mercoledì 4 agosto 2021

IL RISO, COLTURA PIONIERA DELLA RIVOLUZIONE VERDE IN ITALIA


di GABRIELE COLA, LUIGI MARIANI e ALDO FERRERO,  2021


" Prima della Rivoluzione Verde..."


Riassunto: La rivista scientifica Agronomy Journal ha pubblicato di recente un articolo a firma di Aldo Ferrero, Gabriele Cola e Luigi Mariani in cui si analizzano le rese dal 1870 (anno della presa di Porta Pia) al 2018 per riso, mais e frumento in Italia, confrontandole con quelle di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. I risultati ottenuti consentono di effettuare delle interessanti considerazioni sui rapporti fra agricoltura e sviluppo scientifico nel nostro paese, mettendo in luce il fondamentale ruolo dei distretti specializzati nella diffusione dell’innovazione tecnologica su base scientifica. Questa analisi rappresenta peraltro il coronamento di una indagine i cui primi risultati furono pubblicati sulla rivista “I Tempi della Terra” (Mariani, 2020).

Abstract: Agronomy Journal issued recently a scientific paper of Aldo Ferrero, Gabriele Cola and Luigi Mariani which analyzes the yields of rice, corn and wheat in Italy from 1870 to 2018, comparing them with those of the United States, France and Great Britain. The results give some interesting evaluations on the relationship between agriculture and scientific development in our country, highlighting the fundamental role of specialized districts in the dissemination of technological innovation on a scientific basis. This analysis is final result of a survey whose first results were published in "I Tempi della Terra" (Mariani, 2020).

Introduzione

Sul piano agronomico, uno dei tratti più peculiari del XX secolo è costituito dal sostanziale incremento delle rese delle grandi colture, che ha supportato il quadruplicamento della popolazione mondiale in 100 anni, portando la sicurezza alimentare a livelli mai visti in passato: la percentuale della popolazione mondiale al di sotto della soglia di sicurezza alimentare è infatti scesa dal 50% del 1945 al 10% odierno.

Gli incrementi di resa unitaria (tonnellate per ettaro) hanno interessato decine di specie vegetali coltivate, erbacee e arboree e hanno principalmente riguardato quattro grandi colture, da cui dipende oggi il 65% del fabbisogno mondiale di calorie e cioè il frumento, il riso, il mais e la soia.


Il primato del riso


In chiave storica è interessante chiedersi quale di queste colture abbia fatto aperto la strada al fenomeno del forte incremento delle rese che nella seconda metà del XX secolo sarà indicato come rivoluzione verde. In Italia, a precorrere i tempi, è stato senza alcun dubbio il riso, come emerge da una ricerca pubblicata da Gabriele Cola, Aldo Ferrero e Luigi Mariani sull'Agronomy journal, rivista della Società scientifica statunitense di agronomia (American Society of Agronomy - ASA). In tale ricerca dal titolo “The evolution of cereal yields in Italy over the last 150 years: The peculiar case of rice” si analizzano gli incrementi delle rese ettariali di frumento, mais e riso dal 1870 (anno della breccia di Porta Pia) a oggi, sviluppando anche interessanti comparazioni con quanto avvenuto sia negli Stati Uniti d’America (per frumento, mais e riso) sia in Francia e Gran Bretagna (per frumento).

Come evidenziato in questo lavoro, le rese del riso hanno fatto registrare nel nostro paese incrementi significativi a partire dal lontano 1895, precedendo di circa mezzo secolo il mais e il frumento, colture le quali hanno manifestato incrementi analoghi solo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale (si veda in proposito il diagramma allegato).



La figura presenta i livelli delle produzioni italiane annuali (punti) per le colture di riso, mais e frumento nel periodo 1870-2018. Le linee di interpolazione mettono chiaramente in luce che, nel caso del riso, l’avvio della fase più significativa degli incrementi produttivi precede di circa mezzo secolo quella del mais e del frumento, con un raddoppio delle produzioni in poco più di un ventennio, già a partire dalla fine del 1800. Le principali ragioni di tale successo produttivo nel riso sono soprattutto da attribuire alla particolare attenzione già a quel tempo dedicata alle innovazioni relative alle tecniche colturali (trapianto, gestione dell'acqua e delle malerbe) e alla genetica, attraverso la messa a punto e diffusione di varietà sempre più produttive.  




