giovedì 21 marzo 2019

SI TORNA A PARLARE DI SICUREZZA ALIMENTARE

di ANTONIO SALTINI




Si torna a parlare di sicurezza alimentare, negli anni di penuria del dopoguerra uno degli obiettivi prioritari dell'allora Comunità Europea, tra le cui finalità costitutive era iscritta la certezza degli approvvigionamenti nell'eventualità dei sempre possibili sussulti di tensione sul planisfero politico. L'impegno della Comunità per il progresso agricolo dei sei, quindi dei nove membri, sospinse un prodigioso incremento delle produzioni, contro il quale scatenò, dal 1980, una guerra furiosa l'Amministrazione Usa, che, usando la facoltà di imporre qualunque onere alla comunità internazionale senza dover soggiacere, in base ad una speciale waiver (clausola di favore) imposta con i trattati di pace, che le consentiva di bloccare ad libitum qualunque importazione di derrate agricole, pretendeva di essere il solo fornitore del ricco mercato europeo proclamando che le produzioni europee costituivano, per il costo superiore a quelle US, un attentato agli equilibri agroalimentare del Pianeta.


Chi scrive, ospite, nel 1980, a Washington, del Department of Agricolture, ebbe l'onore di conversare con alcuni dei deputy undersecretaries del governo Carter. La conversazione con il responsabile delle relazioni con la Cee, il magnate del tabacco James Starkey, si convertì in autentico duello pretendendo l'undersecretary che l'ospite si facesse ambasciatore, nella stampa agricola europea degli immensi vantaggi di cui l'Europa avrebbe beneficiato rinunciando ad una politica della sicurezza dai costi esorbitanti e affidasse la propria sicurezza agli approvvigionamenti US, rimettendosi, proclamò, al fornitore più affidabile, sicuro e leale del Pianeta.
Avendo visitato, nelle medesime giornate a Washington, la centrali delle grandi lobbies delle principali commodities (soprattutto grano e mais), e avendo potuto calcolare quanti million raccogliessero, per usarli a fini di promotion, esigendo, da ogni produttore, alcuni cent per ogni bushel trebbiato sui propri campi, verificando, al ritorno, che l'intera stampa europea si stava uniformando, compatta, agli argomenti usati da Mr Starkey, l'autore di queste note fu condotto, conoscendo la storia del giornalismo anglossone, a supporre un collegamento tra le milionarie, in $, disponibilità promozionali delle lobbies agrarie americane e la conversione di giornali e giornalisti europei alle tesi US, sostenute da un solo argomento logico, "quia ego sum leo", un argomento che può apparire prova di mera prepotenza, accettata, invece, quale prova di amicizia dagli editori di giornali, supremi o minori, se sostenuta dalla distribuzione di centinaia di corposi plichi di banconote da 50 $.
La connessione che avevo supposti era resa ineludibile da un'esperienza precedente, di valenza inequivocabile: nel 1973, l'anno dell'ultimo cataclisma dei mercati mondiali delle derrate chiave, scrivevo i miei primi articoli sul Giornale di agricoltura, la più antica e (già) prestigiosa testata agricola nazionale, decaduta da quando, divenuta appendice del grande feudo bonomiano (la Federazione Italiana dei Consorzi Agrari) era stata demandata dei più servili compiti di pubblicità elettorale. Scomparso l'autore della conversione, tale Calzecchi Onesti, intemerato militante bonomiano, la direzione era stata rimessa a Giuseppe Longo, gentiluomo calabrese che aveva collaborato, onorevolmente, con testate di ispirazione conservatrice, del tutto ignaro di agricoltura, tanto da evitare, per non incorrere in gaffes clamorose, ogni contatto con l'alta tecnocrazia federconsortile, senza dubbio il migliore team di tecnici allora operante nell'agricoltura italiana.
