giovedì 28 dicembre 2017

Glyphosate- La risposta di Alberto Guidorzi alla lettera di Stefano Bocchi pubblicata su La Repubblica

di Francesco Marino




Il primo dicembre 2017 il quotidiano La Repubblica ha pubblicato un coraggioso articolo della senatrice Elena Cattaneo che può essere consultato (qui). A seguito di tale articolo il professor Stefano Bocchi, ordinario di agronomia all’università degli studi di Milano, ha scritto la seguente lettera pubblicata su La Repubblica l’8 dicembre 2017 (qui).



L’agronomo Alberto Guidorzi ha replicato alla lettera di Bocchi inviando al direttore di Repubblica una sua missiva che non è stata però pubblicata sul quotidiano. La pubblichiamo ora su Agrarian Sciences in quanto riteniamo che il dibattito su tema dell’uso del Glyphosate sia cruciale per il futuro della nostra agricoltura in quanto tassello essenziale del più ampio dibattito sull’usuo della tecnologia nel settore primario.

Al Direttore del quotidiano La Repubblica – sua sede
Gentile Direttore,

sono un agronomo che “studia” e lavora i campi da decenni. Le scrivo in merito alla questione glifosato così attentamente trattata dal suo giornale. Ho letto l’intervento del Prof. Bocchi dello scorso 8 dicembre, che ha fatto seguito a quello della senatrice Cattaneo. Se ritiene, vorrei provare a chiarire quello che nessun professore universitario ha ancora detto chiaramente, anche se la professoressa Cattaneo ci è andata molto vicino: senza glifosato la nostra agricoltura non può mettere in pratica pratiche più ecocompatibili. C’è un altro punto che non si può più tacere: il doppio inganno dell'agricoltura biologica che alimenta la percezione di un miglior prodotto sovraccaricandone il prezzo (la sua produzione è bassissima e soprattutto non dichiarata nelle statistiche) e allo stesso tempo drena valanghe di sussidi pubblici. Il 65% del terreno “coltivato a biologico” non produce nulla ma prende quei sussidi. Ecco perché proliferano le aziende del biologico: c’è un supplemento di reddito fisso garantito. Ma in quelle terre ci troverà pascoli, boschi, e nemmeno una pianta alimentare. Intanto il sapere agricolo muore.


Di seguito, un mio testo al quale posso aggiungere ogni documentazione.
Cordiali saluti

