sabato 19 marzo 2016

E’ la dose che fa il veleno – alcune riflessioni in tema di glyphosate

di Luigi Mariani


Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit.
        Paracelso

Da mesi infuria una polemica sull’impiego per la difesa dalle malerbe del glyphosate, principio attivo del diserbante Roundup di Monsanto. Ad esempio sul Corriere della sera 28 febbraio 2016 è stato pubblicato l’articolo a firma Elena Tebano e dal titolo “Glifosato: il diserbante che ti trovi nel piatto, dalla frutta alla verdura - Dal cavolfiore ai pompelmi: trovate tracce della sostanza chimica che l’Oms ha definito «probabilmente cancerogena»”. In esso si scrive fra l’altro che “In Italia 32 associazioni dal Fai, al Wwf, a Legambiente, a Greenpeace, a Italia Nostra, hanno firmato un appello che chiede di bandirlo totalmente e di «rimuovere il prodotto da tutti i disciplinari di produzione che lo contengono e di escludere le aziende che ne fanno uso da qualsiasi premio nell’ambito dei Programmi regionali per lo sviluppo rurale (Psr)»”. 

La proibizione dell’uso del glyphosate avrebbe oggi conseguenze negative per molti produttori agricoli che si vedrebbero privati di un prodotto a basso costo, molto efficace e versatile e che trova impiego in una vasta gamma di colture (erbacee ed arboree) e di situazioni agronomiche (presemina, pre-raccolta, ecc.) Per farsi un’idea dei settori d’impiego si veda ad esempio il documento di Monsanto “The agronomic benefits of glyphosate in Europe”.
Pertanto è necessario che ogni decisione in merito al destino di glyphosate sia assunta su base razionale. Da questo punto di vista occorre dire che le indagini fin qui svolte dalla European Food Security Agency (EFSA) hanno evidenziato che:

  1. il glyphosate non desta problemi di tossicità acuta alle dosi a cui è reperibile in prodotti alimentari e nelle acque
  2. è improbabile che il Glyphosate sia cancerogeno.
Da ciò deriva che la messa al bando della molecola sarebbe oggi arbitraria e ispirata da motivi ideologici che da tempo muovono le campagne mediatiche contro tale prodotto e contro la Monsanto. Tali aspetti saranno approfonditi nel seguito dell’articolo. 
Scrivo queste note in qualità di agronomo spinto anche dal fatto che sui grandi media a parlare di tali vicende siano chiamati esponenti di tutte le categorie tranne coloro che sono a tutti gli effetti i “medici delle piante”. E’ questa una situazione che mi lascia da tempo perplesso anche perché non potrebbe in alcun caso verificarsi se il problema riguardasse la medicina umana.

Fitoiatria e fitofarmaci
La parola farmaco deriva dal greco pharmakon, che vuol dire veleno. Ma cosa distingue il farmaco dal veleno? Già alcuni secoli orsono Paracelso (1493-1541) rispose scrivendo che “Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.“ 
Queste riflessioni sorgono spontanee nell’agronomo quando considera da un lato i farmaci usati per gli umani e gli animali e dall’altro i farmaci delle piante, i cosiddetti fitofarmaci, che demagogicamente sono oggi dai più chiamati “pesticidi”. 
Chi usa il farmaco in medicina umana o animale lo usa in funzione dei benefici che esso può dare. Lo stesso vale per chi usa il fitofarmaco contro i nemici delle piante (insetti, funghi, batteri, malerbe, acari, ecc.). Peccato che quanto appare del tutto naturale in medicina umana o veterinaria (chi negherebbe infatti una medicina prescritta da un medico ad un malato, uomo o animale che sia) venga invece sempre più spesso letto dall’uomo della strada come qualcosa di totalmente innaturale nel caso delle piante, le quali secondo idee oggi sempre più diffuse dovrebbero in qualche modo “difendersi da sole”. Su tale aspetto ricordo che piante in buono stato vegetativo (analogamente a quanto accade per le persone ben alimentate e in buono stato fisico) sono meno sensibili alle malattie ma ciò non significa che non vi siano casi in cui la malattia insorge e si debbono metter in atto adeguate contromisure.
Per fare un esempio pratico, nessuno si sogna oggi di vietare l’aspirina, che ha una tossicità acuta pari a 17 volte quella del Glyphosate (la DL50, che sarà definita più avanti nel testo, è infatti di 250 mg/kg di peso corporeo per aspirina contro i 4320 mg/kg per glyphosate).
Ricordo anche che per farmaci e fitofarmaci il sottodosaggio (utilizzo a dosi inferiori a quelle prescritte dallo specialista) è dannoso, da un lato perché non risolve la patologia e dall’altro perché favorisce l’insorgere di forme resistenti del patogeno. Altresì dannoso è il sovradosaggio che nel caso dei fitofarmaci va contro l’interesse del produttore sia in termini ambientali e salutistici sia in quanto i fitofarmaci hanno un costo non indifferente. La morale è che un agricoltore coscienzioso e non sprovveduto evita l’impiego di dosi eccessive o troppo basse.
Il fatto che concetti all’apparenza tanto semplici non facciano in alcun modo presa sulla pubblica opinione è almeno in parte frutto di una campagna di disinformazione di massa che prosegue da decenni e che a ben vedere affonda le proprie radici in un odio inveterato per la chimica, disciplina scientifica bellissima e che moltissimo ha fatto per la salute e la sicurezza alimentare del genere umano.
 
