martedì 20 dicembre 2022

GENOME EDITING E CARNE COLTIVATA: DUE PESI E DUE MISURE?


di GIANLUIGI MAZZOLARI 


Foto -  Francesco Marino


Le innovazioni fanno paura solo a chi non le conosce? È opinione che sì, anzi no, forse non è paura ma ideologia, forse interessi economici o di consenso, forse il rapporto natura/cultura di una società urbanizzata è più emozionale che realistico, sta di fatto che, fra tante opinioni, una prima o poi prevale e purtroppo non sempre è la più appropriata. Il riferimento è alla difficoltà ad introdurre le innovazioni tecnologiche in agricoltura quando le stesse sono invece ampiamente accettate, ad esempio nelle applicazioni per la salute, per non parlare dell’hi-tech. Non occorre dilungarsi molto sulle nefaste conseguenze dell’ostracismo alle moderne tecniche di genetica, a partire dal divieto più che ventennale di coltivare, anche solo di sperimentare, piante GM (ma non di nutrirsene), con il conseguente arretramento della nostra produzione agricola in termini di competitività e di sostenibilità. Per arrivare all’attualità del genome editing, il cui perdurante stallo normativo appare una ulteriore occasione persa, a rimpiangere il disapplicato “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. 
Lo spunto al tema viene offerto da un argomento di vivace attualità, nell’interrogativo di cui al titolo che, sulla enfatizzazione della corposità degli investimenti, evoca successi dalle iniziative per la sostituzione, tramite processo in vitro, degli alimenti derivanti dagli allevamenti animali, a partire da carne e latte per arrivare financo al miele. Di contro, non mancano i proclami in opposizione, a difesa di, sia da parte di lobby ( qui )¹ sia istituzionali qui)², innescando un carosello mediatico basato sull’ ostracismo assoluto. La riflessione riporta al titolo: perché no alla tecnologia applicata all’agricoltura e all’allevamento per produrre cibo sano, sicuro e rispettoso? La risposta temuta è: ” Vengo anch’io, no tu no. Ma perché? Perché no!” Perché la tecnologia applicata alla produzione in fabbrica di un alimento similare a quello prodotto in allevamento attira capitali, suscita curiosità e interesse/i? E ancora, è corretto considerare in competizione i due sistemi produttivi (allevamento e bioreattore) da giustificare conflittualità di princìpi o piuttosto, grazie all’elevato input tecnologico messo in campo, attendersi benefici a cascata? La tecnologia stimola nuove conoscenze e le opportunità che offre possono essere affascinanti come può esserlo la natura: conoscenza ed uso appropriato non potranno accomunare allevamento e bioreattore nell’adattare il cibo alle necessità e all’evoluzione dell’essere umano?


  •  Agricoltura cellulare (Cellular agriculture)
Anche se l' agricoltura cellulare è una disciplina scientifica recente, prodotti rientranti in tale contesto, come ad esempio insulina e il caglio, sono datati inizio del XX° secolo. Trattasi di attività emergente in cui i prodotti agricoli, più tipicamente di origine animale, derivano da processi che operano a livello cellulare, in contrapposizione a processi, tipicamente basati sull’allevamento, che operano a livello dell' intero organismo. Oggi numerosi sono i prodotti disponibili per le più svariate applicazioni, dall’alimentare alla salute e agli usi industriali e una chiave di lettura depone per il supporto fornito all’agricoltura per continuare ad offrire il proprio contributo ai fabbisogni di una popolazione in crescita, esercitando minore pressione. (Eibl R. et al., 2021) (qui)³. (…). L’agricoltura cellulare nasce sul presupposto che ci sia la necessità di produrre più cibo, in modo più sostenibile, su un pianeta con risorse limitate, con un clima che cambia e che i sistemi tradizionali non siano in grado di provvedere.
I benefici vantati rispetto alle produzioni tradizionali sono ambientali, etici e talvolta di salute e sicurezza.

