domenica 17 febbraio 2019

IL VATE "BIO" NEL CIELO DI ASTOLFO

di ANTONIO SALTINI


Gustave Dorè

Gustave Doré, "Astolfo sulla luna", illustrazione per l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto.



Leggo, metà atterrito metà singhiozzando per contenere le risate, l'arringa del signor Ferrero contro chi non riconosce le proprietà taumaturgiche dei prodotti cosiddetti "biologici". E' un prodigioso florilegio di iperboli immaginate da una mente che appare, o si professa (per scelta ideologica?) alquanto lontana da qualunque cognizione chimica, fisica, biologica. Siamo di fronte al capocuoco che, avendo "creato" la ricetta che lo farà milionario (cappesante al cioccolato o un maialino arrostito con ripieno di allodole) si reputa assurto all'Olimpo della scienza e pontifica non su ciò di cui possiede assoluta competenza (i fornelli) ma sulle cognizioni scientifiche per cui i professori universitari hanno, evidentemente, sprecato tempo nel corso degli anni in cattedra, rinunciando ai cospicui vantaggi, che rendono, oggi, un capocuoco personalità senza paragone più celebre e più sontuosamente remunerata di un Nobel in fisica quantistica.

L'unico suggerimento che possa proporsi al creatore delle triglie con crosta di caramello (ideazione per cui gli applausi costituiscono obbligo civile) è di acquistare un ippogrifo e di raggiungere, come il celeberrimo Astolfo, la luna per recuperare i sali volatili inspiegabilmente sublimati dal proprio cervello.
Al ritorno, recuperati i sali cerebrali, lo pregherei di dare risposta ai quesiti più drammatici proposti dall'impietosa arringa che ha proposto sulla Stampa.
  1. La prego di precisare, non a me, ma agli studenti di scienze agrarie di qualsiasi università, italiana e non, un'area del planisfero agrario dove l'uso di antiparassitari e diserbanti abbia sterilizzato il terreno.                        La Lombardia, l'Ile de France, l'Iowa, l'Indiana sono tra le regioni più fertili e più produttive del Pianeta, e le loro produzioni sfamano una quota ingente della popolazione mondiale, proprio perché sono state tra le prime regioni del Mondo ad associare senza riserve la propria agricoltura alla chimica. Producono esclusivamente mais e soia o.g.m. che sono la base dei mangimi che alimentano il bestiame italiano, siccome in Italia è stato proibito, grazie all'impegno dei fanatici "bio", l'impiego dei mais o.g.m. che respingono le invasioni di insetti fitofagi che, in più di una delle estati recenti, hanno ricolmato pannocchie rese marcescenti di quantità di fumonisine e micotossine tali da dovere, a norma di legge, essere bruciate, disposizione cui parte ingente dei produttori non ha ottemperato, "tagliando" i mais nostrani, cancerogeni ma obbligatori, con mais o.g.m. del Corn Belt, che, mendacemente, i negozianti italici dichiarano esenti, appunto, da o.g.m., ma che costituiscono, con la soia altrettanto o.g.m., la materia prima dei nostri prosciutti e dei nostri celeberrimi formaggi. Sono i terreni africani, che non hanno goduto del rinnovo prodotto dalle glaciazioni, a mancare, irreparabilmente, di elementi nutritivi, producendo raccolti tanto esigui da provocare malnutrizione e carestie. Con la nobile (?) lotta dei forsennati "bio" per impedire che l'agricoltura africana si serva della chimica per sfamare un continente da cui decine di milioni tentanto di fuggire per sottrarsi alla morsa della fame. L'opposizione "bio" al progresso tecnologico dell'agricoltura africana è prova di brutale colonialismo che ricalca il glorioso cannoneggiamento dei quartieri popolari di Pechino da parte dell'ammiraglio Earl of Elgin and Kinkardin per imporre alla Cina il consumo di tutto l'oppio prodotto dalle terre indiane di HRM l'Imperatrice Vittoria, la maggiore narcotrafficante della storia umana. 
  2. Spieghi, ancora, come l'agricoltura convenzionale possa essere imputata di spreco di acqua quando qualunque agronomo conosce la legge per cui, se un suolo è praticamente privo di azoto (il caso dell'agricoltura che non impiega fertilizzati), per la sintesi di una molecola organica qualunque pianta consuma il doppio di acqua, siccome la fotosintesi produce materia organica solo se le foglie mantengano aperti gli stomi traspirando, per il funzionamento del meccanismo biochimico, tutta l'acqua che siano in grado di estrarre dal suolo, che, in assenza di azoto, evapora senza produrre un nanogrammo di zuccheri e proteine.  
  3. Citi uno studio realizzato da un laboratorio che non sia il retrobottega dell'erborista che dimostri la superiorità bromatologica degli alimenti "bio". Chi ha eseguite analisi serie non ha mai reperito differenze. 
  4. Spieghi, ancora, come possano essere tanto ricchi di microelementi quanto proclama i prodotti di suoli privati di qualunque concimazione, dato che i medesimi microelementi vengono rinnovati, nel terreno, dalla somministrazione di determinati composti minerali, erogati quali fertilizzanti.
Ultimo rilievo: non conosco le statistiche recentissime, seguivo sistematicamente quelle diffuse (quando anche la statistica, in questo paese, era cosa non lontana dalla serietà) che dimostravano che l'Italia era il paese in cui il consumo di frutta era il più elevato tra quelli di tutti i paesi civili: gli italiani consumavano vagoni di frutta che era stata protetta dai parassiti con quindici trattamenti di composti chimici oggi esclusi dagli elenchi di quelli utilizzabili siccome obiettivamente tossici, ma assolutamente innocui se usati seguendo scrupolosamente le prescrizioni su dosi e tempi di carenza. Secondo le suggestioni "bio" quel livello di consumi avrebbe dovuto provocare milioni di morti, mentre la dieta italiana produceva il doppio prodigio dell'allungamento della vita e dello sviluppo fisico dei giovani sistematicamente più alti e prestanti dei genitori.
Il signor Ferrero gargarizza con lo sdegno dell'alfiere di civiltà, il termine "veleni", che sarebbero diffusi, proclama, in "enormi quantità" dall'agricoltura "convenzionale". Fingendo di ignorare che le uniche derrate autenticamente venefiche (e, precisamente, cancerogene), prodotte nelle campagne italiane, sono i mais ottenuti da varietà antiquate incapaci di qualunque resistenza alla moltiplicazione delle larve di Pyrausta nubilalis, la nottua che, nelle nuove condizioni climatiche (siccità estive prolungate) moltiplica le generazioni convertendo le pannocchie del mais in ammassi di cariossidi putrescenti, il terreno di coltura ideale per un'intera gamma di patogeni fungini produttori delle molecole tossiche più dannose conosciute in biochimica (fumonisine e micotossine). Esistono i mais o.g.m. che respingono l'invasione, ma sono stati proibiti dalle pressioni della congrega di assoluti ignoranti di biologia che arricchiscono con conferenze e articoli su riviste e quotidiani praticando la norma costituente il caposaldo della pubblicistica pseudoscientifica: "Terrorizzate la gente: diventerete ricchi!"
Costretti a coltivare mais che si convertono in terreno di coltura di parassiti mortali, i coltivatori cercano di combattere la proliferazione di Pyrausta usando antiparassitari proibiti, da anni, per l'altissima, persistente, tossicità, espediente noto a tutti gli assessorati regionali, che fingono di ignorare la violazione di norme tassative per non urtare la clientela elettorale sedotta dai vati "bio"
Quando gargarizza di veleni immaginari, il signor Ferrero ricordi che gli untori responsabili dell'avvelenamento del cibo con i più letali veleni esistenti in natura sono i fanatici bio di cui egli stesso costituisce autorevole alfiere.                       I veri avvelenatori non sono, chiarissimo Signore, gli agricoltori che impiegano antiparassitari che hanno superato cento test sperimentali, sono la chiassosa congrega di quanti avete convertito a fantasticherie prive di ogni fondamento, ma fonti, per chi le propaga, di prestigio, contratti Rai, diritti d'autore. Gli autentici avvelenatori appartengono tutti alle vostre schiere. Se la scienza dei fornelli non aiuta a capire, qualunque comunicatore onesto (se mai uno esistesse), potrebbe rivolgersi a chi più umilmente di qualunque chef famoso, ha trascorso gli anni in un laboratorio di biochimica.
Ma queste annotazioni sarebbero del tutto incomplete senza una lode adeguata al grande direttore dell'autorevole quotidiano che pubblica simili notizie (?), servizi (?), redazionali a pagamento (?), per la cui gloria trascrivo il toast (sermoncino di saluto) con cui John Swinton, caporedattore del New York Times, per numerosi lustri il più autorevole giornalista d'America, presidente dell'associazione che accoglieva direttori, inviati e cronisti che producevano carta stampata da Honolulu a Fairbanks, salutò i colleghi per dedicare la vecchiaia al golf e ai salmoni:


"The Media are Whores"

"There is no such thing at this date of the world's history, in
America, as an independent press. You know it and I know it.
There is not one of you who dares to write your honest opinions,
and if you did, you know beforehand that it would never appear in
print. I am payed weekly for keeping my honest opinion out of the
paper I am connected with.
Others of you are payed similar salaries for similar things, and
any of you who would be so foolishas to write honest opinions
would be out on the streets looking for another job.
If I allowed my honest opinions to appear in one issue of my
paper, before twenty-four hours my occupation would be gone.
The business of the journalist is to destroy the truth, to lie
outright, to pervert, to vilify, to fawn at the feet of mammon,
and to sell his country and his race for the dayly bread.
You know it and I know it, and what a folly is this toasting an
independent press? We are the tools and vassals of rich men
behind the scenes.
We are the jumping jacks. They pull the strings and we dance.
Our talents, our possibilities, and our lives are all the
property of other men.
We are intellectual prostitutes".

John Swinton
New York Press Club 1953

L'ultimo epiteto potrà apparire irriverente al direttore di un grande giornale italiano, che, però, potrà sempre pretendere il risarcimento dei danni morali dall'Associazione della stampa degli United States of America.




Antonio Saltini 
Già  docente di Storia dell'agricoltura all'Università di Milano, giornalista, storico delle scienze agrarie. Ha diretto la rivista mensile di agricoltura Genio Rurale ed è stato vicedirettore del settimanale, sempre di argomento agricolo, Terra e Vita. E' autore della Storia delle Scienze Agrarie, opera in 7 volumi, in italiano e inglese.

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