venerdì 28 febbraio 2020

DROPLET EVAPORATION METHOD

VARIAZIONI SUL TEMA DELLA CRISTALLIZZAZIONE SENSIBILE

 

di SILVANO FUSO

 

 



In un precedente articolo¹ ci siamo occupati della cosiddetta “cristallizzazione sensibile” e abbiamo visto come tale metodo sia del tutto infondato e inattendibile, sia come test per valutare la qualità dei prodotti agro-alimentari, sia come test diagnostico in campo medico.

Recentemente una curiosa variante di tale metodo è stata proposta dalla Prof.ssa Lucietta Betti, dell’Università di Bologna, e dal suo gruppo. Nella relazione dal titolo “Una ricerca a sostegno della qualità”, presentata al Convegno “Per l’Economia della Terra, nostra casa comune”, tenutosi all’Università Bocconi di Milano il 19 e 20 febbraio 2016, la stessa Prof.ssa Betti ha illustrato il metodo². Una descrizione più dettagliata del metodo si può trovare in alcuni articoli³.
Prima di entrare negli aspetti tecnici del metodo, è utile analizzare la premessa filosofica che gli sta a monte. Premessa ben espressa nell’abstract della relazione precedentemente citata:
Un’alimentazione basata su prodotti di qualità può avere effetti benefici sulla salute. Bisogna però tenere presente che il concetto di qualità di un alimento è difficile da definire. Infatti, l’attuale definizione scientifica di qualità si basa esclusivamente sulle sostanze determinabili per via analitica, le cosiddette “sostanze nutritive”, e sull’assenza di residui chimici. Tale definizione non prende però in considerazione le proporzioni fra i singoli componenti ed il loro equilibrio: nasce quindi la necessità di integrare le analisi chimiche con valutazioni sulla qualità complessiva del prodotto. Infatti, da un punto di vista esclusivamente nutrizionale, prodotti derivanti da piante coltivate secondo il metodo biologico/biodinamico o secondo quello convenzionale (che fa uso di concimi di sintesi e fitofarmaci) potrebbero non differire molto fra loro sia per quanto riguarda il contenuto in proteine, carboidrati, lipidi, vitamine e sali minerali, sia per quanto riguarda i residui chimici (non presenti in un prodotto da agricoltura convenzionale se vengono rispettati correttamente i dosaggi e i tempi di carenza). Lo studio dell’impatto dei prodotti alimentari sulla salute umana non dovrebbe quindi limitarsi alla determinazione e quantificazione delle sostanze presenti, ma dovrebbe prendere anche in considerazione la qualità espressa in termini di “vitalità”, evidenziabile con analisi qualitative di tipo olistico⁴.
Si tratta di considerazioni che suscitano già di per sé non poche perplessità. Più o meno esplicitamente si rifiuta infatti “l’attuale definizione scientifica di qualità” (basata su solidi dati quantitativi) per proporne un’altra la cui definizione appare oltremodo vaga e fumosa. Il richiamo all’olismo poi desta ancora maggiori preoccupazioni. Il vituperato (da certe correnti di pensiero) approccio riduzionistico ha consentito infatti di raggiungere straordinari risultati scientifici, mentre il tanto decantato (sempre da qualcuno) approccio olistico non sembra finora aver prodotto risultati significativi, se non come strumento di marketing di discutibili ritrovati pseudoscientifici. 
Il metodo olistico proposto dalla Prof.ssa Betti viene chiamato Droplet Evaporation Method (DEM) e, secondo la descrizione da lei stessa fornita, consiste in questo: 
Il metodo della cristallizzazione delle gocce in microscopia a campo oscuro, messo recentemente a punto dal nostro gruppo di ricerca, si basa sul fenomeno dell’auto-organizzazione della materia proveniente dal campione durante l’evaporazione del solvente acquoso e sulla conseguente creazione di forme cristalline o di agglomerati, la cui complessità e regolarità sembrano rispecchiare la qualità e vitalità del prodotto⁵.
Il metodo viene impiegato, ad esempio, nell’analisi dei semi, di diverse varietà vegetali e ottenuti con diverse tecniche colturali. I semi vengono messi in ammollo in acqua pura. Dopo un tempo stabilito una goccia dell’acqua in cui sono stati mantenuti i semi (e che contiene quindi le sostanze rilasciate da questi ultimi) viene fatta evaporare in condizioni controllate e alla fine si analizza la morfologia dei cristalli ottenuti. Nessuna analisi chimica viene condotta dai ricercatori per caratterizzare quali sostanze vengano rilasciate dai semi, di cui si ignora quindi volontariamente la natura. La loro attenzione è concentrata esclusivamente sulla morfologia dei cristalli ottenuti. Come gli stessi
ricercatori affermano: Le forme variavano da punti e strutture semplici con ramificazioni singole, attraverso dendriti, fino a forme esagonali altamente organizzate e strutture simili a frattali. I motivi sono stati osservati e fotografati usando la microscopia a campo oscuro con piccoli ingrandimenti⁶.
