatore (e della sua salute) funziona molto ma molto meglio dell'allevamento "bio" all'aperto. L'agricoltura razionale, che NON abbiamo creato in questi anni, sarebbe appunto quella che ci permette di trovare un punto di equilibrio ovvero di dare un peso corretto nella formulazione di tutti gli elementi per incontrare le esigenze di un mercato che è in continuo cambiamento.
    Mi fermo qui, tanto a che serve?

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  25. Caro anonimo la differenza fra te e Guidorzi sta nel fatto che mentre lui ci fà, tu ci sei.
    L'agricoltura biologica è stato un tentativo nobile per un cambio di paradigma al fine di fermare un degrado planetario che forse è ormai inevitabile. Il punto di non ritorno di Capra memoria lo abbiamo superato. Questo è il tempo del Kali Yuga, dove il bello e il brutto, il buono e il cattivo passeranno entrambi nel tritacarne della storia, come tante salsicce a formare una collana che la dea Kalì indosserà nella sua danza macabra. Solo così una nuova era un nuovo YUGA verrà rigenerato.
    Vi prego tacete, lasciateci almeno morire in Pace

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    1. caro Alfredo
      siamo d'accordo, vai a morire da un'altra parte

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  26. Alfredo

    Smettila di dire scemate e controbatti argomentazioni con argomentazioni. Altrimenti ti sei solo fatto riempire il cervello dall'ideologia ambientalista e dunque hai perso la capacità di ragionare.

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  27. MODELLI, POLITICHE E STRATEGIE PER LO SVILUPPO DELL'AGRICOLTURA BIOLOGICA

    CORSO



    L'obiettivo del Corso è fornire gli elementi essenziali dei modelli identificabili come di agricoltura biologica, analizzati mediante un approccio sistemico, con riferimento agli aspetti più prettamente tecnico-agronomici e a quelli relativi alla regolamentazione e alle politiche di sostegno, alle strategie di impresa e agli strumenti di marketing e comunicazione per la valorizzazione delle produzioni.



    In particolare, il Corso rappresenta una proposta formativa finalizzata a favorire i processi innovativi nelle aree rurali e, più in generale, a sostenere il rafforzamento del comparto del biologico, in considerazione: dell'andamento positivo della domanda e della crescente attenzione dei consumatori verso le tematiche della tutela dell'ambiente e della cura della salute; del necessario accrescimento delle conoscenze specifiche e delle competenze degli imprenditori e dei diversi soggetti coinvolti, a vario titolo e in diversi contesti territoriali, nella proposta di food system più sostenibili, sul piano economico, sociale e ambientale.
    https://www.uniurb.it/corsi/1755267

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    1. ..i processi innovativi (sic) nelle aree rurali e ...sostenere il rafforzamento del comparto del biologico in considerazione: dell'andamento positivo della domanda e della crescente attenzione dei consumatori verso le tematiche della tutela dell'ambiente e della cura della salute...
      aho, ma se fate ste robbe innovative e se la domanna è positiva e l'attenzione de li conzumatori cresce, che bisogno c'avete de sostenè er rafforzamento der comparto?
      e de venì a farve pubbricità?

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  28. Chiediamo aiuto a voi, illuminati detentori della verità in agricoltura. Non vi rendete conto che questo biologico ormai si è infiltrato profondamente come un cancro nel tessuto della società e addirittura in quello accademico? Cosa ne sarà del pianeta se le cose continuano così? Il biologico è solo una strategia per far estinguere la specie umana, non si può spiegare in altro modo il suo obbiettivo e articoli come questo me lo confermano. Grazie!

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    1. non sarei così tragico.
      il bio di facciata (la maggior parte) è una bolla destinata a scoppiare non appena le contingenze costringeranno le persone a fare i conti con la realtà.
      il rischio che si trascini dietro quei pochi che lavorano onestamente e anche quel che rimane della nostra agricoltura però c'è.