Due sono le modalità con cui è praticata:

  • "agricoltura cellulare basata sull'ingegneria tissutale"
  • "agricoltura cellulare basata sulla fermentazione". (Neil S. et al., 2020) (qui)⁴

In termini semplificati esistono due tipi di agricoltura cellulare: cellule coltivate in laboratorio e fermentazione di precisione. La prima, ingegneria tissutale, è riconducibile alle applicazioni della c.d. medicina rigenerativa, per la ricostruzione di tessuti o interi organi mentre la seconda, fermentazione di precisione, sfrutta l’impiego di microrganismi, come il lievito, per produrre in modo mirato molecole organiche complesse come ad esempio le proteine. Il confine fra carne coltivata e la c.d. carne vegetale (plant based) è ben definito anche se in alcuni passaggi ha contorni sfumati. È il caso, ad esempio, (qui)⁵ della prodizione di un sostituto della carne a base vegetale che si avvale di un lievito geneticamente modificato (espressione del gene della leg-emoglobina della soia, molto simile all’emoglobina), per conferire, per via fermentativa, le caratteristiche tipiche strutturali-organolettiche della carne.

  •  Carne coltivata (cultured meat).

L’attualità dell’argomento è testimoniata dalle oltre 900 risposte di PubMed alla voce “cultured meat”, di cui oltre 700 nell’ultimo ventennio e oltre 200 negli ultimi 5 anni. Identificata anche come carne sintetica, carne artificiale o carne in provetta, è ottenuta partendo da cellule muscolari di animali (veri), fatte crescere in bioreattori, su substrato nutritivo e strutturale, in condizioni controllate. Una panoramica non recentissima ma articolata è disponibile (qui)⁶, pur nella discutibilità della citazione: “Questo cibo non è naturale? I cibi coltivati ​​sono innaturali allo stesso modo di come il pane, il formaggio, lo yogurt e il vino sono innaturali (…) Probabilmente, la produzione di carne coltivata è meno innaturale dell' allevamento di animali in sistemi di confinamento intensivo, iniettando loro ormoni sintetici e alimentandoli con diete artificiali composte da antibiotici e rifiuti animali." (M. N. Antonuccio, I. Chiesa, A. Cignoni, M. Dal Canto, G. Fortunato, C. Milieri. 2016-2017. UNIPI). Al di là della confusione, che si ricicla e si moltiplica autoalimentandosi delle stesse convinzioni, un aspetto alquanto citato è l’impatto ambientale che, per quanto riguarda la carne coltivata, manca di evidenti dati oggettivi, stante lo scale-up in divenire, pur essendo generalmente atteso come migliorativo. Come ogni nuovo alimento, il successo finale della carne coltivata dipenderà dall' accettazione da parte del consumatore e i fattori che possono influenzarla rappresentano il passaggio più importante, insieme agli aspetti tecnologici ed economici. (…). La carne coltivata potrebbe apparire un' alternativa per i consumatori alla ricerca di una dieta più sostenibile ma non vogliono cambiarne la composizione (no veganismo), come pure le preoccupazioni etiche e ambientali potrebbero (forse?) spingere i consumatori a essere disposti a pagare un prezzo maggiorato per l' acquisto di sostituti ma non necessariamente carne coltivata. Anche la neofobia alimentare e le incertezze sulla sicurezza e la salute potrebbero apparire ostacoli importanti all' adozione di questa tecnologia. Ancora, il prezzo, l’attrattiva sensoriale, la naturalezza percepita, le sensibilità etiche e ambientali, i benefici per la salute pubblica e l’orientamento normativo appaiono fattori determinanti.

Sebbene l' esatta natura della transizione dall’allevamento tradizionale ai prodotti proteici alternativi sia ancora incerta, è già iniziata e probabilmente continuerà a prendere slancio nel prossimo decennio. (Chen L. et al.,2022) (qui)⁷. E’ recente (qui)⁸ la pubblicazione da parte di FDA (U.S. Food and Drug Administration) della prima consultazione pre-commercializzazione per il cibo umano prodotto utilizzando la tecnologia della coltura di cellule animali. Pur trattandosi di consultazione e non di processo di approvazione, la valutazione è significativamente importante certificando la sicurezza della produzione e del materiale cellulare, utile per i successivi step. Passaggio importante dell’elaborato FDA (qui)⁹ è la dissociazione dall’utilizzo del termine proposto dal produttore “cultured chicken cell material”, a significare quasi una investitura, a venire, della strategicità dei messaggi comunicativi al consumatore. Sarà questo un punto cruciale del dibattito, alla luce della irresistibile tentazione delle new entry di cavalcare, si, l’innovazione ma all’interno della comfort zone della denominazione tradizionale (hamburger vegetatale, latte di soia, ecc.). Ora, in tema di informazione al consumatore, l’esclusività della denominazione “latte”, quale solo proveniente dalla secrezione mammaria bovina (se proveniente da altre specie va specificato), è contemplata dal “Reg. UE 1308/2013, articolo 78, Allegato VII, Parte III” (qui)¹⁰ ed inoltre pluri-confermata dalla Corte di Giustizia UE. Per la carne manca una base normativa altrettanto solida e la battaglia contro il “meat sounding” sarà tutta da combattere. Quella della corretta collocazione lessicale e merceologica appare il vero traguardo, anziché le prese di posizione di facciata di Coldiretti e del Ministro. Demonizzare una attività imprenditoriale solo perché invade l’orticello consolidato è anacronistico e pare più destinato a lanciare il piattello che a colpirlo. Perseguire la corretta informazione al consumatore, l’adeguata terminologia, il rispetto dei confini etici e, non ultimo, la separazione espositiva dalla carne tradizionale sugli scaffali di vendita, anziché “solo noi e nessun altro”, parrebbero obiettivi più appropriati.