Il ruolo dello sviluppo scientifico e tecnologico

Le ragioni di tale precoce fenomeno sono da ricercarsi nella fiducia che i risicoltori ebbero nell’innovazione tecnologica su base scientifica, ai tempi promossa anche attraverso una serie di convegni internazionali sul riso tenutisi nei primi anni del XX secolo a Novara e Pavia. L’innovazione si concentrò in particolare sulle tecniche colturali (trapianto, gestione delle acque e delle infestanti, concimazioni) e sulla genetica (dalle cinque varietà che risultavano coltivate nel 1872 - Ostiglia, Bertone, Novara, Francone e Giapponese – si passa alle 44 razze/varietà segnalate dal Gobbetti nel 1905, fra cui il Chinese Originario, il cui nome includeva, quasi certamente, più varietà, caratterizzate da buona resistenza al brusone ed elevata produttività). La rapida diffusione di queste innovazione fu senza dubbio favorita dal fatto che il riso era coltivato in pochi distretti specializzati del Nord Italia (in primis Lomellina, Novarese e Vercellese), in cui i risicoltori agivano a stretto contatto gli uni con gli altri e con il resto della filiera. Ciò si tradusse in un successo produttivo impensabile per colture, a quel tempo, molto più sparse sul territorio, quali il mais e il frumento. A tal proposito è interessante segnalare l’articolo sul Corriere della Sera di Luigi Einaudi (1910), in cui il grande economista1 evidenziava la necessità di restringere l’aerale colturale del frumento alle zone maggiormente vocate per incrementare le rese unitarie ad ettaro, allora particolarmente scarse. Proprio l'opposto di quanto fece, poi, il regime fascista che, con la battaglia del grano, puntò ad aumentare la produzione nazionale complessiva mediante la coltivazione in aerali non vocati di collina e montagna, penalizzando le rese unitarie e vanificando, in larga misura, l’originalissimo lavoro di miglioramento genetico attuato dal genetista Nazzareno Strampelli, creatore delle varietà di frumento a taglia bassa.

Un precursore dell’incremento delle rese nella coltura del riso, con un approccio fondato sula scienza, fu senza dubbio Camillo Benso conte di Cavour che, sensibile alle esperienze innovative attuate in vari paesi europei (Francia, Svizzera, Germania, Inghilterra e Scozia), si impegnò nello sviluppo dell’innovazione varietale (con l’introduzione delle varietà Ostiglia, Nostrale, Resca nera, Bertone, Americano.. ) e delle tecniche colturali (con l’impiego dei concimi di sintesi, del drenaggio tubolare, ecc.), come dimostrato con grande dettaglio dal carteggio con il socio agronomo Giacinto Corio, tenuto durante il periodo compreso fra 1846 e 1856, allorché dirigeva le aziende di famiglia di Leri, Montarucco e Torrone site nei pressi di Trino Vercellese. Tali aziende, ad orientamento cerealicolo-zootecnico, presentavano una superficie superiore ai 400 ettari ed erano condotte a risaia avvicendata con mais, frumento e prato mente il bestiame era in prevalenza di razza bruno-alpina, a quei tempi la più produttiva in latte.

Quali insegnamenti si possono trarre da questo passato

Sul piano tecnico le prospettive per il futuro della nostra risicoltura resteranno positive se si manterrà immutata l’attenzione allo sviluppo della ricerca scientifica e al trasferimento dei suoi risultati a livello pratico applicativo. In tal senso ad esempio i risi ibridi e i risi geneticamente modificati prodotti con tecnologia CRISPR costituiscono interessanti opportunità.

A tale riguardo è essenziale per il riso tenere in considerazione la lezione negativa che ci viene dal mais, coltura che la diminuita sensibilità verso l’innovazione (particolarmente nefasta fu la decisione, tutta politica, di non consentire in Europa neppure la ricerca sui mais OGM) ha condannato ad una stagnazione delle rese del cereale, che persiste ormai dalla fine degli anni ’90, determinando un dimezzamento delle superfici coltivate nel nostro paese e un conseguente aumento delle importazioni di prodotto, in larga misura OGM.

L’augurio è che, nel settore risicolo, non si ripeta lo stesso errore strategico fatto per il mais, che ci porterebbe a cedere quote di mercato sempre più ampie ai nostri competitor stranieri.

1 Einaudi, L. (1910). L’Italia coltivava troppo grano? Una rivelazione della nuova statistica agraria, Corriere della sera, 23 luglio 1910. http://www.luigieinaudi.it/doc/litalia-coltivava-troppo-grano-una-rivelazione-della-nuova-statistica-agraria/?id=876


BIBLIOGRAFIA

Mariani L., 2020. Le specie agrarie pioniere della rivoluzione verde in Italia, I tempi della terra, n.5 , marzo 2020, 21-34.



Gabriele Cola
Agronomo libero professionista. Consulente specializzato nello sviluppo e nell'applicazione di strumenti modellistici di supporto alle decisioni in agricoltura. Svolge attività di consulenza presso enti pubblici e privati nell'ambito dell'innovazione tecnologica in agricoltura e dell'applicazione degli strumenti di modellistica agraria e agrometeorologica alla gestione delle colture arboree e erbacee.

Luigi Mariani
Agronomo libero professionista con lunga esperienza nella modellazione matematica dell’agroecosistema. Direttore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura e vicepresidente della Società Agraria di Lombardia, attualmente insegna Agronomia all’Università degli studi di Brescia e Storia dell’Agricoltura all’Università degli Studi di Milano, dopo essere stato a lungo docente di Agrometeorologia. Per nove anni presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia, dal 2010 al 2018 è stato membro del RA VI – Task Team Agrometeorology della World Meteorological Organization. Membro ordinario dell’Accademia della vite e del vino e membro corrispondente dell’Accademia dei Georgofili, ha al proprio attivo oltre 400 pubblicazioni scientifiche e divulgative, di cui 86 su riviste peer review con un h index di 16.

Aldo Ferrero
E' docente presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari“UNITO”, Corso di Laurea in Scienze e tecnologie agrarie.

Nessun commento:

Posta un commento

Printfriendly