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  29. Mollo... Vi lascio al vostro delirio di onnipotenza e di arroganza. io mi sento in pace con me stesso, con i clienti dei nostri prodotti, con la terra. Perchè mi devo scontrare con voi. Ci casco tutti gli anni. Credevo di poter contribuire ad un confronto pacifico, ma la violenza è insita in voi. Se non avete altri modi di confrontarvi, non fa per me. Mi fa piacere aver incontrato in questo scambio anche persone molto valide che cercherò di contattare in altri luoghi. Anche troppa visibilità vi stiamo dando. I vostri post di solito hanno poche o punte repliche, solo scatenando la rissa riuscite ad avere un po di seguito. Replicate pure anche a questo mio ultimo post, vi lascio l'ultima parola

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  30. senti chi parla di deliri:
    "Tutte le falle che il sistema del bio oggi ha sono dovute al fatto che in pochi fanno ricerca in questo settore, che in tanti sono felici se questo sistema fallisce."

    p.s. "Anche troppa visibilità vi stiamo dando"
    Voi ci state dando?
    Il moderatore di questo blog deve essere davvero un santo, o in alternativa uno che la democrazia la ama veramente molto per permettere a quelli come te di venire qui a spararle alla luna e lamentarsi pure

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  31. La situazione ormai è diventata insostenibile amici, meno male che ci sono persone preparate come voi. Pensate che addirittura uno studio pubblicato su Nature Communications è a favore del biologico. Dicono che sarebbe l’indagine più estesa condotta finora in Europa e in Africa a cui hanno contribuito oltre all’università di Padova, istituzioni universitarie in Svizzera, Austria, Tunisia, Ungheria, Francia, Regno Unito, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna, Germania, Uganda, Bulgaria e Ucraina. 
    I ricercatori hanno preso in esame 1.470 campi (che comprendono gli appezzamenti veri e propri ma anche le siepi, le capezzagne, l’erba ecc...), 205 aziende agricole (una parte ad agricoltura biologica e una parte convenzionale) in 12 regioni dell’Europa e dell’Africa che comprendono ambienti dal boreale al tropicale. Sono stati considerati quattro gruppi tassonomici come bioindicatori, e cioè le piante, i lombrichi, i ragni e le api, selezionati per rappresentare i diversi habitat, i livelli trofici e le risposte attese dalla gestione agricola. Per ognuno dei gruppi sono stati esaminati l’abbondanza di organismi presenti, la ricchezza e uniformità di specie.
    il guadagno in termini di biodiversità che deriva dall’agricoltura biologica rispetto ai metodi di coltivazione tradizionale è stato confermato. Nello specifico, nei campi a coltivazione biologica i quattro bioindicatori esaminati sono complessivamente del 10% più vari e numerosi, piante e api soprattutto.
    L’agricoltura biologica, sottolinea lo studio, è caratterizzata in generale da un apporto di azoto inferiore del 22%, da un minor utilizzo di pesticidi (-76%) e di macchinari (-9%). Questo metodo di coltivazione segue dei protocolli che prevedono l’utilizzo di fertilizzanti e antiparassitari di origine naturale che, pur non essendo del tutto innocui, sono tuttavia meno tossici rispetto alle sostanze impiegate nell’agricoltura convenzionale. 
    Link: https://www.nature.com/articles/ncomms5151

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  32. A chiosa dell'intervento di Francesco io vi aggiungo che in Africa vi sono ormai 1.25 miliardi di persone, il 45% è inurbato, mentre il restante coltiva i campi e autoconsuma quello che produce, tutto biologicamente ben s'intende, e quindi a quel 40% di inurbato restano solo dei lombrichi ben pasciuti dall'agricoltura biologica da mangiare. Ma dato che si stanno stufando di mangiar lombrichi hanno deciso di venire da noi a mangiare i cibi dell'agricoltura convenzionale.

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  33. Guidorzi lei è un punto di riferimento per me, seguo da anni i suoi interventi sul web contro le bufale del biologico. Ha ragione anche per quanto riguarda la situazione africana. Ma ormai la disinformazione viene innanzitutto fatta non solo dal mondo accademico ma anche dalle organizzazioni internazionali. Uno studio della Fao conferma che le pratiche di agricoltura biologica in Africa hanno aumentato la produttività, migliorato i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare delle popolazioni, aiutato a conservare il patrimonio di informazioni locale, la biodiversità vegetale ed animale indigene nonché lo sviluppo socio-culturale, fornendo al tempo stesso maggiore capacità di recupero nel caso di eventi climatici estremi, come la siccità e le forti piogge.
    Per fortuna esistono ancora persone preparate e di buon senso come lei e come l'autore dell'articolo contro il biologico.
    Pdf sullo studio della Fao dell'agricoltura biologica in Africa: http://www.fao.org/docrep/018/i3294e/i3294e.pdf