Nella valutazione dei risultati si dà grande enfasi ai concetti di “bellezza”, “complessità” e “armonia” delle forme cristalline ottenute. Si tratta evidentemente di caratteristiche soggettive e opinabili che appaiono ben poco scientifiche, anche se sicuramente “olistiche”. E non sembra fare molta differenza se la valutazione viene eseguita visivamente (da un panel di valutatori educati allo scopo) o tramite un software che valuta la cosiddetta local connected fractal dimension (LCFD, ovvero la dimensione frattale connessa locale).
Il convegno al quale la relazione è stata presentata era organizzato dall’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica e la ricerca eseguita dalla Prof.ssa Betti e collaboratori è stata finanziata dalla medesima associazione e da Demeter Italia, associazione privata di produttori biodinamici. Ora, come diceva quel tale “A pensar male forse si fa peccato,…ma di solito ci si azzecca!”. E, infatti, quali sono gli straordinari risultati ottenuti con il metodo della Prof.ssa Betti? Udite, udite! I semi ottenuti con l’agricoltura biodinamica (e biologica) forniscono cristalli più grossi, più connessi, più belli, più complessi e più armoniosi. E naturalmente quelli provenienti dall’agricoltura convenzionale danno origine a rachitici cristallini puntiformi, privi di ogni connessione tra loro, disarmonici e decisamente bruttarelli. Poteva essere diversamente?
Il gruppo di ricerca ha naturalmente preso in considerazione anche diverse varietà di grano. E quale poteva essere il risultato della competizione tra grani antichi e grani moderni? Risposta scontata: i grani antichi danno origine a cristalli decisamente più belli di quelli moderni (anche se il metodo colturale continua ad avere un ruolo di primo piano). Ma il primato spetta decisamente alla varietà orientale Khorasan (Triticum turanicum), commercializzato da un ben noto marchio, il cui cristallo viene definito “meraviglioso” dalla stessa Prof.ssa Betti.
Per sottolineare l’estrema sensibilità del DEM, la Prof.ssa Betti arriva al punto di affermare che il diverso grado di concimazione chimica di una coltura si manifesta con una diversa struttura dei cristalli ottenuti. Nessuna concimazione produce semi che originano bellissimi cristalli strutturati, mentre un’elevata concimazione chimica conduce a cristalli “scoppiati”, secondo la definizione della stessa relatrice⁷. Morale implicita: la chimica è nemica della bellezza!
Risultati analoghi la Prof.ssa Betti li ottiene, a suo dire, sul vino, sostenendo di differenziare nettamente quello ottenuto per via biodinamica da quello ottenuto per via convenzionale.
Allontanandosi dal campo agroalimentare, l’intraprendente Prof.ssa Betti ha pensato bene di utilizzare il suo metodo anche per esaminare i preparati omeopatici ultra-diluiti. Questi ultimi vengono impiegati per mettere i semi in ammollo, dopodiché si procede come descritto precedentemente. Addirittura viene sostenuto che il numero di colpi cui è sottoposto il rimedio omeopatico, durante l’operazione di succussione⁸, influenza la forma dei cristalli ottenuti⁹.
Mischiando infine agricoltura biodinamica e omeopatia, viene sostenuto che preparati agro-omeopatici (ad esempio, arsenico alla diluizione 45esima decimale) irrorati sulle colture producono significativi effetti sulla qualità dei prodotti ottenuti¹º.
Che dire? Se già il metodo originale della cristallizzazione sensibile appariva bizzarro e privo di fondamento, ancora più incredibile appare il DEM della Prof.ssa Betti. I risultati ottenuti e da lei tanto decantati, se fossero reali, rivoluzionerebbero infatti tutte le nostre conoscenze fisiche, chimiche e agronomiche. E, come si dice, “affermazioni straordinarie richiedono prove altrettanto straordinarie”. Ma, francamente, quelle presentate dalla professoressa non solo non appaiono straordinarie, ma appaiono piuttosto deboli. A cominciare dal fatto che non esiste traccia in letteratura di qualche altro ricercatore che abbia ottenuto gli stessi risultati. E una regola aurea della ricerca scientifica, come noto, è che prima di essere accettati, certi risultati sperimentali vengano riprodotti in modo indipendente da altri ricercatori.
Alla tecnica DEM applicata ai semi, la Prof.ssa Betti associa un test di controllo sul “vigore germinativo” degli stessi semi. E i risultati che lei sostiene di aver ottenuto confermano un maggiore vigore germinativo per i semi biodinamici e biologici rispetto a quelli convenzionali. Questo risultato appare quanto mai sorprendente. L’agricoltura è stata infatti per millenni forzatamente biologica e per millenni l’umanità ha sofferto la fame a causa delle scarse rese ottenute. Solamente l’uso di varietà vegetali moderne e l’uso di tecniche di coltivazione razionali hanno consentito di aumentare le rese per ettaro, sfamando buona parte della popolazione mondiale (nel frattempo aumentata sensibilmente di numero).
In conclusione, i lavori della Prof.ssa Betti appaiono quanto mai carenti dal punto di vista scientifico. Possono attrarre un certo tipo di pubblico (e di clienti) che danno retta a slogan emotivamente suadenti che invitato al ritorno alla natura e ai “bei tempi antichi”¹¹. Ma appaiono del tutto privi di qualsiasi credibilità scientifica.


