venerdì 24 ottobre 2025

NELL'ERA DELLA SOSTENIBILITA'

di GIANLUIGI MAZZOLARI






A differenza dei nostri antenati che, loro malgrado, si sono ritrovati a vivere nelle non accoglienti Ere glaciali, la nostra epoca si caratterizza per condizioni ambientali decisamente meno ostiche alla vita, pur mettendole sistematicamente alla prova.I rischi derivanti dallo sfregio dei comportamenti umani nei confronti delle risorse disponibili (e conosciute) godono di consapevolezza e sono ampiamente dibattuti, individuando, nella parola “sostenibilità”, la loro antitesi.
La ricerca scientifica ne è partecipe: PUBMED, alla voce “Sustainability” ritorna poco meno di 700.000 lavori di cui ben più della metà negli ultimi 10 anni. Aggettivando Sustainability con “agricultural”, ritornano 80.000 lavori di cui ben 70.000 negli ultimi 10 anni.
A conferma, se mai ce ne fosse bisogno, dell’aumento esponenziale al suo ricorso nella comunicazione, cui non fa eccezione il comparto agricolo che, anzi, si trova centrale, coinvolto com’è in ogni aspetto della sua operatività.
Che la si utilizzi in forma sostantivata (sostenibilità) o aggettivata (sostenibile), il messaggio che veicola deriva dal connubio semantico fra sostenere e mantenere con cura qualcosa nel tempo, applicato, originariamente, alla consapevolezza ecologica e alla conservazione delle risorse e, via via, esteso e generalizzato.
Nella prospettiva di lasciare alle generazioni future una qualità della vita non inferiore a quella attuale (Agenda 2030), giocano un ruolo gli scenari tecnologici che, in positivo o in negativo, influenzano, con dinamiche rapide e (ir)reversibili, la nozione di “capitale naturale” ¹. Le sfere economica e sociale ne sono coinvolte e, unitamente a quella ambientale, rappresentano i primi e non esaustivi tre pilastri della sostenibilità ².
L’ubiquità del termine, pur con malcelata insofferenza allorquando faziosamente (ab)usato, depone per una sua consolidata posizione egemonica nell’accezione comune, tant’è che ben potrebbe ambire, provocatoriamente, ad intestarsi l’attuale Era geologica, della sostenibilità, appunto.

Origine ed evoluzione

Il concetto di sostenibilità si ritrova per la prima volta nel Rapporto Brundtland della Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo (1987) ³, che ha coniato la definizione: “sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
Ha gettato le basi per l'Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs 2015-2030) delle Nazioni Unite, che mirano a raggiungere un futuro più equo e sostenibile per tutti ⁴.
Si è imposto prepotentemente, a conferma della sua fondatezza, in ogni settore delle attività umane fino a sfociare, in forma volontaria o obbligatoria, nel “bilancio di sostenibilità” ⁵, quale elemento probante dell’operato aziendale nel rendicontare il proprio impatto in ambito ambientale, sociale e di gestione (ESG), andando oltre la tradizionale visione finanziaria. Il documento rientra negli adempimenti delle Società Benefit, regolamentate in Italia dal 2016, quali espressione di nuovo modello di business che persegue il profitto rendendo conto dell’impatto sociale e ambientale ⁶.