  •  Latte cellulare (cellular milk)

Si imita il processo che avviene durante la gravidanza, sfruttando il potenziale della fermentazione di precisione: si preleva il tessuto della ghiandola mammaria isolandolo dalle altre cellule e lo si “coltiva”, cioè lo si moltiplica in un bioreattore in ambiente controllato. In tal modo le cellule di quel tessuto secernono latte a tutti gli effetti. A differenza della carne coltivata, dove sono le cellule stesse il prodotto finale che viene consumato, le cellule della ghiandola mammaria restano attive nella secrezione di latte. Come principio si tratta di un latte al 100%, che può essere utilizzato per l’alimentazione umana, per l’elaborazione di derivati e per usare i suoi componenti nutrizionali nell’industria farmaceutica, in quella cosmetica od altro. Esistono prodotti lattiero-caseari alternativi plant based, ma il latte vegetale produce componenti proteiche meno performanti rispetto al latte vaccino. Varie aziende sono attive nel mondo (qui)¹¹, (qui)¹² e ( qui )¹³ e, come per la carne coltivata, cospicuamente finanziate. Analogamente alla carne, sicurezza alimentare, impronta ecologica e cruelty free caratterizzano la comunicazione che, come già riportato, dovrà rispettare in UE la non banale differenziazione terminologica rispetto al latte tradizionale.Le procedure autorizzative per la messa in commercio si rifanno ai Novel Foods (reg. UE 2283/2015), intendendosi per tali tutti quei prodotti e sostanze alimentari privi di storia di consumo “significativo” al 15 maggio 1997, e che, quindi, devono sottostare ad un' autorizzazione, per valutarne la loro sicurezza, prima della loro immissione in commercio.

  •  Miele senza api (honey without bees)

Partendo dal presupposto che anche le api hanno vita difficile (a seguito dei cambiamenti climatici?), considerato che la domanda di miele è molto attiva e che per soddisfarla la contraffazione è alquanto praticata, una soluzione tecnologica alternativa, trasparente e realistica negli obiettivi merita considerazione. Anche se suscita ilarità leggere nei commenti “(…) che (tale soluzione) non prevede in alcun modo lo sfruttamento delle api!” (qui)¹⁴ , allentare l’impatto che le api allevate esercitano sugli impollinatori selvatici di certo non guasta. Varie aziende sono attive (qui)¹⁵ e, come riportato (qui)¹⁶, gli ingredienti essenziali del miele sono tre tipi di enzimi e due zuccheri, glucosio e fruttosio, combinati con essi. Tramite la fermentazione di precisione con lieviti geneticamente modificati, è possibile sintetizzare ciascun enzima e poi aggiunti agli zuccheri e all’acqua (3% del volume, come nel miele delle api), ottenendo un prodotto che ha molte delle caratteristiche del miele delle api. L’attesa è per un prodotto plant based di qualità industriale, destinato quindi al mercato B2B, posticipando il più ambizioso target del mercato al dettaglio.