Ringraziamento: L’autore desidera ringraziare il Dott. Sergio Salvi per l’utile scambio di idee e i preziosi suggerimenti.  

¹S. Fuso, “Cristallizzazione sensibile. Test diagnostico o clamorosa bufala?”, I tempi della terra n.4, pp. 49-51, dicembre 2019;  
²Il video della relazione è visibile a questo indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=gHIHQxqoWZQ. L’abstract dell’intervento è disponibile qui: http://www.convegnobiodinamica.it/wp-content/uploads/2016/02/Abstract-Lucietta-Betti.pdf;
³Si veda, ad esempio: M.O. Kokornaczyk, G. Dinelli, I. Marotti, S. Benedettelli, D. Nani, L. Betti, “Self-Organized Crystallization Patterns from Evaporating Droplets of Common Wheat Grain Leakages as a Potential Tool for Quality Analysis”, Scientific World Journal 11, 1712–1725, 2011;
http://www.convegnobiodinamica.it/wp-content/uploads/2016/02/Abstract-Lucietta-Betti.pdf;
http://www.convegnobiodinamica.it/wp-content/uploads/2016/02/Abstract-Lucietta-Betti.pdf;
⁶M.O. Kokornaczyk, G. Dinelli, I. Marotti, S. Benedettelli, D. Nani, L. Betti, “Self-Organized Crystallization Patterns from Evaporating Droplets of Common Wheat Grain Leakages as a Potential Tool for Quality Analysis”, Scientific World Journal 11, 1712-1725, 2011 (traduzione dell’autore); 

https://www.youtube.com/watch?v=gHIHQxqoWZQ;
⁸La succussione è l’operazione di agitazione meccanica cui sono sottoposti i preparati omeopatici, secondo la dottrina di Samuel Hahnemann (1755-1843), suo ideatore;
⁹L. Betti, G. Trebbi, M.O. Kokornaczyk, D. Nani, M. Peruzzi, G. Dinelli, P. Bellavite, M. Brizzi, “Number of succussion strokes affects effectiveness of ultra-high-diluted arsenic on in vitro wheat germination and polycrystalline structures obtained by droplet evaporation method”, Homeopathy 106 (1),47-54, 2017; 

