mercoledì 29 maggio 2019

" IL PANICO NEL PIATTO"


di ALBERTO GUIDORZI






E’ il titolo di un libro di Gil Rivière-Wekstein pubblicato nel 2017 (avente come sottotitolo: “approfittano delle nostre paure”.
Il libro porta la prefazione del nutrizionista, tossicologo e medico Denis Corpet. Egli tra le altre cose reputa di aver già mangiato 20.000 mele senza mai pelarle e prodotte da frutticoltura convenzionale, dunque con i loro residui di pesticidi; di ciò afferma di non essere mai stato preoccupato in quanto il tenore di residui è tale che avrebbe dovuto mangiare 25 milioni di mele per ingerire così tante sostanze cancerogene da eguagliare quelle dell’alcol (classificato sicuramente cancerogeno dallo IARC) contenuto in un bicchiere di vino.

A proposito del “probabile cancerogeno” affibbiato dallo IARC agli insaccati egli riporta che l’effetto pro-cancro di un piatto di antipasto di prosciutto e salame è completamente annullato se poi il pasto apporta anche del calcio, della vitamina E assieme ai polifenoli. Si fa notare che per ottenere questo apporto basta uno yogurt, qualche mandorla ed un bicchiere di vino rosso!
Ho letto questo libro (1) e trovandolo molto chiarificatore vorrei farvene una breve recensione. Il libro consta di tre parti:
  •  I – la paura ha invaso i nostri pasti; 
  • II – la fabbrica delle paure; 
  • III – A chi giova la paura?

I – La paura ha invaso i nostri pasti
L’analisi del perché ciò è avvenuto parte dalla constatazione che nel 1960 si contavano 4000 decessi da tossi-infezione, mentre un’indagine del 2004 enumera un numero di decessi compresi tra 230 e 700 (0,13% di tutti i decessi annuali). La storia di questa paura è antica quanto l’uomo perché su 350.000 varietà di piante che erano a disposizione dell’uomo la grande maggioranza era velenosa per l’uomo obbligandolo a cibarsi solo di un centinaio (ndr. È la dimostrazione che il naturale è tutt’altro che sano e che il calo di biodiversità coltivata ha una ragione molto obiettiva). Lo sviluppo vertiginoso della comunicazione di massa ha fatto il resto: nel 2015 ben 85 reportage di durata tra i 26 ed i 52 minuti stigmatizzavano la produzione alimentare moderna. La politica ne ha capito la possibile rendita elettorale ed ha inventato l’ecologia politica. IL settore economico della produzione alimentare è terrorizzata dallo sfruttamento di queste paure. Si pensi che l’intossicazione da E.Coli in Germania del 2011 ha causato 54 morti e più di 800 invalidi perenni ed ha provocato perdite rispettivamente di 1,5 e 3,5 milioni di € ai produttori di cetrioli e di pomodori perché inizialmente indicati come “gli untori”, mentre poi si è scoperto che era proprio la produzione di germogli biologici la causa. I media se prima si sono accaniti sui produttori orticoli poi hanno sorvolato sui pericoli per la salute insiti anche nella produzione biologica; la stessa cosa hanno fatto, ingrandendo oltre misura i pericoli, con la “vacca pazza”, facendola diventare una tappa fondamentale nell'evolversi delle paure alimentari degli ultimi anni.

II – la fabbrica della paura
Le ONG ecologiste con la loro efficiente organizzazione sia centralizzata che periferica sono i fabbricatori di queste paure e i bersagli prescelti sono i pesticidi e gli OGM. Piccolissime quantità di residui (a livello di qualche parte per miliardo) è la linfa che alimenta le paure, come ad esempio il dire che si ingeriscono 128 pesticidi in ogni pasto, che vi sono 225 residui in 49 campioni di fragole, oppure che 9 fragole su 10 sono contaminate. Un residuo ben al di sotto del limite legale diventa una “contaminazione”, vocabolo con una connotazione enormemente più negativa e traumatica per l’opinione pubblica. Per contro quando si rivelano quantità in tracce nei prodotti biologici si fa notare che sono pressoché non quantificabili, mentre per le stesse quantità in agricoltura convenzionale immancabilmente se ne dà il peso (0,0000079 g di pesticidi su 45 g di muesli) ma si sottace di far notare che occorrerebbe ad esempio mangiare 2,5 kg di muesli alla colazione del mattino, oppure 48 kg di mele al giorno per superare la dose giornaliera ammissibile di fitofarmaci, già di per sé inferiore di 100 volte alla dose senza effetto sulla salute. Oggi inoltre possiamo dire che in fatto di molecole chimiche “chi cerca trova”, è ormai possibile, per il miglioramento dei metodi di analisi, trovare la presenza di diossina se una goccia fosse versata in un volume d’acqua equivalente a 72.000 piscine. Si arriva a usare nei prodotti “bio” degli LQ (limiti di quantificazione) 10 volte superiori agli LQ normalmente usati nelle altre analisi (0,1 mg/L in luogo di 0,01 mg/L) e con questo escamotage si fa arrivare ad una opinione pubblica disinformata il messaggio che i prodotti “bio” sono contaminati per il 31% mentre i convenzionali lo sono per 100%. Il residuo di pesticida poi è infallibilmente associato al cancro e la sola presenza significa pericolo, mentre sarebbe il rischio da valutare, cioè la quantità per il tempo di esposizione. Ebbene anche se si usasse il rischio le indagini dimostrano che gli agricoltori, che dovrebbero essere più a rischio a causa del tempo di esposizione, invece lo sono di meno. Il che sta a significare che molto del “panico nel piatto” è infondato.

