lunedì 20 ottobre 2014

I nuovi P.S.R rilanceranno l'agricoltura italiana?



Di Alessandro Cantarelli

 

"Il programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 e la difesa delle colture per l'ottenimento di produzioni sostenibili"

 

"Relazione al convegno "Entomologia applicata" di Parma" 


I nuovi Piani di Sviluppo Rurale per gli aiuti alle imprese agricole ed agroalimentari nel periodo 2014-2020, discendono da un articolato iter legislativo che ha preso origine nel 2010 dal documento della Commissione Europea, presieduta da Manuel Barroso e denominato “Europa 2020”. In esso vi sono descritti gli obiettivi strategici che l’Europa dovrà raggiungere entro l’anno 2020, i quali attraverso la definizione di opportune linee guida, la definizione di risultati attesi e le priorità di intervento, riguarderanno: 1) l’occupazione; 2) la ricerca; 3) l’istruzione; 4) la riduzione della povertà; 5) i cambiamenti climatici e l’energia. Questi cinque obiettivi dovrebbero sostanziarsi in una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva o solidale.
L’Unione Europea persegue gli obiettivi prefissati, attraverso cinque fondi strutturali e d’investimento europei (fondi Esi), che per la precisione sono il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), il Fondo sociale europeo (Fse), il Fondo di coesione (non attivo per l’Italia), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr), il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp).
In questo contesto, il “Quadro strategico comune” (Q.s.c), è un ulteriore documento avente lo scopo di connettere le politiche nazionali e regionali alle linee strategiche di Europa 2020. Il Q.s.c consta a sua volta di 11 obiettivi tematici, tra i quali (per rimanere nel tema del presente intervento inerente la difesa delle produzioni agrarie), figurano: l’agroambiente e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse (ob. n° 6), ma anche un’economia a basse emissioni di carbonio (ob. n° 4), oppure l’adattamento ai cambiamenti climatici e la prevenzione dei rischi (obiettivo n° 5).
Come obiettivo n° 1, si trovano invece la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione.
Ciascuno di questi 11 obiettivi, andranno perseguiti attraverso l’applicazione di determinate azioni, previste per ogni fondo Esi.
A tale proposito, nel 2012 ed inaspettatamente per l’Italia, la Commissione europea ha inviato il “Position paper”, ossia quel documento che collocandosi tra il Q.s.c ed il successivo ”Accordo di partenariato”, fornisce stringenti raccomandazioni sulle priorità, i contenuti e la governance delle scelte per i singoli fondi.
L’ultimo passaggio è per l’appunto rappresentato dalla sottoscrizione, da parte degli stati membri dell’U.E, del citato Accordo di partenariato, ossia il documento recante rispettivamente: a) le disposizioni comuni sui fondi comunitari, b) i fabbisogni di sviluppo ed i risultati attesi, in relazione agli interventi programmati per ogni singolo Stato sottoscrittore.
In quest’ultimo punto risiede la grossa novità rispetto le precedenti programmazioni: la fissazione dei risultati da raggiungere (sotto forma di target per i singoli Programmi di Sviluppo Rurale, P.S.R), permetterà agli Stati che adempieranno in maniera precisa e puntuale agli obiettivi, di accedere a determinati fondi extra (la cosidetta “riserva di perfomance”).
In questo schema complesso ed articolato, si inserisce la politica di sviluppo rurale che in Italia troverà attuazione attraverso i P.S.R, istituiti ai sensi del Reg. (UE) 1305 del 2013.

