lunedì 12 febbraio 2024

PERCHE’ L’USO DEL GLIPHOSATO E’ STATO AUTORIZZATO PER ALTRI 10 ANNI?

di ALBERTO GUIDORZI




Eppure al cittadino, in questi anni di bombardamento mediatico, è stato detto che il gliphosate era colpevole di tutti i malanni che capitano all’uomo: provoca il cancro, provoca alterazioni fetali, perturba il sistema ormonale, e un inquinante pericoloso dell’ambiente ecc. ecc. Ne dovremmo dunque arguire che la Commissione UE, rinnovandone l’autorizzazione, si è presa la responsabilità di mettere in pericolo i cittadini europei. E’ possibile credere che la Commissione sia stata tanto superficiale, quando sappiamo, invece, che spesso si è lasciata trascinare nelle decisioni da convenienze politiche? Per rispondere a queste domande e quesiti dobbiamo analizzare su quale base e su quali dati e pareri la Commissione abbia deciso.
Innanzitutto dobbiamo dire che la Commissione nel prendere la decisione si è avvalsa dei pareri di organismi scientifici pubblici europei, uno è l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare -147 milioni di € di dotazione annuale, 450 impiegati. 1500 esperti esterni) e l’altro è l’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche). A queste due entità indipendenti e pubbliche è stato fornito un voluminoso dossier gliphosate, per la cui composizione e raccolta di materiale documentale è stato dato incarico alle autorità sanitarie di 4 nazioni (Francia, Ungheria, Olanda e Svezia). La Francia agisce con la sua autorità sanitaria chiamata ANSES (140 milioni di € di bilancio annuale, 1400 impiegati e 9 laboratori) come pure gli altri paesi.
Come si è svolta questa valutazione europea del gliphosate? Nel giugno 2020 si è stato costituito il dossier di omologazione di cui sopra e composto da 181.911 pagine derivate da:

  • 1507 studi scientifici ossia studi regolamentari che una ditta fitofarmaceutica interessata alla riomologazione del gliphosate deve presentare per una valutazione degli effetti sulla salute animale e sull’ambiente. Il protocollo sperimentale di ogni esperimento deve essere prioritariamente, cioè prima di cominciare la sperimentazione, sottoposto all’autorità sanitaria del paese dove si svolge l’esperimento, inoltre questo protocollo è pubblico e quindi la validità e l’adeguatezza può essere giudicata non solo dall’autorità sanitaria, ma anche da altri studiosi. Solo dopo l’accettazione del protocollo sperimentale la ditta fitofarmaceutica può iniziare lo studio scientifico, avvalendosi però per le analisi di laboratori accreditati e comunque i risultati dello studio preautorizzato devono essere presentati, negativi o positivi che siano;
  • 12.000 articoli, questi invece sono studi sperimentali indipendenti pubblicati su riviste scientifiche giudicate da esperti e riguardanti sempre il gliphosate. Questi studi non sono regolamentati come quelli sopra, ma comunque sono condotti da scientifici secondo protocolli che verranno valutati a posteriori da esperti per un giudizio critico del modo di operare e dei dati ottenuti.
Questo corposissimo dossier, frutto della ricerca privata è stato affidato per la valutazione preliminare alle 4 autorità pubbliche sanitarie nazionali sopraccitate. Dopo un’analisi critica di ogni studio o articolo scientifico ne è stato stilato un rapporto preliminare di valutazione (RAR) di 11.000 pagine. Il rapporto RAR è stato sottoposto nel giugno 2021 alle due autorità indipendenti europee, cioè all’EFSA ( incaricata di valutare i rischi sanitari e ambientali) e all’ECHA (incaricata di valutare i pericolo sulla cancerogenicità , mutagenesi e reprotossicità). Quest’ultima decide anche dei pittogrammi da apporre sulle confezioni e le sue considerazioni finali sono state rese pubbliche nel giugno 2022. Mentre l’EFSA si è presa ancora un anno di tempo perché si sono aggiunti altre ricerche e il parere lo ha dato nel giugno 2023. Il tutto quindi è stato rimesso alla Commissione per la decisione politica, essa ha emesso il suo parere il 15/12/2023 giudicando possibile la riomologazione sul territorio comunitario del principio attivo gliphosate per ulteriori 10 anni, cioè fino al 2033. Tuttavia se un paese membro non accettasse la decisione può impedire l’uso del gliphosate sul suo territorio.