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  34. Francesco

    Credo non sia da mettere in discussione neppure per un minuto il fatto che lo stato di arretratezza dell'agricoltura africana è tale che la sola applicazione di un buon metodo di coltivazione biologica può far aumentare la produzione e migliorare l'ambiente agricolo. E' talmente basso il punto da cui si parte che anche un pur minimo miglioramento evidenzia progressi. Non solo ma ti dirò che farei i salti di gioia se tutta l'agricoltura africana applicasse il buoni (che per me rimangono comunque insufficienti per sfamare l'Africa) i metodi di agricoltura biologica che si usano in Europa o in USA. Solo che in Africa il problema è di dar da mangiare fra 30 anni a 2,6 miliardi di persone che avranno un'età media di 25 anni e quindi con consumi incomprimibili e che saranno inurbati per il 53% (ti faccio notare che questi non concorreranno più alla produzione di cibo, ma l'attenderanno a casa loro nelle megalopoli. Altro dato è che il taso di fertilità dei terreni africani, che oggi è 4,43 nel 2050 è previsto a 3,09, cioè con un calo quasi 2 punti che comporterà molto meno cibo permanendo i modi di coltivazione attuali.
    Insomma a questi è inutile insegnare loro il metodo biologico, perchè fra 10 anni risulterà che si sono solo aggravate le condizioni di fame, appunto per le richieste aumentate di cibo oltre le potenzialità produttive date dai metodi ancestrali o biologici che siano.

    A QUESTI OCCORRE INSEGNARE DA SUBITO, E SOPRATTUTTO PERMETTERE DI PRATICARE, LA BUONA AGRICOLTURA ECOSOSTENIBILE (EVITANDO LE DERIVE IN CUI SIAMO INCORSI NOI), MA ALTAMENTE PRODUTTIVA. SE NON LO FACCIAMO CE LI RITROVEREMO IN GRAN PARTE DA NOI, ANCHE PERCHE' IL NOSTRO TASSO DEMOGRAFICO è NEGATIVO. E' un principio fisico: "l'aria calda (gli africani) si diffonde negli ambienti freddi (l'Europa) e non viceversa.

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  35. c'è anche un altro problema: l'africa sta diventando la riserva di cibo dell'Asia; gli investimenti cinesi mirano a questo oltre che a procurarsi la base per il boom industriale dei prossimi decenni (quello che per l'occidente è stata l'Asia dell'elettronica), con la differenza che anche le materie prime le avranno loro. A noi lasceranno i pagatori di pensioni.

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  36. Confesso di avere una certa difficoltà a seguire alcuni commenti. Questo blog porta il nome Agrarian Sciences, a quanto pare per molti la SCIENZA è argomento da bar dello sport. Gli argomenti scientifici vanno duscussi con lo stesso metodo con cui vengono esposti e non per sentito dire, per slogan o per moda. Mi chiedo; se molti commentatori avessero una buona base di biologia, genetica, chimica, fisiologia vegetale, ecologia (quella vera) avrebbero l'onesta intellettuale di fare certe affermazioni?

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    1. Una volta quello che tu dici te lo dava l'università ed eeri cosciente che ti occorreva un aggiornamento continuao, ma soprattutto non avevi la possibilità di sgattaiolare e comunque laurearti con altri corsi quasi esoterici come adesso!

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  37. Sul reale impatto ambientale dell'agricoltura convenzionale e biologica, si legga "Comparative analysis of environmental impacts of agricultural production systems, agricultural input efficiency, and food choice", (2017 - Michael Clark, David Tilman), da cui si deduce che migliorare l'efficienza produttiva ha un migliore impatto sull'ambiente e sulla produzione di gas serra di quanto non faccia l'agricoltura bio. http://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/aa6cd5/meta

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  38. Massimo

    Il problema è che l'efficienza produttiva la si può ottenere solo con agricoltori molto professionali e che purtroppo non sono la maggioranza (eufemismo...). Solo che di fronte a questo contesto non si può proporre di cambiare l'agricoltura, ma si opera per cambiare gli agricoltori in quanto è solo questa la strada per trovare la soluzione.