  • Riflessioni

Numerosi sono i fattori che da sempre hanno indirizzato i comportamenti umani, da quelli ideologico/religiosi a quelli ambientali, con tutte le relative infinite sfaccettature, e l’evoluzione è progredita di pari passo alla capacità di adattare e convogliare, a proprio vantaggio, ogni nuova situazione. L’ultima grande innovazione “immateriale” in ordine di tempo è l‘Intelligenza Artificiale e, dopo tante dissertazioni sui rischi di una sua supremazia, si è affermato il vantaggio reciproco: da parte del cervello umano, di potenziare la propria attività tramite l' IA e, da parte dell’IA, di essere programmata e di operare secondo i dettami del cervello umano. Perché una simile configurazione non potrebbe adattarsi ad altri contesti? L’agricoltura cellulare parrebbe inquadrarsi in una “innovazione materiale”, quanto importante dovrà dimostrarlo, di certo gli elementi ispiratori non paiono infondati e gli obiettivi plausibili. Che poi venga tacciata di danneggiare il consolidato ordine produttivo agro-zootecnico, con tutto il corollario di catastroficità evocate, parrebbe esagerato, un poco tendenzioso e tutt’altro che scontato se non basandosi su acritiche certezze. Ma veramente è pensabile che all’interno dei prossimi dieci miliardi di persone (o i quasi sessanta milioni di italiani) nessuno preferirà una bistecca “vera” a un surrogato qualunque esso sia o piuttosto, non è che chi ha la possibilità di avere nel piatto la “bistecca vera”, abiurando il surrogato, impedisca a chi non l’ha di  qualcosa nel piatto? Di certo il cammino è ancora lungo; tecnologia, economicità e regulatory sono in divenire, il comportamento del consumatore è ben lungi dall’essere rubricato e, di conseguenza, l’evocato success dei progetti è tutto da perseguire. La filiera agro-zootecnica non è minacciata dall’agricoltura cellulare, è minacciata dall’impossibilità di esprimere le proprie potenzialità non potendo attingere alle innovazioni tecnologiche disponibili. “principio di precauzione”, motivazione addotta al diniego delle più evolute tecnologie genetiche, dagli OGM al genome editing, da apprezzata condotta parrebbe essersi evoluto in un inno all’immobilismo. L’agro-zootecnia ha in comune con l’agricoltura cellulare presupposti scientifici; l’una non ha bisogno di essere difesa demonizzando l’altra ma consentendo di accedere reciprocamente, senza discriminazioni, agli strumenti di progresso disponibili. Delegando al mercato ed al consumatore l’arbitrio.

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Riferimenti

  1. https://www.coldiretti.it/economia/una-firma-contro-il-cibo-sintetico-scatta-la-mobilitazione-coldiretti

  2. https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/19/Resaula/0/1361536/index.html?part=doc_dc-ressten_rs

  3. Eibl R. et al., (2021). Cellular Agriculture: Opportunities and Challenges. Annual Review of Food Science and Technology. 2021 Mar 25;12:51-73.  DOI: 10.1146/annurev-food-063020-123940

  1. Stephens N. et al., (2020). Cellular agriculture in the UK: a review. Version 2. Wellcome Open Res. 2020 Oct 12;5:12DOI: 10.12688/wellcomeopenres.15685.2

  1. https://impossiblefoods.com/blog/heme-health-the-essentials

  2. https://www.centropiaggio.unipi.it/sites/default/files/course/material/carne.pdf

  3. Chen L., (2022). Large-scale cultured meat production: Trends, challenges and promising biomanufacturing technologies. Biomaterials Volume 280, January 2022, 121274. https://doi.org/10.1016/j.biomaterials.2021.121274

  4. https://www.fda.gov/food/cfsan-constituent-updates/fda-completes-first-pre-market-consultation-human-food-made-using-animal-cell-culture-technology

  5. https://www.fda.gov/media/163260/download

  6. https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:347:0671:0854:it:PDF

  7. https://imagindairy.com/

  8. https://www.foodnavigator.com/Article/2022/08/19/Norway-invests-in-cellular-milk-egg-and-meat-production-as-a-new-direction-for-industry?utm_source=copyright&utm_medium=OnSite&utm_campaign=copyright

  9. https://www.remilk.com/

     14) https://www.veganok.com/miele-vegan-senza-api-melibio/

     15) https://www.melibio.com/

     16)https://www.foodnavigator.com/Article/2022/11/15/bee-free-honey-developed-via-precision-fermentation-for-global-market




GIANLUIGI MAZZOLARI

Agronomo, laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC di Piacenza. Ha percorso la propria carriera professionale presso aziende multinazionali nel settore alimentare. Ora esercita attività di consulenza agro-alimentare.


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