Difesa dalle malerbe e diserbanti
La difesa dalle malerbe è oggi una necessità se vogliamo garantire la sicurezza alimentare a livello globale. Ciò perché in assenza di difesa le perdite produttive globali sulle grandi colture che nutrono il mondo raggiungerebbero livelli insostenibili sia in termini di reddito per il produttore sia di sicurezza alimentare globale. E’ per tali ragioni che se per un cittadino un campo di frumento infestato dai papaveri è solo una gradevole nota di colore in un paesaggio, per un agricoltore si tratta invece di una sciagura. La difesa si affida oggi soprattutto a mezzi meccanici (macchine sarchiatrici) o chimici (diserbanti). Anche se la chimica non è un obbligo, occorre dire che la difesa dalle malerbe con mezzi meccanici è possibile in colture quali mais, girasole, barbabietola e patata ma non in colture quali il riso, frumento, orzo, segale o colza.
Il mezzo chimico si è pertanto imposto da decenni per la sua praticità e per il basso costo. Si pensi ad esempio al caso del riso, in cui prima del diserbo chimico si usava fare la monda a mano con personale soprattutto femminile, le mondine, e si impiegava un totale di circa 400 ore di lavoro per ettaro l’anno contro le 2 ore oggi necessarie per il diserbo chimico. Anche trascurando i costi sociali (pesanti effetti negativi sulla salute delle mondine) quanto costerebbe oggi un riso prodotto in quel modo?

Il glyphosate: caratteristiche
Il glyphosate si caratterizza per elevata versatilità ed efficacia e costo contenuto. Si tratta inoltre di un diserbante non selettivo (colpisce tutte le piante superiori) e sistemico, nel senso che una volta assorbito dalle foglie viene trasportato in prevalenza attraverso il floema (linfa elaborata) raggiungendo i fusti e le radici e uccidendo le piante infestanti.
Inoltre è un diserbante non residuale nel senso che lascia scarsi residui nel suolo in quanto è rapidamente degradato dalla microflora del terreno. Per tale motivo, dopo aver trattato con glyphosate, si può dopo breve tempo seminare la coltura successiva. In tal senso il glyphosate viene spesso utilizzato quando si fa semina su sodo di cereali, pratica che rientra fra quelle di agricoltura conservativa, oggi considerate benefiche per l’ambiente.
Si noti anche che con l’introduzione degli OGM si sono prodotte varietà tolleranti al glyphosate, per cui (ovviamente non in Europa) è possibile usare tale erbicida su queste piante anche in presenza della coltura. Fra le colture per le quali esistono varietà tolleranti al glyphosate abbiamo oggi mais, soia, bietola, cotone, erba medica, ecc. (un elenco completo si trova qui).
Il glyphosate è in uso da oltre 40 anni e i suoi vantaggi sono tali e tanti da imporre che ogni decisione in merito al suo futuro impiego sia assunta a seguito di dati il più possibile certi in tema di tossicità e cancerogenicità, e mi accorgo qui di scrivere le stesse cose che scriverei se si dovesse discutere della messa al bando dell’acido acetilsalicilico, principio attivo dell’Aspirina.