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  39. Ogm? Ecco,alla fine ce li divevate infilare....Geni di scorpione inseriti in quelli della verdura per renderla più resistente al freddo? Mangiatevela voi.... Illustri luminari prezzolati ci sventolano le meraviglie tecnologiche del Meraviglioso III Millennio®, facendo l'esempio assurdo che in fondo anche i gatti degli antichi egizi non erano come i gatti odierni. Accoppiando gatti con gatti, appunto....

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  40. Oh è arrivato l'imbecille di turno che parla perchè gli altri gli hanno detto di dire così!

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  41. Non sono una persona competente in materia e perciò vorrei maggiori chiarimenti riguardo al Glifosato e alla sua presunta pericolosità.

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    1. Forse l'articolo di questo link https://agrariansciences.blogspot.com/2017/05/contro-il-glyphosate-campagne-da.html
      Ti permette di avere una panoramica sul gliphosate in modo molto stringato. Se poi vuoi altre notizie sempre sul gliphosate il blog ne è ben fornito. Per ritrovarli puoi scrivere nello spazio "cerca nel blog" il mio nome "Alberto
      Guidorzi" e potrai passare in rassegna tutti gli articoli che sono stati pubblicati a nome mio e di Luigi Mariani sull'argomento. Buona lettura.

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  42. Certi personaggi svalutano il modo di pensare scientifico e dovrebbero stare a "zappare". Cosa che a loro è sembrata evidentemente faticosa, ma anche soppesare gli equilibri biologici modificati con l'agricoltura non è uno sforzo da poco.
    Professori che si autoconvincono che l'agricoltura è una scienza, mentre il biologico è una pratica codificata da alcune regolette.... non fa onore al modo di pensare scientifico e razionale, oltre che denota una ignoranza di fondo del settore. Certi strali lanciati servono più a mettere a risalto i punti deboli del settore bio, cioè le direzioni in cui dobbiamo lavorare, piuttosto che gli scogli che ci dovrebbero far cambiare direzione. La mancanza assoluta nel dibattito dei problemi di fondo della gestione del territorio, della geografia, i punti interrogativi della medicina e dell'alimentazione, ... senza di questi, e senza una adeguata, anche se pur sempre empirica valutazione, tutto il discorso è scientificamente ridicolo....
    Il bio non è una unica tecnica, ma un complesso vario, se vogliamo dare una unica definizione dobbiamo essere capaci di sintetizzarne i valori di base, evidenziare alcuni errori non giustifica l'assoluta mancanza di valori etici su cui è basata l'agricoltura convenzionale e la gestione mercatista del territorio oggi.

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    1. Di agricoltura ne esiste una sola ed è inutile ricercare aggettivi per definirla. Esiste solo quella che produce attraverso rotazioni lunghe, che mantiene la fertilità dei terreni (con le pratiche agricole e con gli apporti per colmare le asportazioni) che difende con criterio e se ne vale la pena le produzioni usando tutti mezzi a disposizione ( biologici e chimici) e soprattutto seguendo le sche de di sicurezza. QUESTA SI CHIAMA SEMPLICEMENTE "BUONA AGRICOLTURA". Se qualcuno non segue queste regole non si inventano altre agricolture, ma si elimina (non fisicamente certo!)l'agricoltore che non sa fare il suo mestiere.

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    2. L'agricoltura fatta secondo il metodo biologico fa parte dell'agricoltura, il bio è un regolamento come tanti che indirizza un modo di fare agricoltura. Come tale è parte della ricerca scientifica in agricoltura. Oggi le università aprono corsi sul bio, vengono pubblicate ricerche sula validita di tecniche agronomiche specifiche del bio etc... Anche l'agricoltura convenzionale ha delle regole, delle leggi da rispettare, non è l'Agricoltura, ma semplicemente ad oggi il modello ancora più diffuso. La tendenza però evidenzia in Italia una crescita del metodo bio e un calo delle aziende che fanno "convenzionale". Anche il termine "convenzionale" non vuol dire nulla, se non per distinguerlo da agricoltura integrata e biologico. Se come dice Alberto Guidorzi di agricoltura ne esiste solo una, allora questa poi si sviluppa con tecniche diverse, alcune delle quali sono state scelte o addirittura richieste dalle aziende che fanno bio. Anzi direi che la ricerca in agricoltura in questi anni sta andando molto in direzione di dare risposte alle aziende bio.

