mercoledì 26 luglio 2017

Meteorologia - Profilo Storico - Parte 2 – In Grecia prima di Socrate

di Luigi Mariani


Esiodo e i presocratici
L’approccio fisico ai fenomeni naturali passa attraverso la presa di coscienza del fatto che i fenomeni meteorologici sono eventi naturali che hanno cause naturali. Tale presa di coscienza si registra di Esiodo (VIII-VII sec. a,.C.), che nella sua opera Le opere e i giorni attribuisce i fenomeni meteorologici a cause naturali (terrestri o astronomiche) e in base a tale presupposto ordina l’anno agricolo in base al sorgere e al tramontare di alcune importanti costellazioni e alle stagioni che esse annunciano. Per questo troviamo frasi del tipo della seguente: «Quando, poi, Zeus avrà fatto passare sessanta giorni invernali dopo il solstizio, ecco l’astro d’Arturo che, lasciate le sacre correnti di Oceano, appare sul far della sera per primo e più fulgente di tutti» (versi 564-567). In tal modo Esiodo si pone a capostipite di una lunga tradizione d’indagine sull’utilità prognostica in meteorologia di precursori geofisici o astronomici (nubi di forma particolare, direzione dei venti, sorgere di particolari stelle o costellazioni, ecc.) (Vallance, 2001).

Sempre in Le opere e i giorni Esiodo riflette inoltre sulle cause dei fenomeni atmosferici, ad esempio sostenendo che la pioggia ha la sua origine nel vapore umido proveniente dal suolo. Tale affermazione sarà poi focalizzata da Aristotele che la confronta con quelle di alcuni filosofi presocratici (Senofane, Ippone e Parmenide). Il mondo dei presocratici è infatti ricco di riflessioni sulla Natura e in particolare ciò accadde in Talete di Mileto (640-547 a.C.), Ione di Chio (490-422 a.C.), Diogene di Apollonia (V secolo a.C.), Senofane (570-475 a.C.), Ippone di Reggio (V secolo a.C.), Empedocle (495-430 a.C.), Parmenide di Elea (541-450 a.C.) Anassimandro di Mileto (610-546 a.C.), Anassimene di Mileto (586-528 a.C.) e Empedocle (V secolo a.C.), per i quali la carenza di fonti dirette è in parte compensata da fonti indirette fra cui in particolare (Vallance, 2011):
  • Aristotele (384-322 a.C.), il quale nelle sue trattazioni sui fenomeni meteorologici (presenti nei suoi vasti Meteorologica, nel libro I della Metafisica e nel De caelo) inizia presentando le idee dei suoi predecessori fra cui quelle di Talete, di cui ai suoi tempi non era sopravvissuto alcuno scritto
  • Lucio Anneo Seneca (4-65 d.C.) che nel suo Naturales questiones richiama i giudizi in tema di meteorologia dati dai filosofi più antichi
  • Diogene Laerzio (180-240 d.C.), tardo biografo dei filosofi greci e che nel suo Vite dei filosofi apporta fra l’altro testimonianze originali sugli stessi presocratici
  • Alessandro di Afrodisia (II-III secolo d.C.) che commentando i Meteorologica di Aristotele cita le concezioni meteorologiche del presocratico Anassimene (586-528 a.C.).
E’ proprio in base alle idee espresse dai presocratici che Aristotele introduce il concetto di principio elementare originale, l’arché, indicando chiaramente che essa era approvata dai suoi predecessori: “essi affermano che è elemento e principio delle cose esistenti appunto ciò di cui tutte quante le cose esistenti sono costituite e da cui primamente provengono e in cui alla fine vanno a corrompersi, anche perché la sostanza permane pur cangiando nelle sue affezioni” (Metaphysica, A, 3, 983 b, 7). Talete lo identificava nell’acqua, prosegue Aristotele, Anassimene nell’aria, Empedocle postulava quattro «radici» – fuoco, aria, acqua e terra – e Anassimandro individuava un principio da lui detto «l’illimitato». L’idea di un divenire fisico come interazione di radici, pur rifiutata da Parmenide il quale ne sosteneva l’impossibilità logica appellandosi a un essere immutabile, offriva il substrato idoneo allo svilupparsi dei diversi eventi meteorologici, per cui ad esempio Anassimandro sosteneva la produzione dei venti da parte di soffi leggerissimi che si staccano dall’aria e, raccoltisi, si mettono in movimento; la pioggia a opera del vapore che sotto l’azione del Sole s’innalza dalla terra e, infine, i fulmini come risultato del vento che, piombando sulle nuvole, le squarcia (Vallance, 2001). 

Già usciti: Meteorologia - Profilo Storico - Parte 1 – Le origini


Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.

Nessun commento:

Posta un commento

Printfriendly