La tossicità
La tossicità acuta (qui) di un fitofarmaco si valuta considerando la DL50 e cioè la dose che provoca la morte del 50% degli individui che assumono la sostanza in esame. A tossicità acuta elevata (classe 1) sono considerati i prodotti con DL50 inferiore a 50 mg per kg di peso vivo, a tossicità moderata (classe 2) i prodotti con DL50 fra 50 e 500, a tossicità lieve (classe 3) quelli con DL50 fra 500 e 5000 e innocui (classe 4) quelli con DL50 di oltre 5000 mg. Il glyphosate si colloca in classe 3 mentre in classe 2 ritroviamo ad esempio caffeina, aspirina e cloruro di sodo e in classe 1 la vitamina D3.
Un ulteriore concetto rispetto a quello di DL50 è quello di dose limite giornaliera (espressa in mg per kg di peso dell’organismo considerato) definibile come quantità massima di erbicida che può essere consumata giornalmente senza causare danni. In base a tale concetto il contenuto in glyphosate di un alimento o bevanda dovrebbe essere correttamente valutato utilizzando come unità di misura i milligrammi di glyphosate per kg di peso corporeo assumibili al giorno. In tal senso EFSA , operando in termini molto prudenziali, ha fissato una dose limite giornaliera di 0.5 mg per kg di peso per giorno)
[1].

Questi i dati con cui confrontarci. Spiace invece costatare che anche di recente i media hanno indagato il problema dei residui di Glyphosate presenti nelle birre tedesche (compresi fra 0.46 a 29.74 microgrammi per litro) assumendo come pietra di paragone non la dose limite giornaliera ma il quantitativo limite nell’acqua potabile ammesso per il glyphosate dall’UE e che è pari a 0.1 microgrammi per litro[1].
Utilizzando invece il metodo della dose limite giornaliera ci si accorge che per raggiungere la dose limite di 0.5 mg indicata da EFSA, un adulto che pesa 80 kg dovrebbe assumere 80 x 0.5 = 40 mg di glyphosate, il che nel caso della birra tedesca con residuo più elevato (29.74 microgrammi per litro) equivarrebbe a bere la stratosferica quantità di 40 mg / (0.02974 mg l-1) = 1345 litri di birra.

A risultati analoghi giungono valutazioni condotte con riferimento:


  • ai residui presenti su frutta e verdure: per raggiungere i valori soglia fissati da EFSA, un adulto che pesa 80 kg dovrebbe assumere giornalmente 400 kg di frutta e verdura.
  • all’acqua potabile stessa, in quanto ipotizzando la presenza di 0.1 microgrammi per litro il quantitativo ove per raggiungere la dose limite di 0.5 mg per kg un adulto che pesa 80 kg dovrebbe bere l’iperbolico quantitativo di 400 mila litri.
    Il dato per l’acqua potabile porta peraltro alla conclusione che i limiti fissati dall’Unione Europea non siano stati stabiliti su base tossicologica (come negli USA, ove l’autorevole EPA ha definito un limite di 0,7 mg di glyphosate per litro) ma siano stati viceversa definiti “a capocchia” come Donatello Sandroni sostiene nel suo bell’articolo “Allarmismo a tutta birra”. Sarebbe logico dunque attendersi che i limiti per le acque potabili venissero rivisti alla luce della reale tossicità delle diverse sostanze, anche per evitare l’uso demagogico sopra descritto nel caso delle birre tedesche.
    In sostanza l’impressione che si ricava dai dati sopra riportati è che con riferimento alla tossicità di Glyphosate si stia facendo allarme sul nulla, contribuendo ancora una volta a creare nell’opinione pubblica un atteggiamento di diffidenza e di insicurezza nei confronti dei prodotti alimentari. Peraltro il timore per il futuro è che l’ affinamento dei metodi analitici porti sempre più verso atteggiamenti allarmistici basati sul ritrovamento di poche molecole, che è possibile per una vastissima gamma di prodotti anche estremamente tossici, in quanto in natura il residuo 0 non esiste.

    La cancerogenicità
    Su tale tema la campagna contro il Glyphosate si è aperta a seguito del pronunciamento dell’International Agency for Research on Cancer (IARC) la quale, a seguito di un processo di review sulla letteratura scientifica fin qui prodotta, ha recentemente inserito il Glyphosate nella lista dei probabili cancerogeni umani, analogamente a quanto accaduto ad esempio per le carni rosse. A questa decisione di IARC si è tuttavia contrapposto il pronunciamento dell’EFSA, la quale a seguito di un analogo processo di review ha invece affermato che è "improbabile che il Glyphosate possa causare il cancro"[2]. Al riguardo si noti che, a differenza di IARC, l'EFSA ha posto al centro della sua riflessione la questione delle dosi, nel senso che la dose ricevuta da ratti alimentati con sondino gastrico da cui un numero limitato di studi ha dedotto la cancerogenicità del glyphosate sono di molto superiori a quelle a cui può risultare esposto un essere umano.