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    3. Marco

      Sarebbe meglio che prima di dire cose del genere: "La tendenza però evidenzia in Italia una crescita del metodo bio" tu le verificassi. Se prendi le statistiche del biologico (quelle pubblicate dal SINAB ti accorgeresti che i produttori di bio sono pressoché sempre gli stessi da 15 anni a questa parte (aumentano SOLO i preparatori e gli importatori). Certo aumenta la superficie certificata, ma guarda caso non sono quelle che producono che aumentano, ma quelle che non producono (si fanno certificare bio prati pascoli, oliveti e agrumeti dismessi cioè che non producono o che non presentano nessuna differenza di coltivazione) perchè così lucrano contributi). Questo avviEne per il 70> delle superfici italiane certificate a biologico. Ma ti pare possibile che le aziende biologiche abbiano una superficie media di 28 ettari quando l'azienda media italiana è di 8 ettari? Questa è la conferma di quel 70% di superfici improduttive che ho citato sopra. Vatti a legger4 l'artcolo di Comegna sui "TEMPI DELLA TERRA" E POI SCOPRIRAI TANTE BELLE COSE. il biologico in italia è una truffa bella e buona. Ma quali agricolture con tecniche diverse, le uniche tecniche sono quelle che ho indicato io sopra che sono rispettose dell'ambiente e nello stesso tempo sono produttive. FARE BIOLOGICO è RICAVARNE UN REDDITO è TROPPO DIFFICILE PERCHè SI POSSA ESTENDERE COME METODO, SALVO RICORRERE ALL'IMBROGLIO.

      La ricerca in agricoltura sta andando nel dare risposte al bio? Certo quella di ricercatori che scoprono l'acqua calda e accarezzano il gatto che li fa campare. La ricerca in Agricoltura latita o non esiste purtroppo.

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    4. Prima di criticare e citare fonti sarebbe utile leggerle:

      Statistiche SINAB:

      "i produttori di bio sono pressoché sempre gli stessi da 15 anni a questa parte" :
      2005 Operatori 49.859
      2018 operatori 79.046

      "aumentano SOLO i preparatori e gli importatori":

      2005 produttori esclusivi + produttori trasformatori 44.733
      2018 produttori esclusivi 58.594 + 10.363 produttori che trasformano tot 68.957

      2005 trasformatori 4.537
      2018 trasformatori 9.257

      " non sono quelle che producono che aumentano, ma quelle che non producono"
      2005 ettari certificati 729.192
      2018 ettari certificati 1.958.045

      di cui:
      2005 cereali certificati 160.050
      2018 cereali certificati 326.083


      superficie media:
      chI entra nel bio e si fa certificare lo fa quasi sempre per professione (IAP), questo aumento la media di ettari per azienda.
      Nel convenzionale ci sono migliaia di pensionati, hobbisti, agricoltori non professionali che abbassano tantissimo la media. Solo il 17% delle aziende italiane sono imprese tra piccole, medie e grandi.
      Nel bio le percentuali si invertono.

      La superficie delle aziende bio inoltre deve essere maggiore perchè per ogni ettaro di superficie a produzione ci devono essere terreni a riposo, in rotazione o altro, non per forza abbandonate, ma inserite in una corretta gestione del terreno.

      "le uniche tecniche sono quelle che ho indicato io"
      L'"io" che usa dimostra una difficoltà a valutare le opinioni degli altri, una sicumera con la quale non mi piace confrontarmi. Abbandonerei con piacere la discussione.

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  43. Marco (Prima Puntata)

    Non mi freghi!!!!

    Rprendo le tue cifre.