Anche la Regione Emilia Romagna ha predisposto il proprio, che ha inviato il 22 luglio scorso alla Commissione europea per l’approvazione definitiva. Per l’entità delle risorse assegnate (1.189.586.000 euro, con un finanziamento a carico del Feasr pari al 43,12%), risulta essere la prima regione dell’area nord e centro del paese.
La Regione Emilia Romagna così come prevede l’Accordo di partenariato, ha predisposto il nuovo P.S.R 2014-2020 articolandolo in 6 priorità di intervento generali, scomposte a loro volta in 18 Focus area, coerentemente con i tre obiettivi generali della Politica Agricola Comunitaria (P.A.C), quali la competitività sostenibile e l’approccio di filiera, l’ambiente ed il clima, il territorio rurale.
Rispetto alla programmazione 2007-2013, il nuovo programma non risulta più essere organizzato in Assi (ciascuno avente una dotazione finanziaria predefinita e non interscambiabile), comprendente ciascuno le rispettive misure finalizzate al raggiungimento di un solo obiettivo. Il prossimo programma sarà invece organizzato per priorità, articolato in focus area, misure, sottomisure ed operazioni. Le misure, diversamente dalla precedente struttura in Assi, saranno utilizzate per raggiungere i diversi obiettivi delle priorità.
Alla conclusione di un impegnativo iter consultivo delle rappresentanze organizzate di categoria, ma anche istituzionali ed attinenti il tessuto economico interessato dal P.S.R (compresi gli enti di ricerca), quindi dei portatori di interesse in generale, con l’imminente programmazione in questa regione saranno attivate 15 misure e 87 sottomisure/operazioni.
All’interno vi si trovano anche quelle incentivanti l’ottenimento di produzioni sostenibili, per le quali sono stanziate a livello regionale e per il quinquennio oltre 200 milioni di euro.
Infatti all’interno della priorità 4, si evidenziano le seguenti focus aree: 1) 4B “migliore gestione delle risorse idriche, compresa la gestione dei fertilizzanti”, in cui si trovano le operazioni 10.1.a (produzione integrata, che osserva i dettami della lotta integrata), ma anche le sottomis. 11. 1 e 11. 2 (agric. biologica), così come le op. 4.4 e 10.1.h (realizzazione e gestione di fasce tampone e fasce vegetate per i prodotti fitosanitari); 2) 4C “prevenzione dell’erosione dei suoli e migliore gestione degli stessi” in cui si trova l’op. 10.1.d (agricoltura conservativa e incremento di sostanza organica).
L’agricoltura conservativa era stata oggetto di uno specifico convegno all’interno della stessa rassegna, patrocinato dai Georgofili e dall’UNASA nell’ottobre 2013.
In questa sede, si fa specifico riferimento alla difesa delle colture attraverso il metodo integrato ed a quello biologico.
Irrigazione con manichetta interrata su pomodoro a file binate. Besenzone (Pc). Foto A. Cantarelli.
Il primo metodo, rappresenta un’evoluzione di quella lotta “guidata”, che ha visto la Regione Emilia Romagna al principio degli anni ottanta del secolo scorso, all’avanguardia nel definirne gli aspetti procedurali e tecnici.
Mediante la fissazione di aiuti specifici ad ettaro, variabili in funzione della tipologia colturale e a seconda che ci si trovi nei primi 5 anni di impegno (introduzione), o successivamente (mantenimento) ed a condizione di essere “agricoltori attivi” (ai sensi del Reg. (UE) 1307/2013), la difesa integrata poggia su un approccio non esclusivamente chimico.
Tra i diversi sistemi di difesa contemplati nei disciplinari ed a seconda dell’avversità da controllare, vengono considerati i mezzi agronomici, quelli meccanici e fisici, l’impiego di eventuali antagonisti, l’utilizzo di ferormoni sessuali, l’utilizzo di esche attrattive (mezzi di lotta indiretti). Per la difesa chimica delle diverse colture, possono essere usati esclusivamente i principi attivi ammessi nei rispettivi disciplinari di produzione integrata, d.p.i (è comunque garantita una discreta varietà di scelta all’agricoltore), così come sono stati normati i numeri massimi di interventi ammessi all’anno per una specifica molecola (in altri casi, il quantitativo massimo di p.a. che dalla somma dei singoli interventi, non deve essere superato in un arco temporale pluriennale). Tuttavia con stagioni particolari come l’estate 2014 (particolarmente piovosa), e a seguito della richiesta motivata dei Servizi fitosanitari territoriali (in Emilia sono presenti i Consorzi fitosanitari), la Regione può concedere delle deroghe nell’utilizzo di taluni p.a.
Lo scopo delle suddette prescrizioni, è quello di evitare l’insorgenza di eventuali resistenze alle molecole impiegate, da parte del patogeno.
Per talune colture arboree, vi è la possibilità di aderire ai disciplinari di produzione integrata avanzata (DIA), dove viene riconosciuto un aiuto addizionale ad ettaro oltre quello previsto per la sola p.i., a condizione di osservarne le ulteriori prescrizioni.
Talvolta –come nel caso del controllo della tignola della vite-, si rilevano delle diversità nel fornire le relative indicazioni operative, tra d.p.i e DIA che possono non favorire l’adesione degli agricoltori alla DIA stessa.
Nel parmense, a causa di alcuni fattori non oggetto della presente trattazione, la maggior parte delle aziende che già effettuano una produzione integrata potrebbero aderire –a differenza di quanto non sia avvenuto nella precedente programmazione, ai sensi dell’az. 1 della mis. 214-, all’ op. 10.1.a, di produzione integrata.
Tra le valutazione da effettuare, quella di dotarsi di un parco macchine adeguato, ma anche di una assistenza tecnica ed una consulenza adeguate, con la possibilità di ricorrere ai benefici della sottomis. 2.1.
Anche le aziende che aderiscono al metodo di produzione biologico certificato (ai sensi del Reg. (CE) 834/2007 e succ. modifiche), ossia escludenti l’utilizzo della maggior parte dei prodotti chimici di sintesi dai processi produttivi, possono beneficiare di specifici aiuti ad ettaro variabili a seconda che l’azienda si trovi nei primi 5 anni (conversione), o successivamente (mantenimento). Di interesse a tal fine la sottomis. 3.1, concedente un aiuto pari al 100% dei costi di certificazione nei primi 5 anni di adesione, entro un determinato massimale annuale per azienda.La difesa delle colture secondo il metodo biologico, fa riferimento anche al Reg. (CE) 889/2008 (all. II).
Anche in questa forma di agricoltura sono ammessi per la difesa chimica solo i prodotti consentiti dai citati regolamenti (tra i prodotti insetticidi ad es., le piretrine estratte da Chrysanthemum cinerariaefolium, oppure la quassia estratta da Quassia amara).
Una novità interessante del nuovo P.S.R, è rappresentata dal sostegno al partenariato europeo per l’innovazione, denominato “ Produttività e sostenibilità dell’agricoltura” (PEI).
Le azioni previste dal PEI, saranno realizzate a livello locale dai Gruppi Operativi per l’Innovazione (GOI), costituiti da agricoltori, ricercatori, consulenti ed imprenditori del settore agroalimentare. I GOI avranno la finalità della messa a punto (e successiva introduzione), di innovazioni nel sistema agroalimentare regionale, attraverso la realizzazione di un apposito piano.
Il trasferimento della conoscenza alle imprese, andrà fatta utilizzando specifiche misure e sottomisure del P.S.R.
Sorge spontanea una domanda: ha senso parlare di Innovazione (con la I maiuscola), in un Paese come il nostro, dove si impongono con la legge severe limitazioni alla ricerca scientifico-agraria?
Le ultime sperimentazioni di pieno campo di colture biotech sono cessate per legge nel 1998; ma in compenso –per fare un solo esempio-, per soddisfare i fabbisogni proteici dei nostri allevamenti, importiamo il 90% della soja, che è quasi totalmente o.g.m.
L’auspicio è che i fondi destinati alla realizzazione dei GOI siano spesi per interventi di acclarata serietà, quindi non destinati per volontà di una (cattiva) politica intromettente, ad iniziative di dubbia efficacia.
Che il vino “scappi” (si dice così in Emilia, dove essendo prediletto la tipologia frizzante, significa che…si stappa da sé!), uns volta imbottigliato con la luna sbagliata, è conoscenza nota e sapientemente tramandata. Non di meno, sarebbe auspicabile che tanti preziosi finanziamenti –sempre per rimanere nel tema-, con la scusa di recuperare sapienze “antiche”, non fossero destinati a progetti inerenti presunti effetti benefici degli influssi lunari, sulla fase di coltivazione ed allevamento. Rigettando di principio le acquisizioni della scienza sperimentale.
Chiaramente questo discorso non riguarda solo l’Emilia Romagna bensì l’intero Paese, sulla base della considerazione che incontrano certi personaggi presso le autorità, come sta avvenendo ad es. in una rassegna di portata mondiale come EXPO’ 2015.
Entomologia Applicata