Quali sono le risultanze che sono scaturite dall’analisi di questo dossier?

Per quanto riguarda la tossicità a lungo termine o cronica, la Dose Giornaliera Ammmissibile (DGA) per tutta la vita è stata fissata a 0,5 mg/kg di peso corporeo al giorno (negli USA questo limite è di 1,75 mg/kg). Si ricorda che la DGA per il gliphosate è calcolata a partire dalla dose senza effetto registrata su animali cavie (conigli in questo caso) dividendola per un fattore di sicurezza 100, infatti la Dose Senza Effetto o DSE trovata sui conigli è di 50 mg/kg/giorno. L’unità massimale dei residui ammessi per kg di derrata alimentare è variabile secondo le specie (da 10 a 15 mg/kg per i legumi e 30 mg/kg per i cereali a paglia). Circa il valore sanitario: il (Vmax), valore sanitario massimo, nelle acque da bere è fissato in 900 µg/L ; questo è il limite che non può essere superato nelle acque che si bevono quotidianamente. Circa la definizione di purezza delle acque (che vale per qualsiasi fitofarmaco e che non ha nulla a che vedere con il precedente valore sanitario delle stesse) nel caso del gliphosate il Vmax deve essere diviso per 9000, ossia il limite massimale è di 0,1 µg/L per ogni fitofarmaco e 0,5 µg/L per tutti i fitofarmaci. Se si rientra in questi livelli allora l’acqua da bere è definibile “pura”. Ribadisco che l’acqua qui definita “pura” era già considerata “sana” in funzione del Vmax. Si fa notare che qui spesso si equivoca nel senso che si riportano i valori di Vmax anche inferiori ai 900 µg/L, cioè nella norma , per lasciar credere che beviamo acqua impura perché contenente fitofarmaci oltre la norma.
Sotto l’egida dell’EFSA e al fine di valutare la presenza del gliphosate negli alimenti, nel 2020 sono stati prelevati 14.125 campioni di alimenti sui quali si è ricercata la presenza del gliphosate. Ebbene su 13.842 campioni di alimenti non sono stati trovati residui di gliphosate, 283 campioni invece contenevano gliphosate entro la norma dei residui, ossia il 2% della totalità dei campioni prelevati. All’interno dei 283 campioni precedenti, 82 (0,6%) erano fuori norma (superavano LMR cioè il Limite Massimo di Residuo ammesso). L’EFSA ne ha concluso che questo livello di contaminazione corrisponde ad una esposizione, tramite l’alimentazione, a meno dello 0,2% della dose giornaliera ammissibile.
La Francia essendo uno dei 4 paesi a redigere il rapporto ha trasmesso anche il suo dato del 2019 sul gliphosate nelle acque redatto dalla sua Autorità Sanitaria (ANSES). Su 89.255 campioni di acqua da bere ne ha trovati 368 (0,4%) con residui nella norma, mentre il resto non aveva nessun residuo di gliphosate. Tra i 368 solo 154 (0,2%) avevano contenuti sopra la norma di qualità delle acque (purezza) che è di 0,1 µg/L. In 10 anni di analisi ripetute non si è mai trovato un campione che superasse il valore sanitario (V/max che è di 900 µg/L).
Circa la tanto sbandierata presenza di gliphosote e AMPA (suo metabolita) che è stata trovata nelle urine essa è dell’ordine di 1 µg/L che corrisponde ad una esposizione per via orale inferiore all’1% della Dose Giornaliera ammissibile, ossia 100 volte meno.
L’ECHA per quanto la riguarda ha affermato che non è possibile, a seguito delle sperimentazioni a lungo termine sui ratti, definire il gliphosate come cancerogeno (criteri CLP). Circa la tossicità sulla riproduzione, non ha raccomandato nessuna classificazione per la fertilità o lo sviluppo. Il comitato ECHA, incaricato della classificazione del gliphosate in merito alle lesioni oculari (categoria 1) e il pericolo a lungo termine per l’ambiente acquatico (categoria 2), afferma che le classificazioni già date dovevano essere conservate. Tutto ciò si trova nel documento finale di circa 1000 pagine.