    I tuoi 58.594 produttori esclusivi sono pressochè gli stessi del 2001 (56.440). Da questo dato di 20 anni fa l'andamento è andato in calando fino a raggiungere un minimo di 35.000 produttori nel 2004, poi il numero è rimasto praticamente costante fino al 2014 (intono ai 42/43000 operatori) ma con alti e bassi) e solo dopo che i PSR furono rimpinguati è cominciata la risalita ma che si è arrestata pressochè ai dati del 2001 (58594 contro 56440 cioè un misero aumento di circa 2000 produttori esclusivi in 20 anni.

    I preparatori ed gli importatori non c'entrano nulla con la produzioni. mentre i produttori trasformatori producono al massimo solo il 20% di ciò che trasformano. Se poi consideriamo che un'azienda può essere metà biologica e metà non biologica quel 20% di produzione potrebbe anche non essere biologico perchè pescata dalla parte non biologica. Non mi direte che fate dei controlli sulla produzione vero? Non si fa nessuna analisi perchè il biologico è solo una certificazione di metodo e non di prodotto.

    ALTRO IMBROGLIO BELLO E BUONO, ANZI TRUFFA, è LA NON DICHIARAZIONE DI QUANTO IL BIOLOGICO ITALIANO PRODUCE IN QUANTITA' (Si dichiarano tanti dati, si sbrodolano le cifre e si nasconde il dato più importante). QUESTO NON LO FATE PERCHE' RISULTEREBBE CHIARO IL DIVARIO PRODUTTIVO (CHE VA DAL 40 AL 70%) TRA BIOLOGICO E CONVENZIONALE E SVELEREBBE DI CONSEGUENZA I QUANTITATIVI CHE SI DEVONO IMPORTARE PER SUPPORTARE LA DOMANDA (IMPORTAZIONI IN GRANDE QUANTITA' DALLA CINA E TURCHIA, -PER IL GRANO DURO-, DOVE BEN SAPPIAMO CHE VIGE LA MASSIMA TRASPARENZA!!!!) E CHE SE I CONSUMATORI LO VENISSERO A SAPERE, VISTO CHE PAGANO I PRODOTTI IL DOPPIO, INSORGEREBBERO.

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  44. Marco (II puntata)
    Quindi il mescolare le quattro categorie (produttori escl. produttori-preparatori, preparatori escl, e importatori) nello stesso dato è solo fumo negli occhi per i barbarbagianni che credono che la produzione segua l'aumento della domanda di biologico. Inoltre si maschera e negare la notevole fetta di prodotti bio importati. Cioè molti consumatori non sanno che mangiano bio importato da paesi dove il protocollo di produzione o è fasulle o è meno costringente di quello europeo.
    Pertanto il dato da ritenere e solo un leggero aumento di produttori esclusivi biologici

    Ma chi non farebbe la domanda di passare a biologico nelle nostre marginali dell'Appennino o del Sud dell'Italia quando si parla di contributi al reddito suppletivi (cioè che si aggiungono agli aiuti diretti che tutti incassano) quando si arriva a pagare con soldi pubblici fino a 450 €/ha per i pascoli, 900 €/ha per gli oliveti e 600 €/ha per i seminativi:

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  45. Marco (Terza puntata)

    Ti avevo detto di andarti a leggere l'articolo di Comegna, se lo avessi fatto avresti potuto leggere il caso emblematico della Sicilia (trasferibile in tutte le zone olivicole d'Italia, anche se forse in Sicilia si esagera) della produzione di olio biologico e non. TI riporto, al fine di farti aprire gli occhi cosa dicono i dati (dubito che tu apra gli occhi, però, perché mi sembri come i comunisti che hanno fatto "santo" Stalin):

    La Sicilia aveva 42.101 ha di oliveti biologici nel 2017 (Sinab). Produzione media 6,3 t di olive/ha (medie 2015 e 16 fonte Sinab), ossia 265.236 t di olive biologiche prodotte. Ammettendo una resa del 14% significa una produzione di 37.133 t di olio biologico. Una produzione cospicua di olio biologico che dovrebbe inondare il mercato. Solo che il dato cozza con il fatto che la produzione complessiva delle ultime 4 campagne olivicole della Sicilia (ISTAT) è stata di sole 34.104 t di olio (biologico e non biologico).