    Conclusioni
    In sintesi dunque i dubbi sollevati in merito alla tossicità o cancerogenicità del Glyphosate non reggono per il momento alla verifica sperimentale, senza la quale “ogni convinzione è cosa vana”. Da ciò si deduce che non sussistono ad oggi pericoli concreti per la salute umana in termini di tossicità e cancerogenicità e che di conseguenza la messa al bando di questo fitofarmaco non sarebbe al momento basata su motivi razionali ma obbedirebbe invece a ragioni di tipo ideologico che si richiamano all’avversione per l’agricoltura tecnologica e più in generale per l’uso della chimica in agricoltura.

    ________________________
    [1] Riportiamo qui di seguito per esteso come EFSA è giunta a definire tale dose limite giornaliera: “The acceptable daily intake (ADI) of glyphosate is 0.5 mg/kg bw per day, based on the maternal and developmental NOAEL (no observed adverse effect level) of 50 mg/kg bw per day from the developmental toxicity study in rabbits and applying a standard uncertainty factor (UF) of 100. The previous EU evaluation had set an ADI of 0.3 mg/kg bw per day based on the four long term toxicity studies in rats that were available at that time. In line with the former regulatory practice, NOELs instead of NOAELs were used. An overall NOEL of 30 mg/kg bw per day was established. One of these studies has been found to no longer meet the current testing guideline criteria due to the low doses tested (the NOEL is the highest dose tested in this study) and in the current evaluation, an overall long term NOAEL of 100 mg/kg bw per day is based on six valid combined long term toxicity/carcinogenicity studies in rats. The acute reference dose (ARfD) is 0.5 mg/kg bw, based on the same NOAEL of 50 mg/kg bw per day as the ADI (from the developmental toxicity in rabbits) due to the occurrence of severe toxicity including mortality observed in pregnant does and the increased incidences of post-implantation losses observed in two of the seven developmental toxicity studies in rabbits, applying an UF (uncertainty factor) of 100. An ARfD had not been allocated in the previous EU evaluation” ( qui).

    [2] Questa è la frase completa che si trova nell’absract del conclusion di EFSA: “Following a second mandate from the European Commission to consider the findings from the International Agency for Research on Cancer (IARC) regarding the potential carcinogenicity of glyphosate or glyphosate-containing plant protection products in the on-going peer review of the active substance, EFSA concluded that glyphosate is unlikely to pose a carcinogenic hazard to humans and the evidence does not support classification with regard to its carcinogenic potential according to Regulation (EC) No 1272/2008”. ( qui)


     
    Luigi Mariani
    Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del
    Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
     

    5 commenti:

    1. Affinchè rimanga ben impressa la corbelleria a cui stiamo assistendo.

      - Il gliphosate è stato dichiarato probabilmente cancerogeno dalla IARC sulla base di alcuni studi solamente, scelti appositamente perchè congruenti alla tesi precostituita. Non si sono invece presi in considerazione tutti gli altri studi che dimostravano il contrario. Infatti il parere dell'EFSA circa l'improbabilità che il gliphosate sia cancerogeno è il frutto dei controlli fatti da BfR che è l'ente tedesco incaricato dalla Commissioen UE di fare la valutazione in previsione di un rinnovo del permesso di utilizzazione del gliphosate.
      Qui trovate il comunicato della BfR http://www.bfr.bund.de/cm/349/does-glyphosate-cause-cancer.pdf

      Io sinceramente una mia idea me la sono fatta e ve la espongo avendo bene in mente la seguente nota frase andreottiana: " a pensar male è peccato, ma spesso ci si prende".