          




Alessandro Cantarelli
Laureato in Scienze Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Piacenza, con tesi in patologia vegetale. Dal febbraio 2005 lavora presso il Servizio Territoriale Agricoltura Caccia e Pesca di Parma (STACP), della Regione Emilia Romagna (ex Servizio Provinciale), dapprima come collaboratore esterno, successivamente come dipendente. E’ stato dipendente presso la Confederazione Italiana Agricoltori di Parma. Ha svolto diverse collaborazioni, in veste di tecnico, per alcuni Enti, Associazioni e nel ruolo di docente per la formazione professionale agricola. Iscritto all’Ordine dei dottori Agronomi e Forestali ed alla FIDAF parmensi.




2 commenti:

  1. ma come un convegno sugli ogm? maledette università

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    1. Alessandro Cantarelli1 novembre 2015 alle ore 18:55

      Spett.le sig. Anonimo, le é bastato un anno, avesse trovato il tempo di rileggerlo (articolo abbastanza tecnico,peraltro), per comprendere che il convegno era dedicato alla presentazione di un testo sull'Entomologia applicata? Parlando nel mio intervento di produzione integrata, ho espresso le mie opinioni (in questo confortato da numerosi ed autorevoli Studiosi) in tema di bioptecnologie. La sua espressione sulle Università mi ricorda certe nefaste ideologie dell'altra parte del Mediterraneo: la troviamo ancora tra noi in Italia?

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