L’EPA americana aveva già detto che per il gliphosate non vi era nessun rischio di cancerogenicità, che i bambini non sono i più sensibili al gliphosate e che esso non era un perturbatore endocrino. Si ricorda che l’avviso del CIRC, da cui è partito tutto il bailamme e che diceva esserci: - delle prove solide per la genotossicità del gliphosate a breve termine; - delle prove sufficienti per la cancerogenicità a lungo termine per gli animali; - delle prove limitate per quanto concerne la cancerogenicità nell’uomo, non ha il crisma di un’agenzia sanitaria riconosciuta, pertanto il suo parere è solo informativo e come tale è stato preso in considerazione da EFSA e ECHA che, quindi, ne ha valuta la più o meno fondatezza analizzancdo un numero grandissimo di riferimenti scientifici. Pertanto la cancerogenicità di tipo 2° decretata dal CIRC non è rimasta a margine della decisione di riomologazione, essa è stata considerata, ma giudicata non supportata dalla grande maggioranza degli studi scientifici. Il CIRC ha deciso analizzando in totale 8 studi di cui 6 erano studi regolamentari di ditte produttrici di gliphosate sfatando così la diceria che al pubblico sono interdetti gli studi regolamentari delle ditte produttrici il prodotto. Ha inoltre scartato due studi che contraddiceva la loro tesi perché non pubblicati, ma poi presi in considerazione nel dossier.
E’ stata valutata anche: la persistenza, il potenziale di diffusione e migrazione nel suolo, il potenziale di bioaccumulo, il potenziale di deriva durante la nebulizzazione, il potenziale tossico sugli organismi non bersaglio (fauna ausiliare del suolo, impollinanti, uccelli, rettili, artropodi, anfibi, organismi acquatici e alghe). Per fare ciò si sono analizzati ( sia gliphosate che AMPA): i suoli trattati con gliphosate, le acque superficiali e le acque sotterranee. La degradazione del gliphosate è fatta dai microrganismi del suolo, cioè se ne nutrono e rilasciano prodotti di degradazione come l’AMPA e poi l’HMPA; quest’ultima degradandosi ulteriormente in parte entra a far parte del microrganismo che se ne è nutrito ed il resto è semplicemente CO₂ emessa. Ad esempio sui tre tipi lombrichi del suolo si è valutato la dose senza effetto di AMPA che può essere presente in un suolo trattato alla dose massima consentita di gliphosate tutti gli anni e si è calcolato che nella realtà essa dovrebbe restare 19,3 volte minore della dose senza effetto. Si usa il condizionale perché si tratta di un dato derivato da un modello matematico.
In conclusione l’ECHA dice: il gliphosate ha un valore economico perché limita la lavorazione del suolo, non ha rischi preoccupanti per la salute e l’ambiente, si possono trovare residui di AMPA e gliphosate nei suoli, nelle acque, negli alimenti e nei nostri corpi, ma alle quantità rivelate (ben al di sotto dei limiti) essi non presentano rischi sanitari o ambientali preoccupanti. E’ su queste basi che la Commissione ha deciso di riautorizzare il gliphosate in agricoltura.


ALBERTO GUIDORZI

Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana. 

2 commenti:

  1. https://ilfattoalimentare.it/pesticidi-trattori-proteste-agricoltori.html
    centra anche col gliphosate

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    1. Io ho parlato del solo gliphosate, Il fatto alimentare non è un'autorità sanitaria, ma semplicemente uno che fa di tutta l'erba un fascio solo per spaventare. I dati ufficiali sono i dati EFSA. Parlare di residui senza dire in che quantitativi sono presenti è pura e semplice disinformazione. Lo sai almeno che le analisi oggi rilevano una molecola senza essere capace di quantificarla tanto è infinitesimale. Finale: tu sei un vigliacco perchè commenti anonimamente e non hai il coraggio, come l'ho io, di mostrati per nome e cognome.

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