martedì 30 dicembre 2025

LA DECIMA ECCLESIASTICA E LO SFRUTTAMENTO DEI CONTADINI IN ITALIA: IL LEGAME STORICO TRA CHIESA E TERRA

 di FRANCESCO MARINO



La decima ecclesiastica, un'imposta che richiedeva il pagamento del 10% sui raccolti agricoli, è stata una delle principali forme di tassazione che ha interessato i contadini italiani per secoli. Sebbene originariamente concepita come un atto di fede, la decima si trasformò nel tempo in uno strumento di sfruttamento che gravò pesantemente sulle popolazioni rurali. La sua applicazione in Italia, legata al sistema del latifondo e alle disuguaglianze economiche e sociali dell'epoca, consolidò il potere delle classi dominanti. Sebbene le riforme politiche e fiscali del XIX secolo abbiano segnato il lento declino di questa imposta, le disparità agrarie continuarono a radicarsi nel sistema economico italiano, prolungando l’oppressione economica nelle aree rurali.

Cos'è la decima ecclesiastica?

La decima affonda le sue radici nell'Antico Testamento, in particolare nel Levitico 27:30, che stabiliva che un decimo dei raccolti fosse destinato a Dio. Questo concetto si evolse nel corso dei secoli. Nel Medioevo, la Chiesa cattolica, per finanziare il clero, la manutenzione delle chiese e le opere di carità, iniziò a imporre il pagamento della decima a tutti i contadini. Sebbene inizialmente la decima fosse concepita come un tributo religioso volontario, presto si trasformò in un’imposta obbligatoria, diventando uno degli strumenti principali di controllo delle masse rurali. Questo tributo divenne sempre più gravoso, legando in modo stretto i contadini alla Chiesa, non solo spiritualmente, ma anche economicamente.
Nel corso dei secoli, la gestione delle terre ecclesiastiche divenne una delle principali fonti di reddito per la Chiesa. Le terre, estese in gran parte dell’Italia, venivano coltivate dai contadini, che erano costretti a cedere una parte dei loro raccolti come tributo. In tal modo, la Chiesa riuscì a consolidare il suo potere temporale, soprattutto nelle aree rurali. La decima non era solo un tributo fiscale, ma uno strumento di sottomissione che rinforzava il potere ecclesiastico, mantenendo la sua posizione dominante nelle zone agricole.

La decima e il sistema agricolo italiano

La decima si inseriva in un sistema agricolo dominato dal latifondo, una struttura che prevedeva vastissime proprietà terriere, molte delle quali sotto il controllo della Chiesa. I contadini che lavoravano queste terre erano obbligati a cedere una parte significativa dei loro raccolti come tributo. Sebbene non tutti i latifondisti fossero membri del clero, le terre erano spesso legate alla Chiesa, che riscuoteva la decima come imposta obbligatoria. Così, non solo i contadini erano costretti a lavorare per i proprietari terrieri, ma dovevano anche “sottomettersi” al pagamento della decima.
Il sistema del latifondo era predominante in Italia, soprattutto nel Sud, dove i latifondi erano vastissimi e le risorse agricole concentrate in mano a pochi. Le terre ecclesiastiche non solo generavano profitti per la Chiesa, ma venivano anche usate per mantenere il controllo sulle classi lavoratrici. Sebbene non tutte le terre fossero direttamente gestite dal clero, molte di esse erano utilizzate come strumenti di sfruttamento, con i contadini obbligati a cedere una parte dei loro raccolti. In molti casi, i contadini pagavano due tributi: la decima alla parrocchia e il canone d'affitto al proprietario terriero, che poteva essere la Chiesa stessa o un nobile.

Il potere della chiesa sulle terre agricole in Italia

Nel corso dei secoli, la Chiesa divenne uno dei principali proprietari terrieri in Italia, con vasti possedimenti distribuiti su tutta la penisola. Le terre ecclesiastiche costituivano una parte significativa del sistema agricolo italiano, dominato dal latifondo. Spesso queste terre non venivano coltivate direttamente dal clero, ma gestite da affittuari o braccianti agricoli, che ricevevano una remunerazione minima o nulla. In cambio del loro lavoro, la maggior parte dei raccolti veniva destinata alla Chiesa come tributo fiscale.
Nonostante il potere della Chiesa fosse indiscutibile, la decima divenne un punto di conflitto. I contadini si trovavano a dover cedere gran parte dei loro raccolti, aggravando la loro condizione di povertà e sottomissione. La Chiesa, pur sostenendo che la decima fosse un dovere religioso, la utilizzava come strumento per rafforzare la propria posizione di potere temporale. Nel contesto del Concilio di Trento (1545-1563), la Chiesa riaffermò l’obbligatorietà della decima sotto pena di scomunica, rendendola non solo un precetto religioso, ma anche una norma coercitiva che aumentava il controllo sulle popolazioni rurali.