Alberto Guidorzi


Da agronomo che ogni giorno lavora "in campo", ritengo le alternative proposte all'uso del glifosato in agricoltura, ad oggi, irrealistiche e poco convenienti. Continuare a sottostimare i suoi effetti positivi e ad amplificare quelli negativi, a lungo andare, nuocerà al comparto agricolo di tutto il Paese.
Il glifosato è un erbicida totale (usato in pre-semina, elimina tutte le malerbe) e sistemico (viene assorbito, migra nelle radici e tutte le piante indesiderate muoiono); ha scarsa tossicità (solo ingerendone quasi mezzo kg in una sola volta si avrebbe un 50% di probabilità di morire; di sale da cucina ne basterebbe la metà); non è cancerogeno, secondo autorità sanitarie e studi epidemiologici; costa molto poco, con 9€ di prodotto si diserba un ettaro; viene degradato dai microrganismi del suolo e dopo 20 giorni dall’irrorazione si può seminare la pianta desiderata (che quindi non “assorbe” glifosato, anche perché non penetra nei suoi semi); i suoi prodotti di degradazione (AMPA) sono innocui e trattenuti dal terreno, li troviamo nelle acque superficiali e non in quelle profonde; peraltro, anche i detersivi fosfatati producono AMPA, quindi come mai coloro che si preoccupano per tali residui limitano le loro campagne "contro" solo al glifosato?
Il diserbo con glifosato, nel caso di malerbe temibili come il sorgo d’Aleppo, non è sostituibile con quello eseguito con mezzi meccanici, poiché essi frammentano i rizomi (“fusti” sotterranei delle piante erbacee), portando a moltiplicazione abnorme dell’infestante. In tal caso l'alternativa sarebbero le arature profonde del terreno, che però comportano elevati dispendi di energia e forti emissioni di CO₂ (combustibili fossili), distruzione di sostanza organica, erosione dei terreni. Altre strategie, come il pirodiserbo (con il calore), presentano altri notevoli svantaggi oltre all’inadattabilità alle grandi coltivazioni. Come procedere, poi, su terreni accidentati dove le macchine non possono operare? E nessuno pensa alla spesa che dovrebbero sostenere le aziende agricole, obbligate a non servirsi più del glifosato, per rinnovare il parco macchine?
Oggi proliferano le aziende che praticano il biologico, alcune come “aggiunta” al tradizionale. Conviene. Al bio si garantisce, infatti, una rendita slegata dal lavoro e dalla produzione: i sussidi pubblici arrivano comunque, anche quando non vi è nulla da raccogliere. Dalle statistiche ufficiali di Sinab si evince che oltre il 60% della superficie certificata come biologica non produce cibo per umani o non si differenzia dalla coltivazione convenzionale: i sussidi anestetizzano lo sviluppo del sapere agricolo e il disperato bisogno di agricoltura vera e obbligano il "consumatore bio" a mangiare cibo importato per il 50%.
Sulle confezioni di glifosato si legge: “Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata”. Sui formulati a base di Spinosad e Azaridactina, usati in agricoltura biologica, invece, c'è scritto: "Altamente tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata". Peggio dunque del glifosato. Il protocollo del bio vieta concimi di sintesi e fitofarmaci più efficaci, e opta per l’uso di sementi di varietà sorpassate, il che provoca, se va bene, un calo del 50% nella produzione. Di conseguenza un 100% di biologico imporrebbe di raddoppiare le superfici agricole, distruggendo ecosistemi a non finire.
L’Ipsos francese ha calcolato che, senza glifosato, i costi aggiuntivi di produzione sarebbero del 23-26%: due miliardi di euro l'anno per l’agricoltura, 600 milioni per le sole ferrovie, che da decenni usano il glifosato per diserbare le massicciate. È questo il tipo di studi che l’università italiana, e le facoltà di agronomia in particolare, dovrebbero condurre per essere veramente utili al progresso del Paese.



Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.





Francesco Marino
Dott.Agronomo e Zootecnico, Presidente dell'Associazione AgronomiperlaTerrA e di Copagri Toscana, organizzazione Sindacale che tutela gli interessi della aziende agricole aderanti all' UGC Cisl, UIMEC Uil e UCI.  E' responsabile del Blog Agrarian Sciences .

3 commenti:

  1. Alessandro Cantarelli5 gennaio 2018 alle ore 16:46

    L'ennesima saga delle lettere e delle interviste non pubblicate. Come il lettore avrà avuto modo di appurare, quella di Alberto Guidorzi era una risposta competente e rispettosa, ma tant'è.
    Il direttore di un grande quotidiano italiano (ma in questa prassi e su questi argomenti, sa di non essere un caso isolato), ha fatto il compitino: ha pubblicato due lettere diciamo di di segno opposto.
    Più in là non può andare: basta dare una occhiata alle pubblicità ospitate sulle pagine del quotidiano e dei suoi inserti/supplementi settimanali. Anche il silenzio ha un prezzo.

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  2. Fate il paragone tra un erbicida come il Glifosato e due insetticidi come Spinosad e Azaridactina... quando la malafede fa rima con la stupidità... Repubblica doveva pubblicarla questa lettera, ma nella pagina delle barzellette...

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  3. Perchè credi che non lo sapessimo che Spinosad e azaridactina sono degli insetticidi? Solo che sei stato l'unico che non ha capito che il discriminante era comunque l'effetto uguale che tutti e tre avevano sulla fauna acquatica e si voleva mettere in risalto che il gliphosate era discriminato, mentre sugli altri due si glissa in continuazione. Non molto perspicace e un po' vigliacchino a firmarti anonimo mi pare!

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