lunedì 14 settembre 2015

Quando la paglia vale più del grano.


di Sergio Salvi


Frumento “Jervicella” (fonte ASSAM)
Da Nazareno Strampelli a Norman Borlaug, il miglioramento genetico del frumento ha condotto alla progressiva riduzione dell’altezza del fusto della pianta in modo da favorire, da un lato, la resistenza all’allettamento e, dall’altro, l’incremento della concimazione e il consequenziale aumento di sostanza proteica nella granella.
Le varietà di frumento tradizionali a fusto lungo sono progressivamente scomparse, fatte salve alcune eccezioni (come, ad esempio, il frumento duro “Senatore Cappelli”), lasciando il campo libero a varietà sempre più nane e, di conseguenza, povere di paglia.
Tuttavia, in Italia c’è ancora una varietà di frumento che prospera in totale controtendenza in quanto a valorizzazione della sostanza proteica della granella, poiché la sua caratteristica considerata più importante non è tanto la resa in cariossidi quanto la qualità della paglia: è la “Jervicella”, coltivata nelle Marche per la manifattura dei celebri cappelli di Montappone, prodotto d’eccellenza esportato con successo in tutto il mondo.

La “Jervicella” è il risultato di una selezione effettuata tra la fine degli anni ’30 e i primi anni ’40 da tal Giuseppe Iervicella, agricoltore di Monte Giberto (Fermo), sul frumento coltivato localmente almeno fin dall’800 con lo scopo di farne cappelli «con felice imitazione di quei di Firenze», come riportava in un suo scritto del 1857 Gaetano Nigrisoli, professore di Chimica generale della Pontificia Università di Ferrara, secondo il quale «tale industria si è pur estesa agli abitanti dei vicini paesi di Massa, di Monte Vidon Corrado, di Falerone e di Monte Giorgio, avendo raggiunto tale perfezionamento, che l’esportazione dei cappelli predetti per lo Stato e per l’estero produce un approssimativo incasso di 57000 scudi annui».
La “Jervicella” deriva quasi sicuramente dal “Marzuolo gentile di Toscana”, noto anche come “grano semone”, una sottovarietà del “Gentil Rosso” caratterizzata dal possedere granelli piuttosto grandi e uno stelo esile, con internodo apicale molto lungo, dotato di flessibilità e lucentezza atte al confezionamento di cappelli di aspetto più raffinato rispetto a quelli ordinari. Questa sottovarietà, seminata da novembre a febbraio, era coltivata soprattutto in provincia di Firenze e probabilmente si diffuse anche nelle vicine Marche, contribuendo così alla nascita della manifattura dei cappelli del Fermano, fatti ad immagine e somiglianza di quelli fiorentini, come ricordato dal Nigrisoli.
Dal punto di vista botanico-agrario la “Jervicella”, secondo la scheda redatta dall’ASSAM (Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche), ha portamento eretto, altezza tra 100 e 130 centimetri, un elevato accestimento. La spiga mutica, di colore rossiccio, è lunga da 10 a 15 centimetri. La produzione di granella si aggira sui 35-40 quintali/ettaro.
Da qualche tempo si produce anche il “pane di Jervicella”, evidente tentativo di agganciare una produzione alimentare “tipica” a quella artigianale dei cappelli di paglia.
In un’epoca in cui si semina granoturco per ricavarne biocarburante, il caso della “Jervicella”, della quale - come per il proverbiale maiale - non si butta via nulla, rappresenta un esempio di coltura che in termini di etica e sostenibilità ha certamente qualcosa da insegnare.


Bibliografia

Bochicchio, N., 1929. Manuale di Agraria, III edizione, vol. 2 – Agricoltura – Parte I: Coltivazioni erbacee, Francesco Battiato Editore, Catania.

Nigrisoli, G., 1857. Rivista dei più importanti prodotti naturali e manifatturieri dello Stato pontificio, Tipografia Governativa Taddei, Ferrara.
 
Salvi, S., (in stampa). Varietà storiche di frumento e origine del concetto di prodotto tipico, In: Atti del Convegno “Risorse e territorio”, Università degli Studi di Camerino, Camerino 8 maggio 2015.
 
Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica lavorando presso enti di ricerca pubblici e privati. Dal 2007 svolge attività di ricerca e divulgazione storico-scientifica su Nazareno Strampelli, rivolgendo particolare attenzione al recupero d’informazioni inerenti l’attività scientifica meno nota del genetista marchigiano e all’attualità delle innovazioni da lui introdotte in agricoltura.


3 commenti:

  1. Sergio

    "La produzione di granella si aggira sui 35-40 quintali/ettaro"

    Questo è un dato di produzione in coltivazione o un dato di produzione in parcella sperimentale?

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    1. Nella scheda dell'ASSAM non è specificato.

      Sergio

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  2. Credo che sia un dato sperimentale che poi in coltivazione non si ritrova ( pensa che 35/40 q/ha non è la produzione media del grano duro in Italia, mediamente si produce meno), quindi voglio anche che il duro sia stato poco selezionato, ma il Jervicella lo dovrebbe essere ancora meno.

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