Sostenibilità e Agricoltura

“Agricoltura sostenibile” è un concetto che non può non essere condiviso nella sua semplicità: coltivare senza danneggiare il pianeta; meriterebbe consenso universale ma così parrebbe non essere.
Le politiche europee hanno fatto della salvaguardia ambientale uno dei principali obiettivi strategici, attirando pochi proseliti nel mondo e suscitando critiche in merito alla sua efficacia, stante la soluzione locale a fronte di un problema che è globale, non disgiunta dalle dinamiche di un mercato altrettanto globalizzato.
Fra consensi e critiche, pur riconoscendo l’ineludibilità dei suoi contenuti, alla sicurezza alimentare e alla gestione delle risorse naturali, si è affiancata una componente ideologica che ne altera la valenza obiettiva proiettandola verso una posizione di principio.
L’ideologia in agricoltura è figlia del distacco della popolazione dal contatto con la natura, i suoi ritmi e la sua evoluzione, con la conseguenza di trasformare la realtà in sogno. Il marketing se ne avvale per orientare consensi e trova la convinta accettazione del percorso di sostenibilità come bene di merito ma scarsa propensione a riconoscerne i costi.
È questo uno dei punti più controversi della politica green, ricca di contenuti (benefici per tutti) ma monca di realismo (chi paga i costi), instillando la sensazione che la sostenibilità sia usata molto come slogan e meno come pratica condivisa.
È anche vero che l’agricoltura interpreta la duplice veste di attore di emissioni e contemporaneamente prima vittima delle stesse e quindi, del percorso di sostenibilità, sarebbe il primo beneficiario.
La sostenibilità è vantata quale prerogativa da parte delle agricolture variegatamente aggettivate: rigenerativa, conservativa, biologica, biodinamica, sinergica, solidale e, new entry (!), enzimatica ⁷, ecc. Senza nulla togliere ai lati positivi che per alcune di esse possono sussistere (perlopiù a livello di nicchia), a fronte dell’insignificanza in sé delle variopinte denominazioni scelte per caratterizzarle, si rileva la fatuità dei contenuti se non proprio la loro fallacia.
In alcuni casi (rigenerativa, conservativa) il lessico si rifa’ a pratiche già ampiamente descritte nei testi di Agronomia, in altre invece (biodinamica) con l’Agronomia e con la Scienza in generale, nulla ma proprio nulla hanno in comune. Il limite che in genere scontano è la scarsa produttività, necessitando quindi maggior superficie coltivabile a discapito della biodiversità, esattamente il contrario di ciò che dichiarano di perseguire.
Poi esiste l’Agricoltura non vantata, quella (impropriamente) c.d. “convenzionale”, quella basata sull’Agronomia (da Treccani: Scienza della coltivazione delle piante…), quella che ha permesso di accompagnare la crescita esponenziale della popolazione mondiale degli ultimi 100 anni da 2 a 8 miliardi. È definita anche “intensiva” per esprimere il massimo della produzione per unità di superficie, sottintendendo dispregiativamente l’impiego massiccio di input, quando in realtà l’”intensificazione sostenibile” va nella direzione di aumentare la produttività agricola diminuendo gli input e riducendo gli impatti ambientali negativi. Genetica, nel limite dei freni imposti al suo utilizzo, tecniche di precisione per maggior efficienza dei fattori di produzione, lavorazioni del terreno e tecniche agronomiche migliorative della fertilità, sono solo alcuni degli strumenti a disposizione per “produrre di più con meno”, liberando terreno da (ri)naturalizzare in favore di biodiversità ⁸.
È in tale contesto che meriterebbe di essere valutata (e rimodulata) la controversa "Nature Restoration Law" finalizzata a recuperare gli habitat europei ⁹. Al netto dei contenuti ideologici che possono aver prevaricato le buone intenzioni, qualche albero in più che spuntasse fra il mais e il riso nella nostra Valpadana non guasterebbe!

Che dire?

I prezzi dei generi alimentari sono uno dei principali fattori di (in)stabilità sociale e non mancano periodiche analisi che collegano il loro aumento a fenomeni meteorologici intensificati dal cambiamento climatico ¹⁰.
Le politiche UE in tema di degrado ambientale e, con esso, dei fattori che possono influenzare il clima, vanno nella direzione di opporsi a tali fenomeni, ancorché di parziale o nulla efficacia dipendendo dalla loro espansione applicativa su scala globale.
Uno dei limiti di tali politiche sta nella genericità con cui (non) sono state affrontate le conseguenze del loro impatto sul tessuto economico degli attori primari, lasciando di fatto che l’equilibrio costi/benefici si raggiungesse autonomamente, partendo da costi certi (per l’agricoltura) e benefici attesi (per tutti).
La sostenibilità parrebbe interpretare più il ruolo di attributo comunicativo che non di valore economico di filiera, stante la poca propensione, da parte del “consumatore ecologicamente consapevole”, di riconoscere il differenziale di prezzo susseguente ai maggiori oneri produttivi: sostenibilità come premium, possibilmente al prezzo di commodity.
Costruire un modello che rispetti ambiente, reddito agricolo e accessibilità alimentare è la sfida che impegna la nostra epoca: è auspicabile che l’utilizzo di “sostenibilità”, come si suol dire, “in tutte le salse”, contribuisca a far maturare una adeguata “educazione del consumatore” trasformando la percezione di attributo da etichetta in riconoscimento di processo sistemico.

 

 

Note  


  1. 1- (…) Il Capitale Naturale rappresenta l’intero stock di risorse naturali, organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche che contribuisco alla produzione di beni e servizi per l’uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente che li genera. 

 

  1. 2- (…) I tre pilastri della sostenibilità sono economia, società e ambiente. La sostenibilità attraversa, per essere applicata, ogni ambito disciplinare: dalla medicina all’ingegneria, dall’architettura all’agricoltura, dalle energie alla geologia, dall’economia alla gestione dei rifiuti, dalla progettazione europea alla filiera alimentare. Ma i tre pilastri sono condizione necessaria ma non ancora sufficiente, perché abbiamo bisogno di un quarto pilastro: la formazione, lo studio scientifico, l’apprendimento. Lo sviluppo sostenibile non esiste senza il radicamento sui territori di una cultura della sostenibilità, che attraversi tutti i campi del sapere.  

 

  1. 3- (…) Nel 1987, Gro Harlem Brundtland, presidente della Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo (World Commission on Environment and Development, WCED,) istituita nel 1983, presenta il rapporto «Our common future» (Il futuro di tutti noi), formulando una linea guida per lo sviluppo sostenibile ancora oggi valida. Il rapporto Brundtland constatava che i punti critici e i problemi globali dell’ambiente sono dovuti essenzialmente alla grande povertà del sud e ai modelli di produzione e di consumo non sostenibili del nord. Il rapporto evidenziava quindi la necessità di attuare una strategia in grado di integrare le esigenze dello sviluppo e dell’ambiente. Questa strategia è stata definita in inglese con il termine «sustainable development», attualmente di largo uso, e tradotto successivamente con «sviluppo sostenibile». La definizione data al concetto di «sviluppo sostenibile» è stata allora la seguente: «Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri». Nel 1989, l’Assemblea generale dell’ONU, dopo aver discusso il rapporto, ha deciso di organizzare una Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo. 