Avendo, peraltro, ricevuto lo specifico mandato di mantenersi in touch con l'intero novero di specialisti, il nuovo direttore risolse il problema dei rapporti con la tecnocrazia che avrebbe giudicato il suo lavoro rimettendone l'onere e l'onore all'ultimo giovane di bottega, l'ultimo assunto, Antonio Saltini, che, esplosa la crisi mondiale dei cereali, assolse ai propri compiti recandosi, qualsiasi notizia rilevante dovesse commentare, al sontuoso (allora) mausoleo marmoreo della Federconsorzi, dove il dottor Usai, responsabile del settore, lo riceveva, secondo le disposizioni, in qualunque momento senza alcuna formalità.
Autentico protagonista dell'approvvigionamento cerealicolo del Paese negli anni della grande penuria del dopoguerra, quando l'allora "gerente generale" e futuro direttore, Leonida Mizzi, lo aveva collocato a Malta per dirigere le Liberty provenienti dagli US cariche di frumento al porto più prossimo alla grande città dove le scorte fossero tanto esigue da temere prossime sommosse di folle affamate: un esperto pressoché unico dei nessi tra disponibilità cerealicole e ordine civile, con il quale si stabilì, facendo tesoro di ogni sfumatura del pensiero del Mentore che avevo l'onore di incontrare per analizzare il divenire quotidiano della crisi, la più fruttuosa collaborazione. Ricordo, ad esempio, l'intenso colloquio il giorno in cui, nel mese di giugno del 1973, a Napoli la folla assalì e saccheggiò una serie di forni ricalcando la giustamente famosa pagina di Manzoni sui moti di San Martino a Piazza Cordusio.
Orientato da tanto maestro assunsi un atteggiamento di somma prudenza verso la campagna di pubblicità planetaria che gli Usa lanciarono proclamandosi il fornitore più affidabile, sicuro e leale del Pianeta. Dubitai si trattasse di American sloganeering (una campagna di slogan pubblicitari), e ne ebbi conferma verificando la differenza di trattamento di due alleati diversi: a rassicurare un cliente di prima grandezza quale il Giappone, un paese che l'urbanizzazione selvaggia aveva già privato, allora, degli spazi agricoli necessari alla sicurezza alimentare, il dottor Kissinger avrebbe inviato a Tokio, a incontrare le massime autorità politiche, il funzionario di grado più elevato del Dept. of Agriculture, Don Paarlberg, capo del Servizio estero, mentre, quando l'angosciato ministro dell'agricoltura italica, Mario Ferrari Aggradi, avrebbe richiesto un appuntamento al ministro dell'agricoltura US, Earl Lauer Butz, sarebbe stato ricevuto per dieci minuti, per ottenere la semplice informazione che, vendute tutte le scorte disponibili all'URSS, l'Amministrazione non disponeva di un solo hopper (il vagone-silo) di frumento, una notizia accompagnata dal suggerimento di rivolgersi alla borsa di Chicago dove frumento, seppure triplicato di prezzo (l'hard red, la top quality era passato da 70 $/ton a oltre 200), era ancora disponibile. Due alleati, due misure.
Avendo utilizzato le straordinarie competenze del Maestro usando una forma giornalistica che non avrebbe consentito a nessuno, assecondando le disposizioni, di immaginare la fonte, fui delegato, su uno dei primi numeri del Giornale dell'anno successivo (n° 6, 10 febbraio 1974), di enucleare, in prima pagina, la drammatica vicenda della crisi planetaria consumatasi l'anno precedente: il mio primo articolo "in prima", il nucleo del piccolo volume che, che moltiplicate le conoscenze, avrei stilato, sul tema, negli anni succesivi, I semi della civiltà.




 
Antonio Saltini 


Già  docente di Storia dell'agricoltura all'Università di Milano, giornalista, storico delle scienze agrarie. Ha diretto la rivista mensile di agricoltura Genio Rurale ed è stato vicedirettore del settimanale, sempre di argomento agricolo, Terra e Vita. E' autore della Storia delle Scienze Agrarie, opera in 7 volumi, in italiano e inglese.


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