      Dunque il gliphosate è di libera produzione dal 1991. Infatti è prodotto da molti società chimiche ed i prezzi sono molto calati. Contemporaneamente sono in scadenza i brevetti sui tratti genetici che conferiscono la resistenza al gliphosate a varietà di mais e di soia OGM. Quindi anche questi possono essere introdotti liberamente su altre varietà tramite l'incrocio naturale e successiva selezione. In altri termini gliphosate e piante OGM rr non fanno più guadagnare soldi alle ditte originariamente detentrici dei brevetti.
      Ebbene io dubito che vi sia proprio una azione concertata tra multinazionali del No-OGM tipo Greenpeace e le multinazionali del Si-OGM. Le prime potranno vantare di aver salvaguardato la salute umana e lucreranno dazioni di denaro, mentre le seconde libereranno il campo dalla concorrenza di prodotti (erbicida e varietà di PGM rr) resi liberi da scadenze brevettuali previste per legge. Nel contempo, però, esse hanno già pronto un nuovo diserbante e il tratto genetico di resistenza a questo nuovo prodotto e presto brevetteranno il tutto, ma i prezzi per usare il tutto aumenteranno.

      AGRICOLTORI PIGRONI SVEGLIATEVI PERCHE' VI STANNO PRIVANDO DI STRUMENTI INDISPENSABILI PER FARE AGRICOLTURA PIU' ECONOMICA: VI STANNO PRIVANDO DEL DISERBO TOTALE PIU' FLESSIBILE CHE SIA STATO IMMESSO SUL MERCATO E ANCHE DEI NEONICOTINOIDI PER POTER SEMINARE SEMENTI CHE SI PROTEGGONO DAGLI INSETTI DEVASTATORI.

      AGRICOLTORI DOPO PERO' NON LAMENTATEVI SE DEI PRODOTTI AGRICOLI ECONOMICAMENTE PIU' CONCORRENZIALI (mica tutti i paesi sono fessi come noi europei!) ARRIVANO SUL MERCATO ITALIANO E VI FANNO CONCORRENZA. SONO SOLO I VOSTRI MERITI.

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      1. Caro Alberto,
        dagli operatori del settore primario (agricoltori, periti agrari, agronomi, ecc.) mi aspetterei un’attenzione molto maggiore alle proprie necessità di strumenti operativi.
        Io non sono esperto in dietrologie ma credo che la cosa peggiore sia quella di lasciare dei segmenti importanti de processo produttivo privi dei fitofarmaci che sono necessari ad operare in modo razionale. E’ come se gli operatori ospedalieri accettassero di rinunciare ad alcune classi di antibiotici che sono alla base della cura di malattie importanti come le polmoniti.
        Peraltro sfugge a tutti che gli interessi dei produttori coincidono con quelli del consumatore, nel senso che i fitofarmaci distribuiti nel pieno rispetto delle normative servono a ridurre le tossine che entrano nella filiera alimentare animali ed umana e che derivano non solo dai patogeni fungini ma anche dalle piante stesse poste in condizioni di stress.
        Ciao.
        Luigi

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      2. L’ipocrisia fatta regola per decisioni politiche…e noi li paghiamo!!!!

        http://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2016/04/14/glifosato-il-parlamento-ue-chiede-di-autorizzarlo-per-7-anni/48329?utm_campaign=newsletter&utm_medium=mail&utm_source=kANSettimanale&utm_term=529&utm_content=2431

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    2. Il roundup non è solo glyphosate e per essere completi mi aspetterei anche un esame dei componenenti inerti e coadiuvanti, la loro funzione e i rischi associati. Altrimenti si rischia di cadere nella disinformazione, non trovate?
      Grazie

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    3. Unknown dispiace ma parli senza documentarti, ed noi ci siamo arrivati prima di te a considerare il prodotto commerciale e non il solo principio attivo. Infatti qui https://agrariansciences.blogspot.it/2017/02/greenpeace-e-il-glyhosate.html

      abbiamo detto:
      """"""
      Tuttavia ci potrebbe essere qualche “San Tommaso” che esige di sentire il parere diretto dell’OMS. Ebbene, questa si è espressa unitamente alla FAO nel maggio 2016 (vedasi qui ) prendendo in considerazione tutto il dossier dello IARC e i successivi studi fatti e non limitandosi al principio attivo ma prendendo in esame anche i prodotti di degradazione e i coformulanti del prodotto commerciale. In sintesi se prendiamo in esame il sommario della risoluzione leggiamo quanto segue:

      >>>> Nel complesso, vi sono alcune evidenze di una correlazione positiva tra l'esposizione al glyphosate e il rischio di NHL (con NHL si indicano alcuni tipi di linfoma) dagli studi caso-controllo e la meta-analisi complessiva. Tuttavia, è da notare che l'unico studio di coorte di grandi dimensioni di alta qualità non ha trovato prove di un'associazione a qualsiasi livello di esposizione.<<<<

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