Inferno e Paradiso: La visione religiosa della vita contadina

La decima non era solo un tributo economico, ma rappresentava anche un atto di sacrificio religioso. La Chiesa promuoveva la visione della vita terrena come un periodo di penitenza, con la promessa di una ricompensa nell'aldilà. I contadini, lavorando nei campi e versando la decima, speravano di ottenere il Paradiso. Questo legame tra sacrificio terreno e ricompensa divina giustificava la miseria e il sacrificio quotidiano dei contadini, alimentando la loro speranza di salvezza.
La Chiesa alimentava la paura della condanna eterna per chi non adempiva al pagamento della decima, utilizzando la religione come strumento di controllo sociale. La speranza di salvezza nell'aldilà si rivelava un potente strumento psicologico per mantenere l'ordine sociale. Così, non solo il lavoro nei campi, ma anche il versamento della decima, veniva visto come una forma di penitenza che, pur accrescendo il dolore fisico e la miseria, apriva le porte al paradiso.

La resistenza dei contadini: Lotta e ribellione

Nonostante le difficoltà, i contadini non rimasero passivi. Le rivolte contadine contro la decima e l’autorità ecclesiastica furono numerose e diffuse lungo tutta la penisola, in particolare nelle regioni agricole più povere. La resistenza dei contadini si concretizzava in vari modi: creazione di falsi rendiconti sui raccolti, distribuzione illegale dei prodotti agricoli, e rifiuto di pagare la decima. Queste azioni erano una forma di protesta contro l’ingiustizia sociale e il potere ecclesiastico.
Le ribellioni contadine contro il pagamento della decima non erano solo azioni di disobbedienza fiscale, ma manifestazioni di resistenza sociale contro un sistema di sfruttamento che impediva la mobilità economica. Nonostante la severa repressione, queste ribellioni dimostrarono il coraggio dei contadini e il loro rifiuto di subire passivamente il giogo della povertà e dell'oppressione.

La fine della decima e la secolarizzazione dello Stato

Nel XIX secolo, con l’unificazione d’Italia e il processo di secolarizzazione, la struttura politica e religiosa del paese cambiò radicalmente. Il Risorgimento e la Legge delle Guarentigie del 1870 segnarono la fine del potere temporale della Chiesa, sancendo la separazione tra Stato e Chiesa e abolendo la decima come tributo ufficiale. Tuttavia, la Chiesa mantenne una forte influenza economica grazie alla gestione di ampie proprietà terriere e ai privilegi fiscali.
L’abolizione definitiva delle decime sacramentali avvenne formalmente con la Legge n. 3926 del 14 luglio 1887, che segnò la fine della riscossione della decima. Nonostante la sua abolizione, le disuguaglianze agrarie continuarono a essere una realtà per i contadini, legata alla persistenza dei latifondi e alla difficoltà di accesso per i lavoratori agricoli alle risorse terriere. Nel 1881, l’introduzione di una tassa agraria centralizzata sostituì la decima, ma il fenomeno del latifondo e delle disuguaglianze sociali rimase radicato. Le riforme agricole successive non riuscirono a risolvere completamente il problema della distribuzione della terra, che continuò a essere concentrata nelle mani di pochi proprietari terrieri, in particolare ecclesiastici e nobili.

L'eredità del potere della Chiesa sulle terre agricole

Anche se la decima fu abolita, la Chiesa cattolica continua a possedere ampie terre agricole in Italia, molte delle quali godono ancora di privilegi fiscali speciali. Le proprietà terriere ecclesiastiche sono oggetto di dibattiti legali e sociali, con questioni legate alla giustizia sociale e alla necessità di una riforma fiscale equa. Sebbene non venga più riscossa  la decima, la concentrazione della terra nelle mani della Chiesa solleva ancora interrogativi riguardo alla distribuzione delle risorse e alla riforma del sistema agricolo.
Il sistema agricolo italiano è rimasto segnato da una forte gerarchia sociale, dove i contadini e i braccianti continuano a essere subalterni rispetto ai detentori della terra. Nonostante le modifiche apportate nel XIX secolo, la Chiesa ha conservato una considerevole influenza nel panorama agricolo e sociale del paese, mantenendo un potere che oggi solleva interrogativi riguardo la sua continuità e il ruolo che gioca nelle dinamiche sociali ed economiche italiane.


Bibliografia

  • De Rosa, Gabriele. La Chiesa e lo Stato nell'Italia moderna. Bologna: Il Mulino, 2005.
  • Fiore, Domenico. Il latifondo e il sistema agricolo nel Mezzogiorno. Roma: Laterza, 2010.
  • Laganà, Giovanni. La decima: Storia di una tassa ecclesiastica in Italia. Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 1998.
  • Rossi, Salvatore. Il potere della Chiesa e la sua influenza sull’agricoltura italiana. Milano: Mondadori, 2004.
  • Santucci, Paolo. Economia e politica nella storia d’Italia. Torino: UTET, 2007.


Francesco Marino
Dott.Agronomo e Zootecnico (UniFI). Diploma di maturità in Tecnico dell' Industria Enologica (Istituto Sperimentale  Agrario, F. Todaro - Rende "Cs" ). Presidente dell'Associazione AgronomiperlaTerrA e già  Presidente  dell' UGC-CISL Firenze/Prato e di Copagri Toscana, organizzazione Sindacale che tutela gli interessi della aziende agricole aderenti all'UGC Cisl, UIMEC-UIL e UCI. E'  vicedirettore della Rivista Spigolature Agronomiche, Responsabile del Blog Agrarian Sciences e del sito biblioteca di Agrarian Sciences.



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