 

  1. 4- Da Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energatica (…) Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile - pdf” è il documento adottato dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite in occasione del  Vertice sullo Sviluppo Sostenibile del 2015, che include 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDGs - Sustainable Development Goals) e 169 target da realizzare entro il 2030. 

 

  1. 5- (…) Il reporting di sostenibilità (comunemente bilancio di sostenibilità) rappresenta il processo attraverso il quale un’organizzazione comunica le proprie iniziative e i risultati relativi alla sostenibilità economica, ambientale e sociale. Si tratta di una pratica che affianca e completa la tradizionale relazione finanziaria, includendo anche l’impatto ambientale, sociale e di governance (ESG). Il reporting si colloca nel solco delle normative sulla rendicontazione non finanziaria (come la CSRD) e segue i principi della doppia materialità, che considera sia l’impatto dell’impresa sull’ambiente e sulla società, sia i rischi ESG per l’impresa stessa. 

 

  1. 6- (…) Le Società Benefit (SB) rappresentano un’evoluzione del concetto stesso di azienda: integrano nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, lo scopo di avere un impatto positivo sulla società e sulla biosfera. 

Non si tratta di Imprese Sociali o di una evoluzione del non profit, ma di una trasformazione positiva dei modelli dominanti di impresa a scopo di lucro, per renderli più adeguati alle sfide e alle opportunità dei mercati del XXI secolo. l’Italia ha introdotto le SB, prima in Europa e prima al mondo fuori dagli USA, dal gennaio 2016. 

 

  1. 7- (n.d.r.) trovata sul web con tanto di definizione: L' agricoltura enzimatica utilizza gli enzimi come catalizzatori per migliorare la fertilità del suolo, aumentare la crescita delle piante e la resistenza agli stress, e ottimizzare l'assorbimento dei nutrienti. 

 

(…) uno dei problemi centrali dell'umanità riguarda la necessità di produrre cibo a sufficienza per sfamare una popolazione mondiale in rapida crescita, che si stima supererà i 9 miliardi di individui entro il 2050. La FAO stima che questo obiettivo possa essere raggiunto aumentando di almeno il 60%, nel prossimo trentennio, la produzione globale di risorse alimentari. Ma allo stesso tempo, la pratica agricola corrente ha effetti sull'ambiente: più grande è la quota di terre messe a coltura, più piccola la porzione di territorio disponibile per gli ecosistemi naturali e per i servizi che essi forniscono, più intenso è l'impiego di risorse tecniche, di acqua e di prodotti di sintesi, maggiore è l'impatto sulla natura. Ne scaturisce la necessità di progettare una nuova agricoltura eco-compatibile, dove la necessaria intensificazione produttiva eviti la messa a coltura di nuove terre e garantisca la resilienza dei servizi ecosistemici, spesso fondati sulla biodiversità. È un fatto che l'estrapolazione futura delle traiettorie correnti di produttività del sistema agrario, non consenta di raggiungere, nell'arco di tempo indicato, il livello di produzione alimentare che si renderà necessario. Il quadro generale di cambiamento ambientale e climatico, la scarsità di alcune risorse fondamentali quali acqua e nutrienti, la diffusione di nuove fitopatie e malattie degli animali e l'invarianza dell'energia disponibile per la produzione primaria si aggiungono alla complessità di questo quadro ponendo sfide ulteriori. Sfide che rendono impossibile prescindere da forme innovative di adattamento delle coltivazioni e degli allevamenti al cambiamento e da altre funzioni di sostenibilità a cui è chiamata a rispondere una nuova agricoltura. Fra queste rientra il ruolo che l'agricoltura dovrà assumere sul tema della mitigazione delle emissioni di gas climalteranti anche attraverso il sequestro di carbonio organico e la produzione sostenibile e non conflittuale di bioenergie. 

 

  1. 9 - Legge sul ripristino della natura (…) I Paesi dell'UE dovranno ripristinare almeno il 30% degli habitat in cattive condizioni entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050 

 

  1. 10- Climate extremes, food price spikes, and their wider societal risks (…) Caldo anomalo, siccità e piogge intense stanno già influenzando i mercati agricoli, provocando aumenti spesso locali, ma con effetti su scala globale. Questi rapidi aumenti dei prezzi hanno un impatto devastante sull’accesso al cibo per le famiglie meno fortunate, minando sicurezza alimentare e salute pubblica. Non solo nei paesi in via di sviluppo, ma anche nei paesi ricchi e sviluppati, dove sempre più persone vivono vicino o al di sotto della soglia di povertà. 




GIANLUIGI MAZZOLARI


Agronomo, laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC di Piacenza. Ha percorso la propria carriera professionale presso aziende multinazionali nel settore alimentare. Ora esercita attività di consulenza agro-alimentare.

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