III – Chi approfitta della paura?
Sicuramente ne approfitta il mondo del biologico che ha creato una “cupola” (per profitti è quasi una multinazionale) che finanzia poi le campagne pubblicitarie delle ONG ambientaliste affinché la fabbrica della paura sia alimentata in continuazione. A sua volta il mondo del biologico è sorretto da lobby molto attive e potenti, al punto da falsare in continuazione i messaggi. Ve n’è addirittura una che agisce a livello mondiale come l’IFOAM. (ndr: e poi si parla solo di multinazionalizzazione per società come la Monsanto che per sopravvivere ha dovuto vendersi). Nel 100% dei campioni di vino biologico sono stati riscontrati residui di rame, l’elemento pesticida più usato in biologico, ma anche presenza di Fosetyl-AL e Spinosad. Certo queste presenze sono ben al di sotto dei limiti imposti dalla legge e quindi tutto rientra nella normalità e non deve fare oggetto di nessun messaggio ansiogeno veicolato sui media, tuttavia per la legge del contrappasso quando si fosse nelle stesse identiche condizioni in prodotti non bio il comportamento è improntato unicamente alla fomentazione continua di paure inconsulte.
Altro settore che gode di tale anomala situazione e quello dei prodotti per la salute e del benessere. Il settore comprende i prodotti di bellezza e anti-età, il turismo del benessere, la “sana” nutrizione e le medicine alternative e complementari. Si rifletta su questi dati a livello mondiale: il fatturato del 2015 di questo settore è stato di 3720 miliardi di $, ossia 4 volte più di quello dell’industria farmaceutica e ben 250 volte più del fatturato della Monsanto. Sintomatico è l’esempio della ditta Seven Farma francese che da una parte finanzia Seralini per i le sue ricerche anti OGM e anti-pesticidi e dall’altra produce e vende prodotti parafarmaceutici come “digeodren” (con capacità polivalenti di drenaggio di sostanze tossiche sull’asse di fegato-reni-pelle) o “uroden” (prodotto facilitante l’escrezione delle tossine per via urinaria). In parallelo vi è lo sfruttamento di tutta una ragnatela di riviste e pubblicazioni aventi per oggetto consigli dietetici e salutistici.
La grande distribuzione non poteva non approfittare del “marketing della paura”, ha ben capito che si potevano aumentare prezzi e fatturato per effetto del “verdeggiamento” della loro immagine, specialmente attenggiandosi a paladini degli anti-OGM. Qui assistiamo alla messa in atto di tecniche ricattatorie nel senso che ONG come Greenpeace paventano o mettono in atto azioni di cattiva propaganda verso insegne non “istituzionalizzate”. La tecnica del “nane and shame” (figurativamente traducibile in “svergognare qualcuno in pubblico”) è lo strumento preferito. Il caso più eclatante à quelle dei magazzini Leclerc che inizialmente contrari ad adottare le politiche di insegne similari hanno dovuto cedere a causa del blocco dei rifornimenti generato da presidi e picchetti davanti all’uscita dei loro magazzini da parte di Greenpeace. Tutte queste iniziative molto mediatizzate sono finalizzate alla raccolta di fondi che solo in parte sono resi palesi e che danno ragione del perchè le ONG sono definite “macchine da soldi”.
L’industria alimentare ha approfittato anch’essa dell’onda salutistica derivata dall’ecologismo ed il caso più eclatante è quello dei latticini facilitanti il transito intestinale sfruttando la moda dei probiotici. La nuova iniziativa mediatica contro carne e latticini sarà funzionale poi al business di cibi a base di soia a cui si aggiungono i prodotti del “senza”.

(1) - Gil Rivière-Wekstein – PANIQUE DANS L’ASSIETTE – ils se nourrissent de nos peurs- Edizione Le Publieur


Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.



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