¹ºL. Lahnstein, M. Binder, A. Thurneysen, M. Frei-Erb, L. Betti, M. Peruzzi, P. Heusser, S. Baumgartner, “Isopathic treatment effects of Arsenicum album 45x on wheat seedling growth--further reproduction trials”, Homeopathy 98 (4),198-207, 2009;
¹¹Si veda: S. Fuso, Naturale=buono?, Carocci, Roma 2016.


 


SILVANO FUSO
Dottore di ricerca in scienze chimiche, è docente di chimica e si occupa di didattica e divulgazione. Collabora con diverse riviste e siti Internet e ha pubblicato numerosi saggi, tra cui: Naturale = buono? (2016), Energie misteriose (2016), Le ragioni della scienza (2017), Strafalcioni da Nobel (2018), L’alfabeto della materia (2019). È socio effettivo del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, della Società Chimica Italiana e di SETA (Scienze e Tecnologie per l’Agricoltura). È inoltre membro del Comitato di Redazione della rivista CnS - La chimica nella scuola e del Consiglio Scientifico del Festival della Scienza di Genova. Il 27 gennaio 2013 è stato intitolato a suo nome l’asteroide 2006 TF7, in orbita tra Marte e Giove.


2 commenti:

  1. Io sono stato in mezzo alle sementi tutta la mia vita e il tasso di germinabilità, che è diverso dal tasso di emergenza dal terreno, dipende dalle condizioni di raccolta del seme, dalla genetica, dal condizionamento prima del confezionamento e dalla protezione contro i parassiti. Un esempio negli anni 1950 in bietola da zucchero il seme era plurigerme e per sperare di avere una piantina che andava a raccolto se ne sotterravano almeno 5 o 6 dei glomeruli plurigermi (semina a postarella), cioè ammesso che ogni glomerulo desse tre germi si poteva contare da 15 a 20 germi generanti potenzialmente circa 20 piantine capaci di produrre una radice di bietola. Il seme era di ottima qualità se si ottenevano da 6 a 10 germogli, ossia una emergenza dal terreno che andava da meno del 30% al 50%. La cosa non preoccupava perchè poi si doveva diradare la postarella e lasciare una sola piantina. Con la monogermizzazione del seme di bietola (glomerulo con un solo seme) appunto per eliminare il faticosissimo diradamento manuale sostanzialmente si seminò sempre nella stessa maniera cioè si "seminò in posto". Ossia un seme doveva dare una singola piantina che produceva una radice e quindi l'emergenza dal terreno doveva essere almeno dell'80/90%. Ebbene quando si usavano obtorto-collo i metodi biologici di produzione dei semi (anni 50/60) avevamo solo il 30-50% di emergenza dal terreno, mentre oggi con i metodi non biologici, ma ben più scientifici si raggiungono germinabilità di laboratorio del 97-98% e emergenze in campo dell'80-90%. Quindi questa ineffabile Betti (gli nego il titolo accademico perchè la pseudoscienza e relativi fautori dovrebbero essere cacciati dall'università) prima di studiare le sementi sarebbe meglio che le conoscesse.

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  2. Non riesco a comprendere come si possa correr dietro a millantatori di tutti i generi che vengono spacciati per scienziati e,ancor di più,a scienziati che vogliono propinarci teorie che di scientifico nulla hanno per correre dietro a metodologie che hanno come unico obiettivo gli interessi di alcune lobby.Siamo bombardati da pubblicità ingannevoli che hanno come premessa il BIO,dinamico o meno che sia e esteso anche a prodotti meccanici che nulla hanno a che vedere con alimentazioneo la salute. Veramente disgustoso e vomitevole per chi abbia un minimo di cervello,non solo per ricercatori addetti ai lavori, Squallido che supposti ricercatori si prestino a simili scempiaggini finanziati da chi è certo di ottenere supporti cosiddetti scientifici a scopo di marketing.

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