    EVIDENTENTE CI DEVONO ESSERE MOLTI ETTARI DI BIOLOGICO CHE NON PRODUCONO UN SOLO GRAMMO DI OLIO. (Ma si beccano i 900 €/ha ugualmente)

    Un uguale discorso lo si potrebbe fare per la superficie a foraggere che è il 51% di tutta la superficie certificata italiana.

    Mi sai dire percè le regioni del Sud concorrono con ben il 64% alla superficie biologica italiana, il centro per il 21% ed il Nord per il 14% (ma perché vi è compresa l'Emilia e Romagna dove la prodigalità negli aiuti al biologico è notoria e totalmente anomala rispetto alle altre regioni del nord.

    Perchè al Sud, pur avendo il 64% della superfici biologica italiana consuma biologico per un 15%, mentre il Nord che concorre per il 14% ne consuma ben l'85%?. E' forse perché i consumatori ben sanno con quali metodi poco ortodossi si coltiva biologico e senza nessun controllo?. I mafiosi, recentemente arrestati sui Nebrodi, gestivano tutti pascoli biologici!!!!!

    Le tue non sono opinioni, bensì delle infatuazioni ideologiche e dato che non hai argomentazioni logiche fai l'offeso e vuoi abbandonare il campo

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  46. Purtroppo l'articolo non ha preso in considerazione l'enorme quantità di lavoratori contaminati dai pesticidi in diverse zone del mondo come in India o nella terra delle possibilità cioè negli Stati Uniti. In alcuni paesi poveri alcuni lavoratori ormai stanchi dalle malattie e peggio ancora dalle deformazioni fisiche osservate anche nei membri della famiglia hanno deciso di dare fine alla loro vita semplicemente bevendo il proprio pesticida, tanto non sono umani ma solo merce da sostituire. Allora dire che le vecchie tecniche adatte e dedicate alle monoculture e quindi ad un'agricoltura antiquata e stanca sono il nettare dei Dei ognuno ha il diritto di credere a ciò che vuole e viviamo in una democrazia, ma usare sempre la ramanzina del rame per affermare che il bio è nocivo per carità, tutti sappiamo che molti agricoltori l'hanno abbandonato da un pezzo tanto che oggi si utilizzano tante altre sostanze meno nocive perché (stupore) gli studi esistono anche in questo mondo "fantasy" quindi un minimo di pregiudizio in meno non sarebbe sbagliato. La biodinamica è fantasiosa? Sì! Ma c'è produzione o stanno con le mani in mano a guardare il vento? Quindi ben venga il loro lavoro. Questa smania di criticare chi vuole fare le cose in un modo diverso e sta anche avendo successo sta andando troppo oltre.

    Anna Maria

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    1. Ma no! Davvero si bevono il proprio pesticida? E se le tecniche dedicate alle monocolture sono antiquate, che mi dice del biologico fermo alle tecniche del 700 e del biodinamico del cornosilice e della pelle di topo bruciata e sparsa sul campo?
      La smania di criticare poi: mica sono i diversamente facenti a criticare il resto del mondo? Ed anzi non pretenderebbero forse che gli altri si adeguassero al vero (il loro) per il bene di tutti (loro)? Diversamente (da loro) nessuno ha mai vietato il cornoletame. Facessero quello che vogliono, nel rispetto delle leggi.
      Però da qui a farsi leggi ad usum fabricae (suae) il passo mi pare lunghetto.

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    2. L'articolo non ha centrato il punto. Bio non vuol dire bucolico. Bio vuol dire sistemi di pseudo-certificazione, (allo stesso modo delle certificazioni ISO, o di altre certificazioni di qualità), che a null'altro servono se non a far funzionare un contratto di licenza di marchio. L'agricoltore paga dei controlli di organismi terzi (che sono emeriti soggetti privati Sentenza Cassazione, Sez. Un., n. 9678 del 5 aprile 2019) per potersi fregiare del marchio "bio" e vendere come biologica la sua produzione. L' agricoltore non segue più le buone pratiche che si insegnano nelle scuole o nelle università di agraria, che anzi sono svalutate dai sistemi di certificazione...perché per poter usare il marchio bio (che gli viene concesso dagli organismi di controllo, cioè dagli emeriti soggetti privati di cui sopra) l'agricoltore deve far vedere che rispetta dei regolamenti comunitari e delle norme iso. La procedura e la forma valgono più della sostanza.

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